Penale

Pene pecuniarie, riscosso solo il 2%: delega ampia per renderle effettive

Procedimento esecutivo da razionalizzare. «Sconto» al rito alternativo

di Fabio Fiorentin

La delega penale (legge 134/2021) porta un intervento di ampio respiro sulla pena pecuniaria: una riforma nei termini che già la Corte costituzionale auspicava per «restituire effettività alla pena pecuniaria, anche attraverso una revisione degli attuali, farraginosi meccanismi di esecuzione» (sentenza 15/2020). Il problema dell’ineffettività della pena pecuniaria è, in effetti, allarmante: la quota delle pene pecuniarie effettivamente riscosse si attesta, infatti, tra l’1% e il 2%, con una perdita annuale per le casse statali di oltre un miliardo di euro.

A fronte di questa situazione, il Parlamento ha conferito al Governo una delega particolarmente ampia: una sorta di “carta bianca” (ai limiti della genericità) per «razionalizzare e semplificare il procedimento esecutivo delle pene pecuniarie», sia sul versante giudiziario che su quello amministrativo.

Alcune modifiche riguarderanno sia la pena pecuniaria quale sanzione principale, sia l’omonima tipologia di sanzione sostitutiva; altre la sola pena pecuniaria sostitutiva. Dal punto di vista generale, si vuole assicurare l’effettiva riscossione delle pene pecuniarie e la loro conversione in caso di mancato pagamento.

Parimenti da rivedere, «secondo criteri di equità, efficienza ed effettività», saranno i meccanismi e la procedura di conversione della pena pecuniaria in caso di mancato pagamento. Da questo punto di vista, l’efficienza del sistema potrebbe essere migliorata eliminando il coinvolgimento del pubblico ministero nella procedura di conversione, riservando la competenza in capo al giudice dell’esecuzione, evitando il passaggio dal magistrato di sorveglianza, alla radice di ritardi e inutili appesantimenti della procedura.

Inoltre, la delega prevede di estendere l’area di applicabilità della pena pecuniaria quale sanzione sostitutiva: potrà essere applicata in sostituzione della pena detentiva fino a un anno, rispetto agli attuali sei mesi. La sostituzione avverrà secondo il modello della quota giornaliera che non prevede più un valore minimo ma solo un massimo «non eccedente 2.500 euro». Se la sostituzione avviene con decreto penale di condanna, il valore della quota non potrà eccedere 250 euro, così da incentivare il ricorso a questo rito alternativo. In un’ottica di effettività, per la pena pecuniaria sostitutiva la delega prevede l’esclusione della sospensione condizionale.

La delega si discosta dalle proposte della commissione Lattanzi su alcuni rilevanti profili. Anzitutto, non recepisce l’idea di generalizzare il sistema delle quote giornaliere (sul modello tedesco), estendendolo anche alle pene pecuniarie principali (multa e ammenda), che restano dunque strutturate sull’irrogazione di una somma complessiva determinata alla luce dei criteri dell’articolo 133-bis del Codice penale, forse anche per il timore che il modello dei tassi giornalieri - fondato prevalentemente sulle condizioni economiche del reo piuttosto che sulla gravità del reato - avrebbe potuto generare una difformità eccessiva della sanzione applicata per reati di pari gravità, ingenerando una percezione di ingiustizia nociva per la credibilità del sistema. Né la delega ha accolto la proposta della commissione di determinare il valore giornaliero da versare tra 1 e 1.000 euro, nel caso in cui la pena pecuniaria sostituisse quella detentiva in sede di patteggiamento, per “spingere” ulteriormente verso il rito speciale, a fini deflattivi.

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