Civile

Nuovo processo tributario, più rigoroso l'assolvimento dell'onere probatorio a carico dell'A.F.

*ESTRATTO da "Nuovo processo tributario, le novità della riforma sull'articolazione della prova", Top 24 Diritto Dossier e monografie, 9 febbraio 2023 A cura del Prof. Avv. Giuseppe Durante, Docente a contratto in Diritto Tributario presso l'Università LUM Giuseppe Degennaro, Partner 24 ORE Avvocati

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di Giuseppe Durante*

Come già segnalato in premessa, una delle novità introdotte dalla riforma del processo tributario è quella che riguarda l'onere della prova cosiddetto "rafforzato" a carico dell'ufficio impositore in ordine alla configurabilità della violazione tributaria contestata dall'AdE con l'avviso di accertamento emesso e notificato a carico del contribuente.

La riforma del processo tributario operata con la Legge n. 130 del 2022 attraverso la previsione normativa di cui al comma 5 bis dell'art. 7 del D.lgs. n. 546/1992 ha sicuramente il merito di disciplinare espressamente e per la prima volta con una norma ad hoc l'onere della prova nel processo tributario, richiamando i criteri di valutazione che il collegio tributario adito deve porre alla base della propria decisione che sarà di conferma o annullamento dell'atto impugnato. Quanto alla prova per così dire procedimentale che legittima la pretesa impositiva dell'ufficio, tale regime era rappresentato dalle norme che a diverso titolo si occupano del controllo e dell'accertamento tributario, tra tutte quelle dettate dagli artt. 31 e ss. DPR n. 600/1973, dagli artt. 51 e ss. DPR n. 633/1972, nonché dalle altre disposizioni che si occupano dei cosiddetti metodi alternativi di accertamento dei redditi d'impresa e di lavoro autonomo.

Come già segnalato, il comma 5 bis inserito nell'art. 7 del D.lgs. n. 546/1992 (il comma 5-bis inserito nell'art. 7 del D.lgs. 546/1992 dall'art. 6, comma 1, L. 31 agosto 2022, n. 130 sancisce ora che «L'amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l'irrogazione delle sanzioni. Spetta comunque al contribuente fornire le ragioni della richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati») dispone che il giudice tributario fonda la sua decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio, annullando, pertanto, l'atto impugnato se gli elementi probatori offerti sub iudice dall'ufficio impositore risultano insufficienti o contraddittori o se risultano evidentemente labili e non convincenti per dimostrare in modo circostanziato e puntuale la fondatezza della pretesa impositiva richiamata nell'avviso di accertamento emesso e notificato.

L'utilizzo di termini quali "insufficienti", "contraddittori", "circostanziato", "puntuale" richiama per la prima volta nel processo tributario criteri di valutazione della prova di derivazione processuale-penalistica espressamente richiamati dall'art. 530, comma 2 c.p.p. nonché dall'art. 192 c.p.p. (per una migliore comprensione del richiamo normativo operato, si riporta il dettato normativo delle due disposizioni citate: «Il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l'imputato lo ha commesso, che il fatto costituisce reato o che il reato è stato commesso da persona imputabile» (art. 530, comma 2, c.p.p.); «Il giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati. L'esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti. Le dichiarazioni rese dal coimputato del medesimo reato o da persona imputata in un procedimento connesso a norma dell'articolo 12 sono valutate unitamente agli altri elementi di prova che ne confermano l'attendibilità. La disposizione del comma 3 si applica anche alle dichiarazioni rese da persona imputata di un reato collegato a quello per cui si procede, nel caso previsto dall'articolo 371 comma 2 lettera b)» (art. 192 c.p.c.) la cui osservanza ha il fine di rendere più rigoroso l'assolvimento dell'onere della prova a carico dell'A.F.

Ne deriva che, non solo il legislatore della riforma con una norma ad hoc ha posto a carico dell'ufficio impositore l'onere di provare i "fatti costitutivi" che hanno legittimato la pretesa impositiva che ha portato l'ufficio alla emissione dell'avviso di accertamento, ma subordina l'espletamento della prova stessa sub judice alla configurabilità di una serie di criteri di valutazione da i quali il giudice tributario non può prescindere in quella che sarà la decisione finale circa l'accoglimento o mento del ricorso introduttivo.

In particolare, richiamando il tenore testuale del comma 5 bis dell'art. 7 del D.lgs. n. 546/1992 le statuizioni sulla regola di giudizio dell'onere della prova sono richiamate nel primo e nel terzo periodo del ridetto comma nel quale è espressamente disposto che spetta all'A.F. provare in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato; spetta, altresì, al contribuente fornire le ragioni che legittimano la richiesta di rimborso, quando non sia conseguente al pagamento di somme oggetto di accertamenti impugnati.

Del resto, la valenza della prova nel procedimento di accertamento è sicuramente rafforzata dai principi costituzionali riconducibili all'art. 53, comma 1 Cost. (principi di capacità contributiva: al citato art. 53 Cost. trovasi sancito che «Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è informato a criteri di progressività».) nonché da quello dell'imparzialità amministrativa ex art. 97 Cost.). ... CONTINUA SU TOP24 DIRITTO


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