Regime fiscale dei contributi da Covid-19 erogati una tantum alle imprese
L'articolo 28, comma 2, del D.P.R. n. 600/1973 detta un principio di carattere generale in forza del quale tutti i contributi corrisposti alle imprese dalle regioni, province e comuni, nonché dagli enti pubblici e privati sono soggetti alla ritenuta alla fonte a titolo di acconto con la sola esclusione dei contributi erogati per l'acquisto di beni strumentali
Con il decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, recante "Misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all'economia, nonché di politiche sociali connesse all'emergenza epidemiologica da COVID-19" (c.d. Decreto Rilancio), convertito con modificazioni dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, il Governo ha riconosciuto - al dichiarato fine di «sostenere i soggetti colpiti dall'emergenza epidemiologica "Covid-19"» - un «contributo a fondo perduto a favore dei soggetti esercenti attività d'impresa» (articolo 25, comma 1), stabilendo, nel contempo, la non tassabilità dell'erogazione, la quale «non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi» (articolo 25, comma 7).
Analoghi contributi a fondo perduto (c.d. una tantum) sono stati erogati dagli enti locali in favore delle imprese dei propri territori che versino in difficoltà economica a causa dell'attuale stato di emergenza sanitaria.
Al fine della individuazione del corretto regime fiscale cui assoggettare detti contributi la Direzione Centrale Persone fisiche, lavoratori autonomi ed enti non commerciali dell'Agenzia delle Entrate - Divisione Contribuenti si è recentemente espressa, in risposta all'istanza di interpello formulata da un'Amministrazione comunale, con l'atto n. 494 del 21 ottobre 2020, avente a oggetto "Trattamento fiscale dei contributi economici erogati una tantum dal Comune in favore di talune attività di impresa del proprio territorio, soggette a chiusura durante l'emergenza sanitaria determinata da COVID-19".
L'Agenzia delle Entrate ha in primis ribadito, conformemente al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. ex multis Cass. civ., Sez. VI-5, 21 dicembre 2018, n. 33113; Cass. civ., Sez. V, 6 luglio 2018, n. 17796), che le norme che dispongono agevolazioni o esenzioni sono di stretta interpretazione e, come tali, insuscettibili di essere integrate in via ermeneutica dalle norme generali dell'ordinamento tributario.
Ne consegue che il trattamento fiscale dei contributi economici erogati una tantum dagli enti locali alle imprese in difficoltà economica deve essere individuato, in mancanza di una previsione di legge che ne escluda expressis verbis la rilevanza ai fini delle imposte sui redditi, sulla base delle regole ordinarie che disciplinano la tassazione diretta.
Al detto fine l'Agenzia delle Entrate ha proceduto alla disamina delle diverse tipologie di contributi normativamente previsti.
La prima disposizione richiamata è l'articolo 85 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 ("Approvazione del testo unico delle imposte sui redditi" - c.d. TUIR), ai sensi del quale sono considerati ricavi «g) i contributi in denaro, o il valore normale di quelli, in natura, spettanti sotto qualsiasi denominazione in base a contratto; h) i contributi spettanti esclusivamente in conto esercizio a norma di legge» (comma 1).
I contributi in conto capitale sono previsti e disciplinati dal successivo articolo 88, ai sensi del quale sono considerate sopravvenienze attive «b) i proventi in denaro o in natura conseguiti a titolo di contributo o di liberalità, esclusi i contributi di cui alle lettere g) e h) del comma 1 dell'articolo 85 e quelli per l'acquisto di beni ammortizzabili indipendentemente dal tipo di finanziamento adottato» (comma 3).
I contributi si distinguono, essenzialmente, sulla base della finalità per la quale sono assegnati, finalità desumibile dalle singole leggi agevolative:
(i) i contributi in conto esercizio sono destinati a fronteggiare esigenze di gestione;
(ii) i contributi in conto capitale sono finalizzati a incrementare i mezzi patrimoniali dell'impresa senza che la loro erogazione sia collegata all'onere di effettuare uno specifico investimento («non sono correlati a specifici fattori produttivi (siano essi di esercizio che a fecondità ripetuta) consistendo in un generico potenziamento dell'apparato produttivo dell'impresa beneficiaria e, di conseguenza, assumono rilevanza fiscale - come sopravvenienze - nel momento in cui entrano nella disponibilità materiale e giuridica del percettore»);
(iii) i contributi in conto impianti sono erogati con il vincolo di acquisire o realizzare beni strumentali ammortizzabili, rispetto ai quali sono parametrati («non generano né sopravvenienze attive né ricavi, bensì rilevano in diminuzione del costo fiscalmente riconosciuto del cespite cui afferiscono»).
La norma precipuamente dedicata al trattamento fiscale dei contributi erogati dagli enti territoriali è l'articolo 28 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 ("Disposizioni comuni in materia di accertamento delle imposte sui redditi"), ai sensi del quale sull'ammontare dei contributi corrisposti alle imprese le regioni, le province e i comuni «devono operare una ritenuta del quattro per cento a titolo di acconto delle imposte» sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche, con esplicita esclusione dei contributi erogati «per l'acquisto di beni strumentali» (comma 2).
L'applicazione di tale norma è subordinata alla ricorrenza di due condizioni: la prima, di carattere soggettivo, attiene alla qualifica del soggetto destinatario del contributo, il quale deve essere un'impresa; la seconda, di carattere oggettivo, attiene alla finalizzazione del contributo, il quale non deve essere destinato all'acquisto di beni strumentali, tra i quali rientrano, in primo luogo, gli impianti, le strutture e le attrezzatture occorrenti per l'esercizio dell'impresa (Cass. civ., Sez. I, 28 maggio 1998, n. 5266).
In altri termini, come chiarito dall'Agenzia delle Entrate, «la norma non individua esattamente i contributi assoggettati a ritenuta, ma si limita ad indicare quelli esclusi, dettando sostanzialmente un principio di carattere generale in forza del quale tutti i contributi corrisposti alle imprese dalle regioni, province e comuni, dagli enti pubblici e privati subiscono la ritenuta alla fonte a titolo di acconto, con la sola esclusione dei contributi per l'acquisto dei beni strumentali».
Al fine di verificare se i contributi erogati una tantum dagli enti locali in favore delle imprese, localizzate nei loro territori, in difficoltà economica per il mancato esercizio dell'attività a causa dell'emergenza epidemiologica da COVID-19 rientrino nell'ambito oggettivo di applicazione della citata disposizione l'elemento dirimente - in senso discretivo - è costituito dalla finalità del contributo: trattandosi di erogazioni che si sostanziano in un «sostegno economico straordinario alle imprese» onde consentire alle stesse di fronteggiare la fase emergenziale, non ontologicamente finalizzate all'acquisto di beni strumentali, l'Agenzia delle Entrate ha ritenuto che «il contributo in esame assuma rilevanza ai fini delle imposte sui redditi e sia da assoggettare, al momento dell'erogazione, alla ritenuta a titolo d'acconto nella misura del 4 per cento prevista dal secondo comma dell'articolo 28 del d.P.R. n. 600 del 1973».
Revocatoria ordinaria dell’atto di scissione, competente il tribunale delle imprese
di Carola Pagliuca e Davide di Marcantonio (*)