Quando il contratto di avvalimento può essere annullato
Se sottoscritto in modo «astratto» e «indeterminato», quindi senza specificare mezzi e modi della fornitura prestata, il contratto di avvalimento va annullato poiché non garantisce alla stazione appaltante di verificare le qualità delle prestazioni offerte dall'impresa che ha partecipato alla gara servendosi dei requisiti di un'altra azienda. L'ha stabilito il Consiglio di Stato nella sentenza n. 864/2015, depositata il 23 febbraio scorso dalla Quinta sezione. I giudici hanno accolto il ricorso di una società attiva nel settore della manutenzione stradale che chiedeva di annullare l'appalto per la gestione e manutenzione delle infrastrutture locali assegnato da un Comune a un Raggruppamento temporaneo di imprese (Rti).
Come rilevava l'azienda ricorrente classificatasi seconda, il Raggruppamento che aveva vinto la gara - base d'asta di circa 8,5 milioni di euro per un servizio integrato quinquennale in modalità «global service» - aveva presentato un «generico» contratto di avvalimento siglato tra due sue imprese in relazione ad un requisito di natura tecnica richiesto dal bando - «fatturato specifico pregresso per rapporti analoghi» -, violando le norme del Codice degli appalti in tema di “requisiti di ordine generale” e “qualificazione per eseguire lavori pubblici” (rispettivamente art. 38 e 40, Dlgs n. 163/2006), e quelle in tema di “contratto di avvalimento in gara e qualificazione mediante avvalimento” fissate dal Regolamento di esecuzione dello stesso Codice (art. 88, Dpr n. 207/2010).
Secondo il collegio, tale contratto poiché non specifica in maniera effettiva il “prestito” del requisito dall'ausiliaria all'ausiliata è da considerarsi inefficace e dunque da annullare. Come accaduto nel caso di specie, «l'avvalimento di un tale requisito di natura tecnica non può essere generico (e cioè non si può limitare, come nella specie, ad un richiamo ‘meramente cartaceo o dichiarato' allo svolgimento da parte dell'ausiliaria di attività che evidenzino le sue precedenti esperienze), ma deve comportare il trasferimento, dall'ausiliario all'ausiliato, delle competenze tecniche acquisite con le precedenti esperienze (trasferimento che, per sua natura, implica l'esclusività di tale trasferimento, ovvero delle relative risorse, per tutto il periodo preso in considerazione dalla gara)».
Al contrario, è stato precisato, il contratto sarebbe «totalmente astratto» e «il contributo dell'ausiliario consisterebbe nella sola partecipazione (se del caso, sotto il profilo risarcitorio) alla garanzia per eventuali insufficienze delle prestazioni svolte, ma senza fornire alcun contributo oggettivo». L'avvalimento, si è sottolineato nella sentenza, «ha un significato solo se il relativo contratto prevede i modi – che possono essere diversi, a seconda delle circostanze, dall'affitto d'azienda alla messa a disposizione della dirigenza tecnica, ovvero alla predisposizione di un programma di formazione del personale o altro elemento comunque valutabile dalla stazione appaltante – perché l'esperienza dell'impresa ausiliaria si possa considerare effettivamente trasferita all'impresa ausiliata».
I giudici hanno ribadito che la stazione appaltante nell'«assicurarsi che l'impresa aggiudicataria dia un affidamento tecnico tale da evidenziare in modo obiettivo l'affidabilità dell'appaltatore» è chiamata a compiere «una scelta corrispondente a quella del ‘buon padre di famiglia', il quale restringe la scelta fra coloro di cui conosce precedenti esperienze positive, escludendo altri, spesso in grado di praticare un prezzo più basso, che non appaiono ugualmente affidabili».
Consiglio di Stato - Sentenza 23 febbraio 2015 - V sezione - n. 864/2015