Amministrativo

TARSU/TARI - Riduzione della superficie tassabile solo in caso dell'autosmaltimento fornita dal soggetto occupante

La riduzione della superfice tassabile ai fini TARSU /TARI è possibile solo in caso di autosmaltimento dei rifiuti speciali non assimilabili agli urbani da parte del produttore

di Giuseppe Durante*

La riduzione della superfice tassabile ai fini TARSU /TARI è possibile solo in caso di autosmaltimento dei rifiuti speciali non assimilabili agli urbani da parte del produttore.

E' quanto ha dispsoto la Corte di Cassazione in occasione della Sentenza N°14487 del 0505/2022 . E, comunque, anche in caso di assolvimento dell'onere della prova ( in ordine all'autosmaltimento) ex art.2697 cc da parte del soggetto interessato al beneficio, comunque, sussiste a suo carico la debenza Tarsu con riferimento a quella parte di superfice non interessata dalla produzione di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani non soggetti al regime di privativa del Comune.

Si tratta di un orientamento giurisprudenziale già palesato dagli Ermellini in altre pronunce aventi ad oggettoi casistiche similari.

E' possible, pertanto, ridurre la superficie occupata tassabile purché vengano ottemperate dal soggetto occupante due condizioni imprescindibili:

a) presentazione della dichiarazione di occupazione ai fini Tarsu (Tia) nella quale il soggetto occupante deve già individuare la superficie su cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili agli urbani e, per la quale già in sede di dichiarazione chiede al Comune l'esenzione dal tributo;

b) dare prova all'ente o eventualmente in sede giudiziale qualora le parti sono già davanti al giudice tributario, di effettuare regolare attività di autosmaltimento dei rifiuti speciali non soggetti al regime di privativa del Comune poiché, non assimilabili agli urbani. E' questa una circostanza che oggi non sussiste in vigenza TARI avendo la recente riforma al Codice dell'Ambiente annullato il concetto di "rifiuti assimilati" .

Il principio espresso dalla Corte di Cassazione nella Sentenza N°14487 del 06 maggio 2022

Con riferimento alla questione tributaria posta al vaglio degli Ermellini, in sede di legittimità, gli stessi hanno ritenuto fondato nel caso di specie il quinto motivo di ricorso riconducibile alla violazione e falsa applicazione rispettivamente degli articoli 62 e 70 d.lgs 507/93 considerato che, le superfici di produzione industriale, suscettibili anche di produzione di rifiuti promiscui non erano per questo esentate dalla tassa, potendo applicarsi solo una riduzione dell'imposizione in considerazione della avvenuta denuncia di occupazione di tali superfici da parte del contribuente (mentre nel caso di specie la società non aveva previamente presentato al Comune né denuncia né comunicazione avente ad oggetto l'individuazione e la descrizione delle superfici asseritamente escluse).

La previsione normativa di cui all' art.62, comma 3 del D.lgs 507/93 dispone testualmente:"nella determinazione della superficie tassabile non si tiene conto di quella parte di essa ove per specifiche caratteristiche strutturali e per destinazione si formano, di regola, rifiuti speciali, tossici o nocivi, allo smaltimento dei quali sono tenuti a provvedere a proprie spese i produttori stessi in base alle norme vigenti. Ai fini della determinazione della predetta superficie non tassabile il comune puo' individuare nel regolamento categorie di attivita' produttive di rifiuti speciali tossici o nocivi alle quali applicare una percentuale di riduzione rispetto alla intera superficie su cui l'attivita' viene svolta".

Tanto rilevato in punto di diritto, la riduzione della superficie tassabile ai fini Tarsu muove, dunque, non dalla generica destinazione dell'immobile ad attività industriale, ma dalla specifica indicazione e dimostrazione delle aree che all'interno dello stabilimento producono prevalentemente rifiuti (speciali) esenti da privativa comunale, perché non assimilati né assimilabili ai rifiuti urbani e, come tali, assoggettati ad autosmaltimento.

La giurisprudenza di legittimità è costante nell'affermare l'accollo in capo al contribuente dell'onere di provare i presupposti della riduzione di superficie ex art.62 cit. (natura speciale dei rifiuti; entità della superficie di loro produzione; autosmaltimento). In particolare, ha osservato la stessa Corte di Cassazione in concomitanza della pronuncia n.16235/15 che: "l'impresa contribuente ha l'onere di fornire all'amministrazione comunale i dati relativi all'esistenza ed alla delimitazione delle aree che non concorrono alla quantificazione della complessiva superficie imponibile, atteso che, pur operando anche nella materia in esame, per quanto riguarda il presupposto dell'occupazione di aree nel territorio comunale, il principio secondo cui spetta all'amministrazione l'onere della prova dei fatti costitutivi dell'obbligazione tributaria, per quanto attiene alla quantificazione della tassa è posto a carico dell'interessato (oltre all'obbligo della denuncia ex art. 70 del citato d.lgs. n. 507 del 1993) un onere d'informazione, al fine di ottenere l'esclusione di alcune aree dalla superficie tassabile, che integra un'eccezione alla regola generale secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale".

La stessa Corte di Cassazione, altresì, ha disposto con riferimento ad altre casistiche simili ( Cass.n. 7187/21 ) che: "è onere del contribuente provare, a fronte della pretesa impositiva dell'Amministrazione, che tali aree producono "solo" rifiuti speciali, prova assente nel caso di specie, e solo all'esito di tale onere e in assenza di loro assimilazione a quelli urbani, spetta l'esenzione del pagamento della quota variabile della TIA." Con riferimento al caso di specie, i giudici di Palazzaccio hanno confermato l'orientamento giurisprudenziale già palesato in altre pronunce, ritenendo imprescindibile provare sub judice l'attività di autosmaltimento avente ad oggetto i rifiuti speciali non assimilabili agli urbani prodotti sulla superficie interessata, al fine di poter beneficiare della riduzione proprio della superficie segnalata in dichiarazione . E, comunque, resta a carico del soggetto occupante l'obbligo di pagamento del tributo per quella parte di superficie non interessata alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani.

Pertanto, secondo la Suprema Corte di Cassazione, la riduzione parziale e (non totale) della superficie soggetta a tassazione è strettamente subordinata alla coesistenza di due condizioni imprescindibili:

- a) l'obbligo di presentazione della dichiarazione di occupazione delle superfici nella quale il contribuente deve tassativamente limitare o meglio circoscrivere, individuare le superfici interessate dai rifiuti ordinari e speciali assimilabili agli urbani, dalla superficie interessate alla produzione di rifiuti speciali non assimilabili agli urbani; sissistendo, pertantro, l'onere per l'occupante di fare espressa richiesta al Comune di stralcio della parte di superficie sui cui vengono prodotti rifiuti speciali soggetti ad attività di autosmaltimento a carico del produttore; ciò, proprio in osservanza a quanto disposto dall'art.62, comma 3 del previgente D.lgs.n°507/1993 istitutivo della vecchia TARSU;

- b) l'onere a carico del soggetto occupante la superficie, di provare previo deposito di documentazione idonea (MUD- Registri di carico e scarico- rilevi fotografici attestanti lo stato dei luoghi, perizie di parte, contratti con società convenzionate addette al recupero dei rifiuti, ecc) l'autosmaltimento dei rifiuti speciali non assimilabili agli urbani prodotti sulla superficie con riferimento alla quale si è richiesta l'esenzione TARI in sede di dichiarazione che, comunque, potrà legittimare una riduzioone della superficie complessiva tassabile non una esenzione totale dalla debenza tributaria riferita all'intera superfiche occupata.In considerazione di quanto sopra , i giudici di Palazzaccio hanno pertanto ritenuto fondata la doglianza mossa dal ricorrente in sede di legittimità, avendo il giudice di appello fatto mal governo dell'applicazione del più volte richiamato art.62, comma 3 del D.lgs.n°507/1993.

Tale princioo generale avvallato da ampia giurisprudenza di cassazione è stato traslato anche in vigenza TARI.

*Prof. Avv. Giuseppe DURANTE, Professore a contratto in Diritto Tributario Facoltà di Economia Università LUM "G. De Gennaro" in Bari – Avvocato Tributarista - Pubblicista

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