Opposizione allo stato passivo, nessuna conseguenza se non c'è deposito della copia della decisione del giudice delegato
Lo precisa la Cassazione con la sentenza 29 luglio 2021 n. 218126
In materia fallimentare, l'opposizione al decreto che rende esecutivo lo stato passivo di fallimento ha natura di impugnazione della decisione del giudice delegato alla procedura, di segno negativo rispetto alla domanda di ammissione al passivo. Il relativo procedimento trova la sua disciplina nell'articolo 99 della Legge fallimentare, che non contempla l'applicazione delle norme dettate in tema di appello secondo il rito ordinario di cognizione e, tra queste, anche quella di cui all'articolo 347 cod. proc. civ., che prevede l'obbligo per l'appellante di depositare copia autentica della sentenza appellata. Pertanto, in caso di mancato deposito della copia della decisione del giudice delegato - che non rientra tra i documenti da depositare a pena di decadenza ex articolo 99 comma 2 n. 4 della Legge fallimentare – il Tribunale, se lo ritiene indispensabile ai fini della decisione, dovrà «sollecitare officiosamente la cooperazione delle parti costituite nell'acquisizione di tale atto ovvero, in alternativa, accedere direttamente al fascicolo d'ufficio della procedura per riscontrarne il contenuto».
Ad affermarlo è la Cassazione nella sentenza n. 21826/2021 accogliendo il ricorso presentato da una società che si era vista rigettare dal Tribunale l'opposizione allo stato passivo del fallimento di una società sua debitrice in quanto, pur avendo prodotto il provvedimento di accoglimento, non aveva depositato il progetto di stato passivo, al cui contenuto il medesimo provvedimento aveva rinviato, rendendo così impossibile la verifica del contenuto.
Ricorrendo ai giudici di legittimità, la società sottolineava come l'atto da produrre nel giudizio di opposizione sia solo il decreto di esecutività dello stato passivo e non anche il progetto di stato passivo che, eventualmente, deve essere esaminato d'ufficio dal giudice.
La Suprema corte ritiene fondata la censura, criticando quell'orientamento di legittimità che ha ritenuto applicale l'articolo 347 cod. proc. civ. a tutti i procedimenti di carattere impugnatorio e riallacciandosi ad altro, più recente e "razionale", orientamento, che ritiene invece inapplicabile allo speciale procedimento camerale la disciplina dettata per l'appello nel giudizio ordinario di cognizione. In particolare, per i giudici di legittimità la conoscenza del contenuto del decreto giudiziale impugnato in tale procedimento deve essere officiosamente acquisita dal giudice mediante consultazione del fascicolo della procedura medesima, ovvero «ben può avvenire ad opera di parte a ciò officiosamente sollecitata dal giudice dell'opposizione».