Società

Revocatoria ordinaria dell’atto di scissione, competente il tribunale delle imprese

Ma la revocatoria ex articolo 66 della legge fallimentare è di competenza esclusiva del tribunale fallimentare

di Carola Pagliuca e Davide di Marcantonio (*)

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione sono recentemente intervenute, con la sentenza n. 5089 del 26 febbraio 2025, per risolvere un nuovo conflitto interpretativo emerso a seguito di un’istanza di regolamento di competenza promosso dal tribunale di Bologna, sezione imprese, nell’ambito di un’azione revocatoria fallimentare di un atto di scissione societaria.

Invero, sia l’istanza di regolamento del tribunale, sia l’ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite, si sono discostate dalla precedente giurisprudenza di legittimità, che aveva affermato la competenza del tribunale delle imprese.

Ferma l’ammissibilità dell’azione revocatoria della scissione societaria riconosciuta a più riprese dalla giurisprudenza di legittimità, per dirimere la questione della competenza, la Corte muove le fila dall’analisi della disciplina del Dlgs 168/2003, come modificato dalla legge 27/2012, chiarendo preliminarmente che alle sezioni specializzate è stata attribuita la funzione di giudicare le controversie inerenti ai rapporti che sono alla base della nascita, modifica e cessazione della società, intesa come organizzazione dell’impresa.

Viene, però, evidenziato che appartengono alla competenza del tribunale delle imprese anche giudizi che non investono rapporti propriamente endosocietari e che sono promossi da terzi che non sono soci, né soggetti che abbiano assunto la qualità di organi della società.

È il caso delle azioni di responsabilità da chiunque promosse contro gli amministratori ove l’elemento che consente di ricondurre tali fattispecie alla competenza delle sezioni specializzate deve individuarsi nel fatto dedotto a fondamento della domanda, costituito dall’inosservanza degli obblighi legali o statutari da parte degli amministratori.

Da tale esemplificazione le S.U. affermano, quindi, che la qualificazione dei rapporti societari riservati alla competenza del tribunale delle imprese può non dipendere tanto dalla tipicità dell’azione esperita, quanto piuttosto dalla caratterizzazione giuridica degli atti o fatti dell’organizzazione della società dedotti a fondamento della domanda.

Sulla scorta del percorso argomentativo sopra delineato, gli Ermellini trattano il caso della revocatoria dell’atto di scissione societaria.

Tale azione è finalizzata a mettere in discussione gli effetti pregiudizievoli dell’atto traslativo - derivanti dallo spostamento patrimoniale in favore di una società di nuova costituzione - e non il nuovo assetto societario. Chi esercita tale azione non è parte del rapporto endosocietario, né detta azione è direttamente incidente sull’organizzazione societaria. Nonostante ciò, anche in questo caso, a rilevare ai fini dell’individuazione della competenza della domanda, è il fatto posto a suo fondamento, ossia l’atto societario di scissione che, in quanto produttivo di un pregiudizio per la garanzia patrimoniale del creditore, qualifica il corrispondente giudizio come relativo a un rapporto societario.

In definitiva, le Sezioni Unite concludono che l’azione revocatoria ordinaria dell’atto di scissione è di competenza del tribunale delle imprese poiché “riveste valore qualificante la causa petendi della domanda proposta, che è data da un fatto o da un atto societario, da riguardarsi in una sua caratterizzazione giuridica”.

Da ultimo, poiché nel caso de quo il rimedio revocatorio viene proposto in pendenza di procedure concorsuali, la Corte risolve l’ulteriore questione delle competenze apparentemente confliggenti, indicando che la revocatoria ex articolo 66 L.F. è di competenza esclusiva del tribunale fallimentare e prevale, inderogabilmente, anche su quella del tribunale delle imprese in virtù dell’incidenza che l’esito dell’azione può avere sulla procedura concorsuale (considerato che il vittorioso esperimento dell’azione giova alla massa dei creditori, i quali potranno soddisfarsi sul ricavato del bene recuperato all’attivo fallimentare).

Di conseguenza, la competenza inderogabile del tribunale fallimentare prevale su qualsiasi competenza confliggente, anche quando parimenti inderogabile, come quella del tribunale delle imprese.

(*) Carola Pagliuca (partner) e Davide di Marcantonio (associate) CBA Studio Legale e Tributario

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