Casi pratici

Responsabilità per danni causati da sperimentazione clinica

Responsabilità per danni causati da sperimentazione clinica

di Tiziana Cantarella

la QUESTIONE
La sperimentazione clinica è sempre lecita? Se nel corso della sperimentazione clinica è cagionato un danno ai soggetti che sono sottoposti - volontariamente o meno - alla sperimentazione chi ne risponde? L'azienda che esegue la sperimentazione ha l'obbligo di assicurazione?

La sperimentazione è ogni attività scientificamente condotta volta a verificare la validità, la bontà e l'efficacia di nuovi metodi o nuove applicazioni. In particolare la sperimentazione sull'uomo comprende l'insieme delle ricerche che utilizzano l'essere umano per la verifica degli effetti dei farmaci o di trattamenti sanitari. Infatti, scopo della sperimentazione clinica è quello di verificare l'efficacia e la tossicità di un farmaco sull'uomo. Tale sperimentazione può essere a esclusivo fine terapeutico, ovvero scientifico c.d. sperimentazione pura o biologica.
Nell'ambito della sperimentazione si distingue poi quella farmacologica, con cui si studiano gli effetti di un nuovo farmaco sull'uomo, e quella non farmacologica, in cui sono ricomprese le altre forme di sperimentazione umana.
Seppure necessaria, la sperimentazione sull'uomo costituisce spesso una incognita le cui possibili conseguenze possono cagionare danni fisici e perfino la morte dei soggetti che si sottopongono allo studio. È essenziale, pertanto, non solo un accurato controllo preventivo sulla tipologia di farmaco o trattamento da sottoporre a sperimentazione, ma un attento monitoraggio in corso e all'esito della procedura onde ridurre al minimo i rischi a essa connessi.

L'iter per immettere un nuovo farmaco sul mercato

L'iter che si segue per immettere un nuovo farmaco sul mercato è costituito da diverse fasi.

La prima è definita preclinica poiché è il momento in cui si verifica se la molecola che si vuole testare possiede l'effetto farmacologico desiderato.
La successiva è invece composta da tre diversi ulteriori stadi: farmacologia clinica, studio di efficacia e studio multicentrico.
La farmacologia clinica ha lo scopo di accertare la dose massima del farmaco che l'uomo è in grado di tollerare.
Questa fase coinvolge soggetti sani, in numero sempre crescente (circa 200/300) ed è finalizzata a stabilire quale sia il massimo dosaggio per la somministrazione umana.
Il successivo studio di efficacia è realizzato, previa autorizzazione del Ministero della Salute - e nel caso in cui si tratti di un farmaco mai testato prima sull'uomo anche il parere del Istituto Superiore di Sanità - con lo scopo di verificare l'efficacia del farmaco sui pazienti malati.
Lo studio multicentrico, infine, estende la sperimentazione a un campione di persone più vasto, onde verificarne gli effetti in base alla risposta individuale della popolazione.
Durante il periodo di sperimentazione il farmaco non può essere venduto nelle farmacie ed è somministrato solo a coloro che partecipano allo studio negli ospedali coinvolti nella sperimentazione.
Nei gruppi di ricerca può essere prevista la somministrazione di placebo, ovvero di terapia standard random cioè casuale, affinché non sia noto nemmeno al medico o al paziente il prodotto effettivamente utilizzato e ciò al fine di evitare interferenze nelle valutazioni.
Il rapporto che si crea tra lo sperimentatore e il soggetto che si sottopone a una sperimentazione è di natura contrattuale, in cui il primo deve adempiere alla propria attività con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1176 c.c.) e il soggetto passivo deve fornire il proprio consenso informato per ognuna delle fasi cliniche; occorre cioè che egli confermi la propria disponibilità a partecipare alla sperimentazione clinica dopo aver ricevuto un'adeguata informazione sui rischi e sui benefici che ne possono derivare, sullo scopo della ricerca, sul tipo di studio e sulla sua durata. In ogni caso il consenso non può derogare i limiti imposti dall'art. 5 c.c. Infatti, l'integrità biologica prevale su altri interessi anche di solidarietà sociale o di libertà personale.

Le responsabilità
Lo sperimentatore è in ogni caso responsabile del danno permanente causato al soggetto su cui è stata effettuata la sperimentazione.
L'eventuale danno temporaneo invece non è risarcibile se rientra nei limiti preventivamente individuati e per i quali è stato rilasciato il consenso.
Con specifico riferimento alla struttura sanitaria nel cui ambito viene eseguita la sperimentazione, da ultimo, con Legge 8 marzo 2017 n. 24 (c.d. Legge Gelli) è stata riconosciuta la responsabilità civile della stessa ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c. (art. 7, comma 2).
Dal punto di vista penalistico la responsabilità del medico può qualificarsi come reato doloso nel caso di abuso sperimentale volontario a scopo di ricerca scientifica, ovvero di responsabilità professionale per condotta omissiva, qualora lo sperimentatore abbia omesso di somministrare un farmaco necessario al paziente anche se a fini di ricerca.
Con riguardo invece alla responsabilità da attribuire alla casa farmaceutica, promotrice della sperimentazione, la giurisprudenza della Suprema Corte ha di recente chiarito che, in capo a quest'ultima, sorge unicamente una responsabilità di natura extracontrattuale, salva l'ipotesi in cui, dall'accordo di sperimentazione, risulti chiaramente che la stessa si sia personalmente obbligata verso i destinatari della sperimentazione e che, conseguentemente, la struttura ospedaliera e i medici suoi dipendenti abbiano assunto nei confronti della casa farmaceutica la qualità di ausiliari ai sensi dell'art. 1228 c.c. (Cassazione civile sez. III, 20 aprile 2021, n. 10348).

L'attività pericolosa
L'art. 2050 c.c. statuisce che «Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di una attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee a evitare il danno».
Tale norma fissa una responsabilità oggettiva extracontrattuale che imputa in capo al danneggiante l'obbligo di risarcire i danni cagionati anche in assenza di dolo o colpa, sempre che sussista un nesso di causalità tra il fatto e l'evento dannoso, in modo che il danno risulti conseguenza immediata e diretta del fatto stesso.
Inoltre per colui che esercita una attività pericolosa non è sufficiente fornire la sola prova negativa cioè dimostrare di non aver violato alcuna norma di legge o le norme della comune prudenza, ma è necessario che dia anche la prova positiva, dimostri cioè di aver preso tutte le misure possibili per impedire l'evento dannoso. Conseguentemente, il fatto del danneggiato o del terzo costituiscono prova liberatoria solo nel caso in cui la loro rilevanza o incidenza sia tale che il nesso causale tra attività pericolosa ed evento possa essere escluso in modo certo.
La giurisprudenza maggioritaria è concorde nel ritenere pericolose non solo tutte quelle attività così definite dalla legge o da regolamenti di P.S. o comunque da leggi speciali, ma anche quelle che per loro natura o per i mezzi usati abbiano una pericolosità intrinseca (sul punto, v. Cassazione civile, sez. III, 19 luglio 2018, n. 19180).
In tal senso non può esservi dubbio che la sperimentazione sia da considerarsi come attività pericolosa, ancorché lecita, a cui il soggetto si sottopone volontariamente accettando i rischi a essa connessi nei limiti specificati nel consenso rilasciato.
Non sempre però i rischi connessi alla sperimentazione sono prevedibili, perfino dallo sperimentatore.
Sul punto è intervenuto il Legislatore che nell'individuare la tutela da approntare per garantire i soggetti che aderiscono allo studio ha distinto tra soggetti sani e soggetti portatori di patologie e ha riconosciuto a questi ultimi la possibilità di accettare rischi più elevati.
Anche il Codice deontologico medico agli artt. 46 e 47 ha individuato il principio a cui lo sperimentatore deve attenersi: la tutela dell'integrità psicofisica della persona.
Pertanto, la sperimentazione può essere inserita in trattamenti diagnostici o terapeutici solo quando sia «razionalmente e scientificamente suscettibile di utilità diagnostica o terapeutica per i cittadini interessati» e «ispirando la scelta e regole prudenziali di fondo».
In conformità a quanto già disposto dal legislatore, si è di recente pronunciata la Suprema Corte precisando che, ai fini della prova liberatoria dalla responsabilità per danni alla persona derivanti dai c.d. "effetti collaterali indesiderati" - consistente nell'avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno - occorre valutare, da un lato, la rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni ed i protocolli previsti dalla legge prima della produzione e commercializzazione del farmaco, dall'altro, l'adeguatezza della segnalazione al consumatore dell'effetto indesiderato; Cassazione civile, sez. III, 7 marzo 2019, n. 6587)

Comitati etici
L'Unione Europea ha emanato numerose normative per la tutela dei soggetti sottoposti a sperimentazione e nel 1991 ha infine stabilito le «Linee guida di buona pratica clinica per l'esecuzione delle sperimentazioni cliniche dei medicinali».
Lo Stato italiano nel 1997 ha recepito la normativa europea definitivamente stabilendo che, fatte le salve specifiche competenze del Ministero della Sanità, per l'esecuzione di ogni tipo di sperimentazione, i relativi protocolli sperimentali e i documenti connessi è necessario ottenere una preventiva quanto vincolante approvazione da parte dei c.d. Comitati etici indipendenti.
«Il Comitato etico per le sperimentazioni cliniche dei medicinali, è un organismo indipendente che ha la responsabilità di garantire la tutela dei diritti, della sicurezza e del benessere dei soggetti in sperimentazione e di fornire pubblica garanzia di tale tutela.
Il comitato può essere istituito nell'ambito di una o più strutture sanitarie pubbliche o a esse equiparate, o negli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico privati, limitatamente alle sperimentazioni nell'area di ricerca in cui hanno ottenuto il riconoscimento, conformemente alla disciplina regionale o delle province autonome in materia».
In ordine alla sperimentazione clinica dei medicinali il Comitato etico è tenuto a verificare l'applicabilità della sperimentazione proposta valutandone: il razionale, l'adeguatezza del protocollo (obiettivi, disegno, conduzione, valutazione dei risultati) nonché la competenza e l'idoneità dei ricercatori. Per quel che attiene agli aspetti etici è inoltre tenuto a effettuare controlli in relazione al consenso informato e alla tutela e riservatezza dei dati personali dei soggetti coinvolti nella sperimentazione, per salvaguardarne i diritti, la sicurezza e il benessere.
Il nucleo operativo di un Comitato etico dovrebbe preferibilmente comprendere diverse specializzazioni e competenze, in particolare dovrebbero farne parte due clinici, un biostatistico, un farmacologo, un farmacista, il direttore sanitario e un esperto in materia giuridica.
Tale organo deve essere inoltre totalmente imparziale e indipendente, per collocazione e interessi, da chi esegue la sperimentazione.

L'assicurazione obbligatoria e i danni risarcibili
Rientra sempre nei compiti dei Comitati etici la verifica che lo sponsor della sperimentazione abbia provveduto a garantire la ricerca con idonea copertura assicurativa o finanziaria, che tuteli sia gli sperimentatori che le strutture in cui viene eseguita la sperimentazione da eventuali richieste di risarcimento danni. In realtà la norma limita l'obbligo di copertura ai soli eventi dannosi causati ai soggetti sottoposti a sperimentazione per caso fortuito e non imputabili al comportamento professionalmente colposo dello sperimentatore.
La garanzia assicurativa deve coprire tutti i possibili costi che il soggetto che ha subito danni, o complicanze nel suo stato di salute, a causa della sperimentazione deve sopportare per sottoporsi a nuovo o ulteriore trattamento medico per eliminarne o lenirne le conseguenze.
Per quel che invece attiene a eventuali danni - patrimoniali e non patrimoniali - imputabili alla colpa professionale dello sperimentatore o a carenze della struttura ove si compie la sperimentazione, dal punto di vista civilistico rispondono in via solidale la struttura stessa e lo sponsor.
Ai medesimi soggetti può essere anche addebitata una responsabilità penale che a secondo dei casi può consistere nel reato di lesioni colpose (art. 590 c.p.) o di omicidio colposo (art. 589 c.p.).
L'interpretazione ufficiale della norma di costituzione dei comitati etici ha inoltre riconosciuto che «il consentire una sperimentazione non sufficientemente garantita dal punto di vista assicurativo potrà far cadere sui componenti dello stesso comitato una responsabilità analoga a quella degli sperimentatori del denegato caso che uno o più soggetti che sono sottoposti a sperimentazione subiscano a causa di questi danni per cui indennizzo o risarcimento offerti non coprano integralmente il reale esborso da sostenere».
Con specifico riferimento all'obbligo assicurativo la Legge 8 marzo 2017 n. 24 (c.d. Legge Gelli) all'art. 10 ha esteso l'obbligo assicurativo delle strutture sanitarie anche all'attività di sperimentazione e ricerca clinica.

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