Civile

Quelle gravi incertezze giuridiche che permangono sulla omogenitorialità

immagine non disponibile

di Giuseppe Buffone


Due storie, due pronunce, un dilemma: l'atto che certifichi un rapporto di genitorialità tra un genitore e un minore, formatosi all'estero, nell'ambito di un progetto di omogenitorialità, è trascrittibile in Italia?
In particolare:
1) può essere trascritto l'atto di nascita formatosi all'estero, dove risultino «due madri»?
2) può essere trascritta in Italia la sentenza straniera con cui si pronunci l'adozione di una minore da parte della compagna della madre?

La vicenda all'origine della prima pronuncia - Asia (cittadina italiana di sesso femminile) e Aria (cittadina spagnola di sesso femminile) - i nomi sono di fantasia - contraggono matrimonio in Spagna, a Barcellona, nel 2009.

R icorrendo alla fecondazione medicalmente assistita eterologa, le due donne hanno una bambina: Asia dona gli ovuli per il concepimento e Aria porta avanti la gravidanza e partorisce.

Una figlia matrimoniale e poi il divorzio - Secondo la legge spagnola, le due donne sono entrambe madri della minore (qualificata come «figlia matrimoniale» di entrambe le madri): è madre chi ha partorito ed è madre la donna coniugata con la gestante.

L'unione - pur allietata dalla nascita di una figlia - non ha gli esiti sperati e, sul finire del 2013, le due donne divorziano su domanda congiunta ottenendo dal tribunale spagnolo l'affidamento condiviso della minore.

La richiesta di trascrizione dell'atto di nascita in Italia - Il Consolato generale d'Italia di Barcellona trasmette al comune di Torino l'atto di nascita della figlia di Asia e Aria: l'ufficiale dello stato civile rifiuta la trascrizione nei suoi registri, ritenendo che esso sia contrario all'ordine pubblico.
Le due donne presentano reclamo contro la decisione dell'ufficiale ma il tribunale di Torino lo respinge.
In sede di gravame, la Corte d'appello ribalta la decisione e ordina la trascrizione dell'atto.
Il comune di Torino, ricevuta la decisione della Corte torinese, è titubante: procede ad approfondimenti normativi e consulta per le vie brevi il Dicastero.

La decisione positiva del comune di Torino - All'esito di tutte le verifiche, il comune di Torino trascrive l'atto di nascita: la bambina risulta figlia di «madre A» e figlia di «madre B». È il primo caso in Italia.

L'analisi dell'evoluzione della seconda storia - Ada (cittadina americana di sesso femminile) e Ava (cittadina italiana di sesso femminile) convivono e intrattengono una relazione affettiva - i nomi sono di fantasia.

Ada, nel 2003, ricorre alla inseminazione artificiale e nasce una bambina. Ava presenta domanda di adozione della minore: il tribunale dell'Oregon accoglie la domanda e pronuncia l'adozione della bambina da parte di Ava. La stessa Ava, nel 2004, ricorre all'inseminazione artificiale e nasce un bambino. Con la stessa procedura giurisdizionale, Ada lo adotta. Nel 2013, Ada e Ava contraggono matrimonio nello stato di Washington e, successivamente, si trasferiscono in Italia.

Richiesta di trascrizione e contrarietà all'ordine pubblico - Richiesto di trascrivere la sentenza di adozione pronunciata in favore di Ava, l'ufficiale dello stato civile del comune di Bologna, si rifiuta ritenendo che ostino ragioni di contrarietà all'ordine pubblico.

Il tribunale per i minorenni di Bologna, investito della questione, solleva questione di legittimità costituzionale.

L'analisi del fenomeno della omogenitorialità - L'interesse degli studiosi per il tema della omogenitorialità era già stato ravvivato, invero, prima di queste due pronunce, da una decisione del tribunale per i minorenni di Roma che, con sentenza del 30 giugno 2014, aveva pronunciato l'adozione di una bambina da parte della compagna di sua madre.

Nel caso romano, una coppia di due donne italiane si era recata in Spagna per realizzare un progetto di genitorialità condivisa e, ricorrendo alla procreazione medicalmente assistita, una delle due donne aveva dato alla luce una bambina che, però, era stata ospitata da entrambe le “madri”, come figlia di tutte e due. La madre «non biologica» della minore aveva, quindi, richiesto (in Italia) di poter adottare la bambina ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lettera d) della legge 184/1983 (“adozione in casi particolari”).
Il tribunale minorile di Roma aveva accolto la domanda.

Su un capitolo così importante - quello della famiglia omosessuale - si registrano, ormai, tantissime pagine della giurisprudenza a fronte dell'assordante silenzio del Legislatore, pur dopo “l'ultimatum” della Corte costituzionale che, con la pronuncia 11 giugno 2014 n. 170, lo ha invitato a intervenire con «la massima sollecitudine».

L'atto di nascita formato all'estero - Il problema affrontato dalla Corte torinese riguarda, più in generale, l'interrogativo circa la trascrittibilità degli atti di nascita - formati all'estero - da cui risultino due genitori di sesso uguale (nel caso di specie: madre A; madre B). Un primo dato da cui muovere è sociale: secondo i dati statistici a disposizione, in Italia, i bambini con genitori omosessuali sono circa 100.000. La sempre più consistente casistica giudiziaria è, quindi, il riflesso di una società (interna ed europea) che è cambiata e che sta ancora cambiando. Ne consegue che la stessa nozione di famiglia si arricchisce di sfumature e contenuti inediti e si assiste a una trasformazione dello stesso concetto giuridico di «famiglia». È sufficiente citare almeno due esempi:

1) il minore nato a seguito di ricorso, da parte dei genitori, a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo (quanto è oggi possibile, per effetto della Corte costituzionale 162/2014;

2) la famiglia formata da genitori che hanno lo stesso sesso, per effetto della rettificazione di stato di uno dei due, successivo alla celebrazione del matrimonio (quanto è oggi possibile, per effetto della Corte costituzionale 170/2014). È solo un piccolo sguardo attraverso lo spioncino che affaccia sulla società “mutata”, in cui, adesso, non si può più discorrere di “famiglia” bensì di «famiglie».

La soluzione privilegiata dal collegio di Torino - Se il progressivo mutamento dei costumi sociali non è, però, motivo in sé sufficiente per indurre il Legislatore a introdurre, a interno, modelli “tipici” nuovi di famiglia, il problema è in che termine e che limiti, lo Stato italiano possa negare il riconoscimento di quei rapporti familiari formatisi nel rispetto della legalità straniera (e, quindi, all'estero). Qui la fattispecie analizzata dalla Corte torinese. La pronuncia ha ben chiara la problematica e, infatti, in modo limpido, acclara come il suo decisum non riguardi affatto l'autorizzazione a creare, nell'ordinamento, trame familiari omogenitoriali poiché «non si tratta di introdurre ex novo una situazione giuridica inesistente ma di garantire la copertura giuridica a una situazione di fatto» preesistente. E, invero, i provvedimenti accertativi (certificato di nascita) dello Stato estero sono la fonte esclusiva per ogni determinazione in ordine al rapporto di filiazione.

La trascrivibilità dell'atto formato all'estero - Il nodo giuridico investe, allora, la trascrittibilità dell'atto dello stato civile che sia formato all'estero al cospetto della clausola generale che a essa osta: la contrarietà all'ordine pubblico. La domanda è, in sintesi, se contrasti con l'ordine pubblico l'atto di nascita da cui risultino due madri o due padri. La Corte di appello di Torino offre risposta negativa. In primo luogo, il Collegio torinese ricostruisce l'ordine pubblico in termini di «ordine pubblico internazionale» e accerta che, nell'attuale assetto ordinamentale il matrimonio fra persone dello stesso sesso non è inesistente né invalido, per contrasto con norme imperative, ma improduttivo di effetti giuridici in Italia per l'assenza di una norma specifica e l'inesistenza di una fattispecie matrimoniale.

In secondo luogo, la Corte torinese declina il concetto di ordine pubblico con riferimento all'interesse del minore e richiama, al riguardo, le recentissime sentenze della Corte Edu (26 giugno 2014) in tema proprio di trascrizione di atto relativo a un rapporto di filiazione, per sostenere che negare la trascrittibilità dell'atto di nascita straniero equivarrebbe a disattendere il preminente interesse del fanciullo e il suo diritto al rispetto della vita familiare. In altri termini, la Corte sposta il baricentro della valutazione dal legame coniugale/affettivo che vincola i partners come coppia al legame parentale che, individualmente, come genitori, li ricollega al minore: in quest'ottica, il Legislatore non può relegare la situazione giuridica del minore a una area grigia in cui questi non si vede riconosciuto il diritto a “essere figlio” di sua madre o suo padre, sol perché questi sono omosessuali. Tramontata la concezione secondo la quale l'unione same-sex contrastava con l'ordine pubblico, la filiazione in ambito omogenitoriale, formata all'estero e suggellata in un atto accertativo dell'Autorità straniera, correttamente, come ha sostenuto la Corte torinese, può essere trascritto in Italia. Sostenere il contrario è arduo a meno di non volere avventurarsi, di nuovo, nei percorsi dell'insolubilia.

L'adozione pronunciata in un altro Stato - Il tribunale per i minorenni di Bologna affronta un altro caso particolarmente problematico: il riconoscimento, in Italia, dei provvedimenti stranieri di “stepchild adoption” (adozione coparentale) con cui il coniuge “same sex” adotta il figlio biologico del proprio partner.

La materia è regolata dall'articolo 41, comma 1, della legge 31 maggio 1995 n. 218 in cui si dispone che i provvedimenti stranieri di adozione «sono riconoscibili in Italia ai sensi degli artt. 64, 65 e 66», e cioè in base alle norme ordinarie che regolano l'efficacia interna di sentenze e atti stranieri, escludendo la necessità della delibazione del giudice italiano, sempre che siano rispettate precise condizioni, tra le quali la non contrarietà all'ordine pubblico dei provvedimenti de quibus. L'articolo 41 della legge 218/1995 introduce, però, una deroga a questo sistema prevedendo che restino ferme «le disposizioni delle leggi speciali in materia di adozione dei minori», e dunque anzitutto le disposizioni di cui agli articoli 35 e 36 della legge 183/1984, che prevedono invece un apposito giudizio di delibazione del provvedimento estero laddove si tratti di adozioni internazionali di minori volte alla costituzione di un autentico rapporto di filiazione. Questa differente procedura trova applicazione sia nel caso di adozioni internazionali di minori pronunciate in uno Stato aderente alla Convenzione dell'Aja del 29 maggio 1993 sia per le altre adozioni internazionali di minori.

Orbene, nel caso di cosiddetta stepchild adoption, il tribunale per i minorenni di Bologna reputa che si applichi la procedura speciale che richiede il giudizio di delibazione, trattandosi comunque di una pronuncia che costituisce uno status creando un rapporto di filiazione e, inferendo, dunque, l'atto da riconoscere a una adozione di soggetto minore di età, a tutti gli effetti.

L'ostacolo alla trascrivibilità - Ebbene, affrontando, dunque, il giudizio di delibazione, il tribunale per i minorenni incontra un ostacolo alla trascrizione: in base all'opinione giurisprudenziale prevalente e maggioritaria, di fatto corrispondente a “diritto vivente”, l'adozione di un minore a favore del coniuge del genitore, prevista dall'articolo 44, della lettera b), della legge 184/1983, non può essere consentita in caso di matrimonio tra persone dello stesso sesso, dato che, nell'attuale contesto normativo italiano, un simile matrimonio non è ammesso e, ove celebrato all'estero, è inefficace in Italia.

Questa ermeneutica considera l'adozione in ambito omogenitoriale in contrasto con i «principi fondamentali del diritto italiano della famiglia e dei minori». Richiamando i “nuovi” principi emersi in materia di famiglia omosessuale, il giudice minorile bolognese reputa che questa interpretazione si ponga in contrasto con la Costituzionale, almeno nella parte in cui ignora di considerare il prevalente interesse del minore che, già figlio di sua madre (adottiva) all'estero, si vede privato del genitore, in Italia, sol per la natura (omosessuale) della famiglia in cui (senza scelta) si è venuto a trovare. Da qui il ritorno alla Consulta. Diversamente ragionando, l'approdo alla Corte delle Leggi non è detto che sarebbe stato evitato: in particolare, riconducendo la stepchild adoption alla previsione generale di cui alla legge 218/1995, resta comunque d'ostacolo la clausola «della contrarietà all'ordine pubblico». Nell'un caso (principi fondamentali della famiglia) e nell'altro (ordine pubblico), la radice omogenitoriale dell'adozione può essere addotta a giustificazione di un diniego di trascrizione. Quid iuris?

Corte di appello di Torino - Sezione famiglia - Decreto 29 ottobre 2014

Tribunale per i minorenni di Bologna - Ordinanza 6-10 novembre 2014 n. 4701

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©