Sindrome da alienazione parentale
I criteri della Corte di Cassazione e la recente Ordinanza n. 13217/2021: mancanza del necessario supporto scientifico e riflessioni sul supremo interesse del minore
PREMESSE
La sindrome da alienazione genitoriale, o sindrome da alienazione parentale (PAS, sigla dal termine in inglese Parental Alienation Syndrome), è una controversa dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie dello psichiatra forense statunitense Richard Gardner (New York, 28 aprile 1931 – Tenafly, 25 maggio 2003), si attiverebbe sui figli minori coinvolti tanto in contesti di separazione e divorzio dei genitori, definiti conflittuali, quanto in contesti di presunta violenza intradomestica.
Secondo Gardner, questa sindrome sarebbe il risultato di una presunta "programmazione" dei figli da parte di uno dei due genitori (definito "genitore alienante"), che porta i figli a dimostrare astio e rifiuto verso l'altro genitore (definito "genitore alienato").
Consiste, dunque, in un incitamento portato avanti intenzionalmente da parte di uno dei due genitori, nei confronti del figlio minore, ad allontanarsi nei confronti dell'altro e si concretizzerebbe, in pratica, attraverso l'uso di espressioni denigratorie, false accuse e costruzioni di "realtà virtuali familiari".
Per Gardner, affinché si possa parlare di PAS è necessario che questi sentimenti di astio e di rifiuto non nascano da dati reali e oggettivi che riguardano il genitore alienato.Le teorie e i risultati delle ricerche di Gardner sull'argomento della sindrome da alienazione genitoriale sono oggetto di critica, in ragione dell'asserita mancanza di validità e affidabilità scientifica.
La PAS è oggetto di dibattito sia scientifico, sia giuridico, fin dal momento della sua proposizione nel 1985.
Detta sindrome, infatti, non è riconosciuta come un disturbo mentale dalla maggioranza della comunità scientifica e legale internazionale, fatta eccezione per alcune sentenze del 2010 e del 2011 pronunciate dalla Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo.Si rileva, da un lato, che il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) non riconosce la PAS come sindrome o malattia e, dall'altro, che la stessa sindrome non viene considerata nemmeno dall'APA (American Psychological Association).
PAS E SISTEMA GIURIDICO ITALIANO
L'Italia non ha alcuna legislazione organica di contrasto alla "alienazione genitoriale".L'art. 315-bis del Codice civile, tuttavia, stabilisce che "... Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti... Il figlio deve rispettare i genitori..."; l'art. 317-bis regola "... Gli ascendenti hanno diritto di mantenere rapporti significativi con i nipoti minorenni...". Le violazioni incorrono nei provvedimenti dell'articolo 709-ter del Codice di procedura civile.
Sull'argomento dell'alienazione genitoriale, la Corte di Cassazione italiana si è pronunciata tre volte. In un caso, ha riconosciuto la sindrome di alienazione genitoriale (PAS) come priva di fondamento scientifico. Con sentenza della Prima Sezione, 20 marzo 2013, n. 7041, la Suprema Corte si è pronunciata in favore della madre, ritenendo cioè il padre colpevole di aver attuato "condotte finalizzate a denigrare la figura materna agli occhi dei figli".
Nel 2019, poi, la Cassazione, con la sentenza del 16 maggio 2019 n. 13274, ha escluso la rilevanza processuale di tale sindrome, definendola priva di basi scientifiche e, pertanto, ha enunciato che la diagnosi di alienazione parentale, non avendo basi scientifiche certe, non basta per allontanare il figlio dal genitore: il Giudice dovrà tener conto non solo della CTU che l'ha accertata, bensì di ulteriori, approfondite indagini.Ancor più recentemente, con la sentenza del 16 dicembre 2020 n. 28723, sempre la Cassazione hanno rilevato i "comportamenti della madre tesi ad emarginare il padre" e hanno disposto che il Giudice d'appello "non poteva considerarla adeguata alla potestà genitoriale".
In particolare, dopo aver respinto alcune eccezioni procedurali della madre miranti a escludere la legittimità del ricorso, i Giudici di legittimità hanno richiamato la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo e le censure da essa derivanti ai tribunali nazionali, che si limitano a misure stereotipate quali i famigerati "incontri protetti", misure che non assicurano effettivamente che i figli possano godere del diritto alla bigenitorialità anche dopo la separazione dei genitori.
La Cassazione ha concluso, quindi, annullando la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che aveva in sostanza dato ragione alla madre, e ha rinviato la decisione alla medesima Corte d'Appello in diversa composizione.La PAS, nonostante la mancanza di prove scientifiche a supporto, continua a trovare applicazione nei tribunali italiani e viene spesso invocata dai padri nelle cause di separazione e di affidamento dei figli anche se, vi è da dire, la Lega Italiana per la Lotta all'Alienazione Parentale (LILAP) sostiene che le madri alienate avrebbero raggiunto, ormai, un numero quasi pari a quello dei padri alienati.
L'ORDINANZA N. 13217 DEL 17/5/2021
Pochi giorni fa, la Cassazione ha giudicato la PAS infondata, con motivazioni molto chiare e decise.Questa ordinanza riguarda l'affidamento esclusivo di una minore di sei anni al padre, deciso dal Tribunale di Treviso esclusivamente in base alle risultanze delle CTU disposte.
La consulenza sosteneva che la condotta materna fosse "finalizzata all'estraneazione della minore dal padre, ovvero ad allontanarla da quest'ultimo" e faceva esplicito riferimento all'alienazione genitoriale. Sosteneva, inoltre, che la donna sembrasse affetta dalla cosiddetta sindrome della "madre malevola" (MMS), che riguarderebbe le donne che mettono in pratica una serie di azioni e comportamenti allo scopo di danneggiare la figura paterna. La Corte di appello di Venezia, nel 2019, aveva confermato la decisione del Tribunale di Treviso, basandosi a sua volta sulle consulenze tecniche e, in particolare, sulla circostanza che la seconda CTU - rilevando che la madre sembrava affetta dalla MMS - suggerisse addirittura l'affido super-esclusivo al padre.
La Cassazione, con la pronuncia in esame, ha annullato la sentenza d'appello, rimandando il caso alla Corte di Appello di Brescia, "in considerazione dell'opportunità che la causa sia trattata da altra Corte territoriale".I Giudici, in definitiva, hanno stabilito che la "sindrome della madre malevola" è riconducibile alla PAS, che - a loro avviso - non ha alcuna validità scientifica e il cui riconoscimento è a sua volta riconducibile alla cosiddetta "colpa d'autore" o "colpa per il modo d'essere". Questa concezione si basa sull'idea che debba essere punito non tanto il fatto commesso, ma il modo d'essere dell'agente e, pertanto, non può essere condivisa. Nelle motivazioni della Cassazione, si parla del "controverso fondamento scientifico della sindrome PAS cui le CTU hanno fatto riferimento senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l'effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell'ambito delle patologie cliniche".
Il percorso che ha portato alle conclusioni della CTU, dice l'ordinanza, avrebbe dovuto essere "scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie con crismi di scientificità". Dagli atti, si dice ancora, emerge invece che "le asprezze caratteriali» della donna siano state valutate «in senso fortemente stigmatizzante".Nell'ordinanza, la Corte entra anche nel merito di quale debba essere, da parte dei Giudici, la prassi da seguire nei casi in cui sia stata esperita consulenza tecnica medico-psichiatrica: "Il giudice di merito, nell'aderire alle conclusioni dell'accertamento peritale, non può, ove all'elaborato siano state mosse specifiche e precise censure, limitarsi al mero richiamo alle conclusioni del consulente, ma è tenuto (…) a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare".
Non è, comunque, la prima volta che la PAS viene messa in discussione dalla Cassazione.
Con la sentenza 13274 del 2019, sopra citata, la Corte aveva stabilito che l'affido esclusivo di un minore a un genitore non poteva fondarsi solo sulla diagnosi di sindrome da alienazione parentale.
Con tale pronuncia, la Corte aveva già precisato che il Giudice, nel momento in cui attesta che la consulenza tecnica conclude per una diagnosi che non è supportata dalla scienza medica ufficiale, è tenuto ad approfondire per verificarne il fondamento. Non si può, inoltre, concludere - continuava la Corte - per l'affidamento esclusivo del minore al padre basandosi solo su un giudizio non debitamente motivato d'inadeguatezza della madre, in un contesto di tale conflittualità.
Così come non si può trascurare di rinnovare l'ascolto del minore a distanza di quasi due anni dalla prima audizione in un procedimento in cui devono essere adottati provvedimenti che lo riguardano.
CONCLUSIONE
L'ordinanza in commento è stata sin da subito avvertita come una buona notizia per madri, bambini e per tutti coloro che credono nel giusto processo e in un sistema giuridico rispettoso dei diritti fondamentali.
Seppur contestata dalla comunità scientifica, la teoria della PAS viene troppo spesso usata nei tribunali contro donne e bambini, soprattutto nei casi di violenza domestica, mentre si auspica il consolidamento di una giurisprudenza unanime e più tutelante delle garanzie e della tutela dei bambini, troppo spesso vittime di allontanamenti immotivati.
*a cura dell'avv. Antonella Dario, of counsel di Lexalent