Famiglia

Scuola religiosa, se c'è contrasto tra i genitori separati va privilegiata la "continuità educativa"

Lo ha stabilito la Corte di cassazione con la sentenza n. 21553/2021

di Francesco Machina Grifeo

Il contrasto dei genitori separati sul tipo di istruzione – confessionale o non – da dare ai figli, deve essere risolto sulla base del "preminente interesse dei minori". In caso di pregressa frequentazione di una scuola cattolica, ciò può anche comportare il sacrificio, pro tempore, di una educazione "laica e pluralista", se la "continuità scolastica" risulta l'elemento da privilegiare (nel "loro precipuo interesse") in un momento di "disorientamento", dovuto alla recente divisione. La Corte di cassazione, sentenza n. 21553/2021, affronta una tema ricorrente nel contrasto tra gli ex coniugi e per la soluzione privilegia un criterio di concretezza cercando di evitare possibili inciampi ideologici.

Respinto dunque il ricorso del papà che chiedeva una inversione di rotta nella educazione dei figli piccoli, impegnati il primo nella scuola primaria e il secondo nella scuola dell'infanzia. Nel confermare le decisioni di merito, tuttavia, la Prima Sezione civile bacchetta alcuni passaggi della motivazione della Corte d'appello. In particolare, laddove rammenta che in passato il padre aveva sostenuto la scelta della scuola privata e che i relativi oneri sarebbero comunque stati a carico delle madre che si era offerta di sopportarli. "Una simile osservazione – si legge nella decisione – confonde profili interferenti tra loro". Se la "stella polare" è il "preminente interesse del minore, lo specifico punto della ripartizione delle spesa tra i due genitori si pone solo dopo aver compiutamente delibato i termini della decisione da assumere". Mentre il precedente avallo dell'istituto privato, "potrebbe prendere peso solo ove si ritenesse in concreto ritorsivo, ovvero capriccioso, il sopravvenuto mutamento di opinione di uno dei genitori ".

Tuttavia, aggiunge la Corte, questi sono solo rilievi "marginali" nel contesto della motivazione. "Centrale - e comunque fondante la decisione - si manifesta in realtà l'aspetto relativo al senso d'instabilità, di disorientamento, che la recente separazione dei genitori ha provocato in A. e in D. sì da porre come prioritaria - nel loro preminente interesse - l'esigenza di non introdurre fratture e discontinuità ulteriori, come facilmente seguenti alla frequentazione di una nuova scuola e del diverso ambiente, che inevitabilmente vi si collega".

In una simile situazione, argomenta la Cassazione, la Corte territoriale ha opinato che "appare senz'altro preferibile assicurare ai minori il segno della continuità scolastica: sino alla conclusione dei rispettivi cicli scolastici in essere (per A., la scuola primaria; per D., la scuola di infanzia), salvo per il futuro procedere poi, secondo la normale e (pure nel concreto) presumibile evoluzione delle cose, a una nuova valutazione".

Contro questa posizione, il ricorrente lamenta "l'illegittima compressione del diritto, di dignità costituzionale, del genitore di dare ai propri figli un'educazione aconfessionale e pluralista". Per la Suprema corte però il rilievo non è condivisibile. La giurisprudenza di legittimità, infatti, ritiene che il criterio guida nelle scelte sui figli "sia - non possa non essere - quello del preminente interesse del minore a una crescita sana ed equilibrata". In questo senso, in passato si è già stabilito che «in caso di conflitto genitoriale, il perseguimento dell'interesse del minore può comportare anche l'adozione di provvedimenti, relativi all'educazione religiosa, contenitivi o restrittivi dei diritti individuali di libertà religiosa dei genitori, ove la loro esplicazione determinerebbe conseguenze pregiudizievoli per il figlio, compromettendone la salute psico-fisica o lo sviluppo» (Cass., 30 agosto 2019, n. 21916).

E la Corte genovese si è conformata a questi principi. È importante precisare, prosegue la Cassazione, che la scelta così computa "non risponde a una ipotetica predilezione della Corte per una scuola confessionale, a discapito di quella pubblica. Dipende, invece, dall'acuito bisogno dei minori di avere - nel frangente - una continuità ambientale nel campo in cui si svolge propriamente la loro sfera sociale ed educativa".

D'altro canto, costituisce apprezzamento di fatto, non sindacabile nel giudizio di legittimità, quello relativo alla valutazione della negatività dell'impatto di un repentino mutamento di scuola.

Infine, se è vero che il provvedimento del giudice genovese, "conculca nell'attuale il diritto del genitore di fornire ai figli un'educazione aconfessionale e di tensione pluralista, non comporta tuttavia una compromissione definitiva, ovvero «non rimediabile», del medesimo". Infatti, l'educazione dei minori "è vicenda assai articolata; e che viene a svilupparsi, altresì, lungo un arco temporale di significativa dimensione. La sussistenza di una educazione atta ad apprezzare i valori della laicità e della pluralità di visioni e di opinioni - ne consegue - risulta frutto di una valutazione complessiva delle diverse fasi che la compongono". E A. e D. "sono appena agli inizi di un percorso formativo, che per sua natura si snoda lungo vari segmenti". Mentre la determinazione del giudice è limitata alla conclusione degli attuali cicli scolastici.

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