Famiglia

Riforma Cartabia/5. Il nuovo procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

La quinta puntata sul nuovo rito di famiglia in vigore per i procedimenti instaurati dal 28 febbraio

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di Valeria Cianciolo

Si passano in rassegna sinteticamente, le modifiche operate dalla Riforma Carta al I libro del codice civile e di imminente entrata in vigore, come prevede l’articolo 35 del D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, sostituito dall’articolo 1, comma 380, lett. a), L. 29 dicembre 2022, n. 197.

Lo scopo è quello di tracciare un fil rouge con le norme ora trasfuse nel codice di procedura civile.

L’articolo 1 , lett. a, b e c, del D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, interviene, modificandolo, sul testo dell’articolo 145 cod. civ..

Precisamente:

·  la lett. a) del D. Lgs. 149/2022 ha inciso sul 1 comma dell’articolo 145 cod. civ., che, dal 1975  prevede che, a fronte del disaccordo dei coniugi, ciascuno di essi possa rivolgersi al giudice, al fine di chiedere a questi di tentare una soluzione concordata. Adesso la norma dispone che il giudice dovrà ascoltare il minore che abbia compiuto gli anni dodici (non più i sedici anni), o anche di età inferiore, se capace di discernimento;

·  la lettera b) ha modificato il 2 comma: questa oggi prevede che anche un solo coniuge possa richiedere espressamente al giudice di adottare la soluzione più adeguata; e l’adeguatezza della decisione non dovrà essere parametrata, soltanto alle esigenze dell’unità e della vita della famiglia, bensì anche all’interesse dei figli;

·  la lettera c) del D.L. 149/2022 ha introdotto il 3 comma dell’articolo 145 avvertendo che in caso di inadempimento all’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia, di cui all’articolo 143, il giudice, su istanza di chiunque vi abbia interesse, provvede ai sensi dell’articolo 316 -bis cod. civ..

I provvedimenti previsti dall’articolo 145 erano adottati secondo le prescrizioni dell’articolo 41 disp. att. cod. civ. ora abrogato e trasferito nell’articolo 152 ter disp. att. c.p.c., in cui si continua a prevedere che i provvedimenti previsti dall’articolo 145 e dall’ articolo 316 cod. civ. sono di competenza del tribunale del circondario del luogo in cui è stabilita la residenza familiare o, se questa manchi, del tribunale del luogo del domicilio di uno dei coniugi. La norma stabilisce anche che il Tribunale decide «in camera di consiglio in composizione monocratica con decreto immediatamente esecutivo».

Non è comprensibile la scelta del legislatore di operare un innesto in un nuovo comma 3 dell’art. 145, della disciplina che permette al giudice di “provvedere ai sensi dell’art. 316 bis” – si tratterebbe, in realtà, dei commi 2 e 3 dell’art. 316 bis cod. civ. - “in caso di inadempimento all’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia previsto dall’articolo 143”. Sarebbe stato più coerente un nuovo comma 4 dell’art. 143 cod. civ.  trattandosi di un precetto che si aggancia direttamente all’ inadempimento dell’obbligo di contribuzione di cui al comma 3 dell’art. 143 cod. civ.

C’è poi da considerare che i contenuti e le modalità di adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143, comma 3, sono diversi a seconda dei casi, e certamente non si esauriscono nel pagamento di denaro. Ma quel che appare poco aderente alla realtà, è che si ipotizza che una coppia coniugata non ancora entrata in una crisi, si rivolga al Giudice per avere un decreto che ordini al debitore del coniuge inadempiente di versargli direttamente una quota delle somme spettanti a quest’ultimo, senza che si capisca sulla base di quali accertamenti e di quali criteri bisogna fare questo tipo di operazione. Ma la cosa non acuirebbe un conflitto posto che la richiesta non deve essere congiunta, potendo il Giudice decidere sulla base di una richiesta avanzata unilateralmente da uno solo dei coniugi?

Il quarto, quinto e sesto comma dell’articolo 156 cod. civ., inerenti alle garanzie relative all’adempimento degli obblighi, di carattere patrimoniale, derivanti dalla separazione, sono stati abrogati dall’articolo 1, 2 co., lett. a), D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149. L’abrogazione si coordina con l’introduzione dei nuovi artt. 473 bis.36 (Garanzie a tutela del credito) e 473 bis.37 (Pagamento diretto del terzo) c.p.c..

Il riordino di queste norme si inserisce nel quadro della necessità di prevedere un unico modello processuale, strutturato in analogia con quello previsto dall’articolo 8, L. 1 dicembre 1970, n. 898.

Non solo. L’articolo 473 bis.37 c.p.c. provvede alla riorganizzazione della disciplina prima contenuta nei seguenti articoli: 156 cod. civ., 8 della Legge divorzio e 3 della Legge 10 dicembre 2012 n. 219.

Cosa succedeva prima?

Mentre gli artt. 156 cod. civ. e 3, comma 2, L. 12 dicembre 2012 n. 219, prevedevano che l’ordine di pagamento nei confronti del terzo fosse oggetto di un apposito ordine giudiziale, l’articolo 8, comma 3 della legge sul divorzio stabiliva che l’ordine fosse rivolto nei confronti al terzo direttamente dalla parte, ossia dal coniuge cui spetta “la corresponsione periodica dell’assegno”.

Riassumendo, sono stati abrogati:

·  l’articolo 156, 4, 5 e 6 comma cod. civ.;

·  l’articolo 8 Legge 1 dicembre 1970 n.898;

·  l’articolo 3 comma 2 della Legge 10 dicembre 2012 n. 219, in tema di garanzie patrimoniali da imporre al genitore in relazione ai provvedimenti patrimoniali in materia di alimenti e mantenimento della prole.

 

E’ stato abrogato il secondo comma dell’art. 158 cod. civ., che attribuiva al giudice, in caso di separazione consensuale contrastante con gli interessi dei figli, il potere/dovere di suggerire le modificazioni da apportare all’accordo per renderlo rispondente agli interessi della prole, potendo rifiutare l’emissione del decreto di omologa dell’accordo di separazione nell’ ipotesi di mancato recepimento da parte dei coniugi delle indicazioni date. Tale abrogazione dunque, è in armonia con quanto previsto adesso dal Codice di procedura civile che disciplina il procedimento consensuale per la separazione personale tra coniugi all’art. 473 bis.51 c.p.c. (Procedimento su domanda congiunta). La ratio dell’abrogazione parziale dei commi contenuti nei due articoli 156 e 158 cod. civ. è evidente: dare una disciplina unitaria ai procedimenti di separazione, divorzio e regolamentazione dell’esercizio della responsabilità genitoriale su figli non matrimoniali instaurati “su domanda congiunta” dei coniugi/genitori.

Modificato il quarto comma dell’art. 250 cod. civ.: è stata abrogata la parte relativa all’opposizione,

e si prevede la presentazione, da parte del genitore che vuole riconoscere il figlio infraquattordicenne, di un ricorso volto ad ottenere una sentenza costitutiva che tenga luogo dell’assenso negato dall’altro genitore: va da sé che questo determina necessariamente l’ instaurazione di un procedimento contenzioso, interamente assoggettato alla disciplina generale dettata dagli artt. 473 bis ss. c.p.c.

L’art. 250 cod. civ. dispone poi che, il giudice adotti eventuali provvedimenti provvisori ed urgenti al fine di instaurare da subito, anche nella pendenza del giudizio, una conveniente relazione tra il genitore ed il figlio in ogni caso, sempre “che la difesa del convenuto non sia palesemente fondata”. L’ascolto (e non più “audizione”) del minore, poi, non è più circoscritto ai soggetti che abbiano compiuto i dodici anni, o comunque capaci di discernimento se di età inferiore, ma viene previsto in via generale.

Con la sentenza, il giudice assume i provvedimenti opportuni in relazione, sia all'affidamento e al mantenimento del minore, ai sensi dell' art. 315 bis cod. civ., sia al suo cognome, ai sensi dell' art. 262 cod. civ.. La competenza è del Tribunale come espressamente indicato dall’art. 38 disp. att. cod. civ. Si ricorda che l’art. 38 disp. att. cod. civ. è stato modificato dall’art.1, comma 28, della legge 206/2021 ed ha riguardato il riparto di competenze tra tribunale ordinario e tribunale per i minorenni, concentrando le competenze in ragione della natura dei procedimenti, con conseguente attribuzione al tribunale ordinario della competenza su tutti i procedimenti de potestate quando sia pendente tra le stesse parti un giudizio di separazione e divorzio.

Le modifiche sono entrate in vigore il 22 giugno 2022.

L’articolo 1, n. 4, D.lgs. 149/2022 ha modificato l’articolo 316 cod. civ. in tema di responsabilità genitoriale inserendo le scelte relative all’istruzione e educazione, fra le questioni su cui i coniugi devono necessariamente - e quindi previamente - concordare. Se sorgono conflitti su questioni di «particolare importanza», fra le quali, come specificato, in tema di residenza abituale del minore e scelta dell’istituto scolastico, ogni coniuge potrà adire il giudice al fine di ottenere il provvedimento più adeguato all’interesse del minore.

Sembra di capire che la decisione sulla residenza abituale e sull’iscrizione alla scuola sia oggi necessariamente da definire preventivamente fra i genitori, non essendo tollerabile che uno dei due adotti decisioni unilaterali, o informi della propria decisione, a posteriori, l’altro genitore, cosa che nella prassi avviene con frequenza.

La norma deve essere letta alla luce della modifica dell’articolo 145 cod. civ., al pari della quale è previsto che sul contrasto fra genitori (e, nel caso della norma richiamata, fra coniugi) il giudice tenti in primo luogo una decisione concordata; solo successivamente (e, nel caso dell’articolo 316, senza necessità di espressa richiesta da parte del coniuge, ma anche d’ufficio), ove non sia possibile porre in essere una soluzione concordata, adotta la scelta che ritiene più adeguata all’interesse del minore, anche discostandosi dalle posizioni dei genitori, dopo aver sentito il minore medesimo.

E’ stato modificato l’art. 316 bis cod. civ.. Sorge un dubbio. Alla luce della lettura della modifica operata, sembrerebbe che la norma possa trovare applicazione qualora il contributo economico dovuto a titolo di mantenimento dal genitore nei confronti del figlio (maggiorenne o minorenne) non sia stato già determinato dai provvedimenti adottati dall’autorità giudiziaria nel giudizio di separazione o divorzio, ovvero nel corso di un giudizio volto a regolamentare l’esercizio della responsabilità genitoriale su figli non matrimoniali, o in sede di un accordo raggiunto con una negoziazione assistita fra avvocati avente ad oggetto anche il contributo dovuto a titolo di mantenimento dei figli: nelle ipotesi, infatti, in cui esiste un provvedimento o un accordo di negoziazione  deve trovare infatti applicazione direttamente ed in via esclusiva la nuova disciplina generale ed unitaria dell’ istituto del c.d. pagamento diretto del terzo contenuta nell’art. 473 bis.37 c.p.c.

 

 

L’articolo 336 cod. civ. vede la modifica sia della sua rubrica, riformulata in Legittimazione ad agire (non si fa più riferimento al “procedimento”, ora regolato dalle disposizioni del nuovo rito unitario artt. 473 bis ss. c.p.c.) sia del primo e quarto comma, mentre il secondo e terzo comma sono abrogati.

Le disposizioni dedicate all’ascolto del minore - ossia, gli articoli 336 - bis e 337 - octies cod. civ. - sono ora abrogate e trasfusi negli artt. 473 - bis.4 ss. c.p.c. e negli artt. 152 - quater e 152 - quinquies disp. att. c.p.c., prestando attenzione al fatto che se vi è accordo fra i genitori sull’affidamento dei figli, il giudice procede all’ascolto solo se necessario (il vecchio articolo 337 octies cod. civ. poneva l’ascolto, invece, come regola generale).

Viene modificato il secondo comma dell’articolo 337 - ter cod. civ., come segue: Il giudice… prende atto, se non contrari all'interesse dei figli, degli accordi intervenuti tra i genitori, in particolare qualora raggiunti all’esito di un percorso di mediazione familiare .”

All’interno dell’articolo 350 cod. civ. (Incapacità dell’ufficio tutelare) viene inserito il punto 5-bis) che statuisce l’incapacità a ricoprire l’ufficio di tutore a coloro che versano nelle ulteriori condizioni di incapacità previste dalla legge.

L’articolo 1, 7 co., lett. b, D.lgs. 149/2022 ha abrogato l’articolo 375 cod. civ. che è confluito nell’articolo 374 cod. civ. Prima della Riforma, in tema di volontaria giurisdizione, il tutore quando doveva procedere ad un atto di alienazione, doveva essere autorizzato dal tribunale, su parere del giudice tutelare. La norma distingueva le funzioni dei due organi, risolvendosi, quella del giudice tutelare, nell'espressione di un semplice parere, l'altra, quella del tribunale, veramente integrativa della capacità dispositiva della parte ed indispensabile per la formazione del negozio.

Viene pure riscritto l’articolo 376 cod. civ., abrogando il secondo comma e riscrivendo il primo comma, come segue: “Nell’autorizzare la vendita dei beni, il giudice tutelare (non più il Tribunale) determina se debba farsi all’incanto o a trattative private, fissandone in ogni caso il prezzo minimo e stabilendo il modo di erogazione o di reimpiego del prezzo”.

Conseguentemente, è stato:

abrogato il terzo comma dell’articolo 394 cod. civ. ( Capacità dell’emancipato) che disponeva: “Per gli atti indicati nell’articolo 375 l’autorizzazione, se curatore non è il genitore, deve essere data dal tribunale su parere del giudice tutelare”;

modificato il primo comma dell’articolo 397 cod. civ. (Emancipato autorizzato all’esercizio di un’impresa commerciale), come segue: “Il minore emancipato può esercitare un’impresa commerciale senza l’assistenza del curatore, se è autorizzato dal giudice tutelare, sentito il curatore

Ai fini del necessario coordinamento conseguente alla modifica degli articoli 374, 375 e 376 cod. civ. è inoltre abrogata la parte finale del primo comma dell’articolo 411 cod. civ. (Norme applicabili all’amministrazione di sostegno) che prima prevedeva che I provvedimenti di cui agli articoli 375 e 376 sono emessi dal giudice tutelare ” e che adesso recita come segue: “Si applicano all’amministratore di sostegno, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli da 349 a 353 e da 374 a 388.”;

modificato il primo comma dell’articolo 425 cod. civ. (Esercizio dell’impresa commerciale da parte

dell’inabilitato ), come segue: “L’inabilitato può continuare l’esercizio dell’impresa commerciale solo se autorizzato dal giudice tutelare. L’autorizzazione può essere subordinata alla nomina di un institore.”

Soppresso anche il richiamo all’articolo 376, comma 2, contenuto nell’articolo 45 delle disposizioni di attuazione al codice civile , regolante la competenza a decidere i reclami.

Viene dunque, concentrata la materia della V.G. nelle mani del solo Giudice Tutelare sgravando dell’onere i Tribunali e probabilmente nell’ottica di trovare un aiuto nel potere adesso concesso ai Notai, ai sensi dell’art. 21 del D. Lgs. 149/2022 ​- in proposito si ricorda che la legge n. 206/2021 aveva delegato il governo, con l’articolo 1, comma 13, lett. b), ad attuare “interventi volti a trasferire alle amministrazioni interessate, ai notai e ad altri professionisti dotati di specifiche competenze alcune delle funzioni amministrative, nella volontaria giurisdizione, attualmente assegnate al giudice civile e al giudice minorile, individuando specifici ambiti e limiti di tale trasferimento di funzioni” - di poter rilasciare le autorizzazioni in cui sia coinvolto un minore o un soggetto sottoposto a misure di protezione.

 

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