Civile

Recupero parcella avvocato: si applica il foro del consumatore

La Cassazione chiarisce che nell'ingiunzione contro il cliente, il foro speciale di residenza o domicilio del consumatore è prevalente e non è consentito rinunciarvi

di Marina Crisafi

All’ingiunzione dell’avvocato contro il cliente per il recupero della parcella si applica il foro del consumatore, al quale non è consentito rinunciare salva l’esistenza di apposita convenzione derogatoria stipulata validamente tra le parti. È quanto ha affermato la sesta sezione civile della Cassazione con l’ordinanza n. 21647/2021.

  La vicenda

Nella vicenda, un avvocato con ricorso ex articolo 702-bis del Cpc conveniva dinanzi al Tribunale di Roma la propria assistita, per vedersi riconoscere i compensi per l'attività svolta a suo favore in un giudizio di divisione ereditaria. La donna infatti sosteneva il legale aveva revocato il mandato, una volta instaurato il giudizio, ma le residue spettanze erano rimaste insolute.

Il Tribunale di Roma dichiarava la propria incompetenza, in quanto la convenuta, era da qualificare consumatore, sebbene la stessa, nel sollevare l'eccezione di incompetenza, aveva inteso rinunciare al foro del consumatore ed alla tutela accordata dalla disciplina di cui al menzionato decreto legislativo.

Tuttavia, evidenziava il tribunale, la giurisprudenza è nel senso dell'inderogabilità del foro del consumatore unicamente da parte del professionista, quindi nulla ostava all'operatività del foro ex articolo 14 del Dlgs n. 150/2011.

  Il ricorso

L’avvocato si rivolgeva a questo punto alla Cassazione chiedendo dichiararsi la competenza del Tribunale di Roma per due motivi. Anzitutto, deduce che, nell'evenienza in cui sia convenuto dinanzi al foro di cui al Dlgs n. 206/2005, il consumatore non può eccepire l'incompetenza di tale foro né il giudice può rilevarla d'ufficio, siccome tale foro è prefigurato a protezione del consumatore e non è da costui derogabile. Opinando diversamente, secondo il legale, si abiliterebbe il consumatore ad eccepire l'incompetenza unicamente per finalità dilatorie.

In secondo luogo, lamenta l’avvocato, che in considerazione del letterale tenore della comparsa di risposta della controparte, non è possibile affermare che la sua ex cliente avesse inteso rinunciare espressamente alla tutela offertale dal Dlgs n. 206/2005.

La Cassazione gli dà ragione.

  Prevalenza foro consumatore e convenzione derogatoria

Va premesso, scrivono i giudici del Supremo Consesso, “che la qualifica di consumatore di cui all'art. 3 del Dlgs. n. 206/2005 - rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui all'art. 33 del citato decreto - spetta alle sole persone fisiche, allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata” (cfr. Cass. n. 5705/2014; n. 21763/2013).

Su tale scorta è innegabile che l’ex cliente è un consumatore.

Va, dunque, reiterato l'insegnamento della Suprema corte a tenor del quale, “in tema di competenza per territorio, ove un avvocato abbia presentato ricorso per ingiunzione per ottenere il pagamento delle competenze professionali da un proprio cliente, avvalendosi del foro speciale di cui agli artt. 637, 3° co., c.p.c. e 14, 2° co., del d. lgs. 150/2011, il rapporto tra quest'ultimo foro ed il foro speciale della residenza o del domicilio del consumatore, previsto dall'art. 33, 2° co., lett. u), del d.lgs. 206/2005, va risolto a favore del secondo, in quanto di competenza esclusiva, che prevale su ogni altra, in virtù delle esigenze di tutela, anche sul terreno processuale, che sono alla base dello statuto del consumatore (cfr. Cass. 5703/2014)”.

C osicché, qualora il consumatore sia stato evocato dinanzi al "suo" foro, non può eccepirne l'incompetenza e la competenza di altri fori. E non può eccepirla siccome, nel solco del principio per cui è l'attore che sceglie il giudice competente, è stato correttamente evocato in giudizio.

Una “derogabilità” può ravvisarsi quando, nei contratti tra professionista e consumatore, le parti abbiano pattuito una clausola convenzionale in deroga al foro di quest'ultimo, come tale da presumersi vessatoria e, quindi, nulla in mancanza di esito positivo dell'accertamento della non vessatorietà ai sensi degli articoli 34 e 36 del codice del consumo.

La dimostrazione di una valida pregressa trattativa a fondamento della clausola derogatoria, spiegano dal Palazzaccio, “non solo ne esclude, sul piano sostanziale, la vessatorietà, ma giustifica, sul piano processuale, sul substrato, appunto, la convenzione derogatoria validamente stipulata dalle parti prima del processo ed a fronte dell'eccezione di incompetenza del consumatore, la deroga all'altrimenti ‘prevalente’ foro del consumatore”.

  La decisione

Tuttavia, nel caso di specie, non vi è clausola e non vi è stata trattativa, siccome il foro del consumatore si correla tout court al luogo di residenza dell’ex assistita.

Il ricorso va dunque accolto e l’ordinanza del tribunale di Roma cassata.

 

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