Nuovo assetto societario, strumenti contrattuali per incentivare la successione nel contratto
Fra gli strumenti contrattuali che possono garantire al vecchio contraente di essere ancora scelto dopo il nuovo assetto societario vi è la promessa del fatto del terzo. Altro rimedio di natura contrattuale è quello di concludere un patto di prelazione a favore del contraente- fornitore della società
A seguito di operazioni societarie (quali fusioni, trasformazioni, scissioni e acquisizioni societarie) si pone il problema della "ultrattività" dei rapporti contrattuali poiché in questi casi non si verifica, ipso iure, alcun effetto successorio automatico in favore del contraente (operatore economico) già titolare di un rapporto contrattuale con la società dante causa di quella succeduta, per effetto di un' operazioni societaria.
In vista di una modifica societaria quali sono gli strumenti giuridici per mezzo dei quali il terzo contraente può assicurarsi la possibilità di ottenere la "rinnovazione" dello stesso rapporto contrattuale stipulato con la precedente società?
La regola della cessione "ex lege" dei contratti di azienda di cui all'art. 2558 c.c., vige, salvo patto contrario, purché questi ineriscano all'esercizio dell'azienda e non siano ancora esauriti.
Per i contratti aventi ad oggetto prestazioni già concluse o esaurite è escluso che si verifichi un effetto successorio automatico.
La "regula iuris" di cui all'art. 2258 c.c. , concernente il trasferimento al cessionario dell'azienda di tutti i rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive, non aventi carattere personale, trova applicazione non soltanto ai contratti d'azienda, ma anche ai cosiddetti "contratti d'impresa", a quelli, cioè, aventi ad oggetto beni aziendali non appartenenti all'imprenditore, ma stipulati per l'esercizio dell'impresa, come i quali i contratti che regolano i rapporti con i fornitori.
Dall'esame della disciplina però si ricava l'assenza di automatismi nella successione (rectius rinnovo automatico) nei rapporti contrattuali dopo la loro naturale conclusione ciò appare logico sol che si consideri che nel nostro sistema giuridico vige il principio di relatività per cui, salve eccezioni, il contratto produce effetti solo fra le parti. (artt.1321 e 1372 c.c.)
Fra gli strumenti contrattuali che possono garantire al vecchio contraente di essere ancora scelto dopo il nuovo assetto societario vi è la promessa del fatto del terzo.
Con la promessa del fatto del terzo di cui all'articolo 1381 c.c., il promittente assume una prima obbligazione di facere, consistente nell'adoperarsi affinché' il terzo tenga il comportamento promesso, onde soddisfare l'interesse del promissario, ed una seconda obbligazione di dare, cioè di corrispondere l'indennizzo nel caso in cui, nonostante si sia adoperato, il terzo si rifiuti di impegnarsi.
Qualora l'obbligazione di facere non venga adempiuta e l'inesecuzione sia imputabile al promittente, ovvero venga eseguita in violazione dei doveri di correttezza e buona fede, il promissario avrà a disposizione gli ordinari rimedi contro l'inadempimento, quali la risoluzione del contratto, l'eccezione di inadempimento, l'azione di adempimento e, qualora sussista il nesso di causalità tra inadempimento ed evento dannoso, il risarcimento del danno; qualora, invece, il promittente abbia adempiuto a tale obbligazione di facere e, ciononostante, il promissario non ottenga il risultato sperato a causa del rifiuto del terzo, diverrà attuale l'altra obbligazione di dare, in virtu' della quale il promittente sarà tenuto a corrispondere l'indennizzo. ( Cass. n. 24853/2014 ).
Si tratta di un istituto che ha natura contrattuale e può essere stipulato a titolo gratuito ovvero a titolo oneroso, in questo caso il corrispettivo si identifica nella sopportazione del rischio connesso alla mancata realizzazione dell'interesse primario relativo all'obbligazione del terzo.
La promessa può essere contenuta in una clausola che si inserisce in un contratto a prestazioni corrispettive: la promessa del fatto del terzo genera un'obbligazione autonoma avente ad oggetto una prestazione di garanzia, il contenuto dell'obbligazione del promittente consiste nell'assunzione del rischio dell'esecuzione di ciò che è stato promesso, il tutto fin dal momento della conclusione del contratto indipendentemente dal verificarsi dell'evento temuto (rifiuto del terzo) dunque il promittente sarà tenuto al pagamento dell'indennità non in quanto inadempiente per il rifiuto del terzo ma in quanto ha garantito il comportamento del terzo.
La promessa dell'obbligazione o del fatto del terzo, contemplata dall'art. 1381 cod. civ., è configurabile quando il terzo non sia già giuridicamente vincolato ad assumere l'obbligo od a tenere il comportamento oggetto della promessa.
Un caso pratico è stato esaminato dal tribunale Bologna Sezione 4 Civile Sentenza 9 marzo 2021 n. 541 e riguardava una società che aveva concesso una nuova licenza d'uso per lo sfruttamento del proprio marchio registrato non più all'originaria società bensì ad altra società -di cui peraltro era unica socia - affinché quest'ultima stipulasse, a sua volta, contratti di sub-licenza.
La nuova licenziante, conseguita la giuridica disponibilità del marchio aveva stipulato con la l'originaria società un contratto di sub-licenza, e non di licenza, in ogni caso, esso riproponeva una disciplina negoziale esattamente identica e sovrapponibile a quella che connotava il precedente accordo.
Il contratto di licenza inter partes, disponeva, che "in caso di mancato rinnovo del contratto di licenza, la licenziante si obbligasse a fare in modo che nell'accordo di licenza con la nuova licenziataria sia previsto l'obbligo di quest'ultima a corrispondere all'attuale licenziataria una somma pari al 40% nel caso in cui il mancato rinnovo sia dovuto alla volontà della licenziante e qualora il contratto di licenza di uso del marchio venga sottoscritto con la nuova licenziataria nei successivi 24 mesi" .
La clausola in commento secondo il Tribunale riproduceva sostanzialmente lo schema giuridico-normativo, ex art. 1381 c.c., della c.d. promessa del fatto del terzo.
La suddetta clausola era stata inserita in contratto precipuamente "a copertura degli investimenti effettuati da in fase di start-up" nell'ipotesi in cui la licenziante avesse inteso concedere ad altri lo sfruttamento del marchio entro due anni dalla fine del rapporto con l'originaria contraente.
Un altro rimedio di natura contrattuale è quello di concludere un patto di prelazione a favore del contraente- fornitore della società.
Uno strumento simile è previsto all'articolo 1566 del codice civile in tema di somministrazione secondo cui "il patto con cui l'avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto è valido purché la durata dell'obbligo non eccede il termine di 5 anni" , non si discute peraltro sulla generale ammissibilità del patto di prelazione in base al principio della libera determinazione del contenuto del contratto nei limiti consentiti dalla legge.
Il patto di prelazione è una figura contrattuale che ha per oggetto non l'obbligo di stipulare un determinato contratto ma l'obbligo di preferire un soggetto per la stipula di un contratto quindi una parte si vincola nei confronti dell'altra non a concludere un futuro contratto ma a preferirlo a parità di condizioni qualora decida di contrarre.
In caso di inadempimento il prelazionario avrà solo diritto al risarcimento del danno ma non avrà un diritto di riscatto nei confronti del terzo in applicazione del principio secondo il quale i contratti producono effetti solo tra le parti, tuttavia, egli può tutelarsi convenzionalmente con altre forme di garanzia, fra cui l'apposizione di una clausola penale a carico del promittente per il caso in cui non rispetti il patto di prelazione.
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*A cura dell'Avv. Giovanni Marra e Dott.ssa Michela Moretti