Società

Polizze vita per il T.f.m.. sì alla deducibilità, non sono fringe benefit

La Corte di giustizia tributaria di II grado del Piemonte ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate

di Francesco Machina Grifeo

L’amministrazione finanziaria non ha il potere di valutare la congruità dei compensi corrisposti come trattamento di fine mandato (Tfm) agli amministratori di società, e queste somme sono deducibili come costi. Lo ha stabilito la Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Piemonte, con due sentenze depositate il 30 gennaio 2024, con cui ha respinto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e accolto l’appello incidentale del contribuente (assistito dalll’avv. Terranova, partner Studio Legale Martinez&Novebaci). L’utilizzo delle polizze vita per accantonare il TFM dell’amministratore, chiarisce il Collegio, non costituisce un fringe benefit ed è completamente deducibile.

Il giudizio riguardava, da un lato, la deducibilità delle quote accantonate come TFM dell’amministratore oltre i limiti previsti per il TFR (Trattamento di Fine Rapporto), dall’altro, invece, il trattamento fiscale delle polizze vita, nel caso specifico polizze Unipol Sai, accese dalla società con beneficiario l’amministratore, che l’Agenzia considerava fringe benefit.

Secondo l’Ufficio, le somme accantonate in una polizza vita, con la società come contraente e gli eredi dell’amministratore come beneficiari in caso di morte, sarebbero da considerarsi fringe benefit, valutazione dovuta alla mancanza di un vincolo giuridico che colleghi i premi versati alla destinazione finale del TFM per l’amministratore.

Nel corso del giudizio è però emerso che queste polizze sarebbero invece uno strumento per erogare le somme accantonate come TFM all’amministratore al termine del suo mandato, previa ritenuta d’acconto, al fine di tutelare ulteriormente tali somme da eventuali avvenimenti societari.

Si distinguono infatti dalle polizze vita cosiddette Key man perché l’assicurato non è la società, nel caso in cui perda il suo uomo chiave, ma è l’amministratore stesso e i suoi eredi, sebbene nel caso vita sarà la società come contraente ad occuparsi del riscatto della polizza e del versamento come TFM. Considerare queste polizze come fringe benefit comporterebbe pertanto una duplice imposizione al momento della cessazione del mandato dell’amministratore, in quanto verrebbero nuovamente assoggettate ad imposizione come TFM. “Nel caso qui trattato - si legge nella sentenza - la polizza stipulata dalla società non è da considerarsi polizza cosiddetta “key man” perché è volta a tutelare la società in caso di cessazione dell’incarico di amministratore del sig. ... solamente per le eventuale esigenza di liquidità al momento della corresponsione del TFM. Diversamente, in caso di morte, i beneficiari previsti sono gli eredi dell’amministratore”.

Sull’altro fronte, i giudici hanno seguito gli ultimi approdi della giurisprudenza di legittimità sulla possibilità di dedurre le quote di TFM, purché sia stato previsto con delibera assembleare prima dell’inizio del rapporto. La Suprema corte ha infatti statuito: “In tema di redditi di impresa […] possono essere dedotte in ciascun esercizio, secondo il principio di competenza, le quote accantonate per il trattamento di fine mandato, previsto in favore degli amministratori delle società, purché la previsione di detto trattamento risulti da un atto scritto avente data certa anteriore all’inizio del rapporto, che ne specifichi anche l’importo: in mancanza di tali presupposti trova applicazione il principio di cassa […], che stabilisce la deducibilità dei compensi spettanti agli amministratori delle società nell’esercizio nel quale sono corrisposti” (Cass. sez. V, n. 26431/2018). Dunque, prosegue la Cgt, le condizioni sono due: “nel nostro caso è presente sia l’atto scritto di data anteriore all’inizio del rapporto, costituito dal verbale dell’assemblea del del febbrraio 14, sia la specificazione degli importi sempre nel medesimo verbale. Il trattamento di fine mandato ha natura pattizia, non disciplinato da nessuna norma specifica e si differenzia da quello di fine rapporto”. “Il legislatore - aggiunge - non ha fissato un tetto massimo di deducibilità dell’accantonamento periodico al fondo TFM”.

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