Ok della Cgue sulla non ricorribilità in Cassazione delle decisioni del Consiglio di Stato contrarie al diritto Ue
Il giudice amministrativo di appello non può però dichiarare irricevibile un ricorso qualificato su violazioni del Trattato
Il diritto dell'Unione europea non osta a che la Corte di legittimità, quale la Cassazione, non possa annullare una sentenza amministrativa di secondo grado pronunciata in violazione dell'ordinamento comunitario. Però la non ricorribilità delle decisioni del giudice amministrativo di secondo grado, quale il Consiglio di Stato è controbilanciata dal riconoscimento del diritto al risarcimento per il contrasto con le norme Ue.
La Corte di giustizia dell'Unione europea - con la sentenza sulla causa C-497/20 - ha ritenuto che non vi sia contrasto tra i principi dell'ordinamento sovranazionale e la mancata previsione nazionale di un ricorso contro le decisioni del massimo organo della giustizia amministrativa, davanti all'organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro. Di fatto l'impossibilità di domandare la cassazione di una sentenza amministrativa pronunciata in violazione delle regole Ue. La questione passa il vaglio della Cgue in quanto la suddetta circostanza non impedisce la possibilità, per i soggetti lesi da una siffatta violazione, di chiedere il risarcimento da parte dello Stato membro interessato.
La vicenda italiana
La vicenda riguarda precipuamente le decisioni del nostro Consiglio di Stato e la questione è stata sottoposta alla Cgue con rinvio pregiudiziale dalla Corte di cassazione, che era stata investita dal ricorso contro una statuizione di irricevibilità del Consiglio di Stato delle lamentele mosse dal soggetto escluso da una procedura di gara che intendeva impugnare. Secondo la Cgue se è legittimo che l'organo supremo giurisdizionale di legittimità non possa annullare la sentenza amministrativa contraria al diritto Ue ritiene, invece, illegittima la decisione di irricevibilità del massimo consesso amministrativo se il ricorrente pone all'attenzione un contrasto "qualificato" tra norme interne e diritto unionale.
In effetti il Consiglio di Stato nella causa a quo aveva definito irricevibile l'appello, contro la decisione del Tar che negava irregolarità della gara, in quanto l'offerente escluso non avrebbe avuto legittimazione attiva all'azione. Invece, secondo la direttiva in materia di appalti tale legittimazione viene meno solo a fronte di un definitivo giudizio non più impugnabile che ne confermi l'esclusione. Cioè solo a conclusione di un giudizio effettivo. Proprio per tele motivo la Cassazione ha rinviato alla Cgue la questione ritenendo che l'irricevibilità pronunciata da Palazzo spada contrastasse col diritto ad avere un giudizio effettivo e facendo rilevare che la Cassazione stessa - in base al diritto costituzionale italiano - fosse tenuta a dichiarare irricevibile il ricorso dinanzi a se stessa in quanto in materia amministrativa essa può giudicare solo questioni di giurisdizione e non di legittimità delle sentenze amministrative di secondo grado.
Principio dell'autonomia procedurale
La Cgue afferma che, tenuto conto del principio dell'autonomia procedurale spetta all'ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire le modalità processuali dei rimedi giurisdizionali per assicurare ai singoli - nei settori disciplinati dal diritto dell'Unione - il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva, ai sensi dell'articolo 19 Trattato Ue.
Principi di effettività ed equivalenza
Tuttavia, occorre garantire che tali modalità non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell'Unione (principio di effettività). Per quanto riguarda il principio di equivalenza la sentenza afferma che esso è rispettato in Italia, in quanto la limitata competenza della Cassazione a trattare ricorsi contro le decisioni del Consiglio di Stato vale sia quando si tratti di violazioni del diritto interno che di quello Ue.
La Cgue - in ordine al principio di effettività - precisa, infine, che il diritto comunitario non prevede un obbligo per gli Stati membri di istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già stabiliti dall'ordinamento interno sempre che, non risulti di fatto inesistente un rimedio giurisdizionale, capace di garantire il rispetto dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell'Unione europea.
Secondo la Cgue, quindi, il Consiglio di Stato ha violato tale principio, in quanto sia nel momento in cui l'offerente escluso ha proposto il suo ricorso dinanzi al giudice di primo grado, sia nel momento in cui quest'ultimo ha statuito, la decisione della commissione di gara di escludere tale offerente dalla procedura non era ancora stata ritenuta legittima da detto giudice o da qualsiasi altro organo di ricorso indipendente. Di fatto privando il ricorrente di un rimedio effettivo contro la decisione di esclusione ritenuta in contrasto con le norme della direttiva comunitaria sulla materia degli appalti.