Penale

Sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, lecito il sequestro di azienda quale profitto del reato

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Pen., sentenza 20 febbraio 2023, n. 7041

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di Paolo Comuzzi

Con la decisione del 20 febbraio 2023 n. 7041 la Corte di Cassazione conferma la possibilità di sequestrare un'azienda quale profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del DLgs. 74/2000) e pertanto conferma un consolidato orientamento sul punto.

Proprio richiamando un orientamento costante la Corte di Cassazione stabilisce due punti che appaiono importanti:

1) il profitto del reato (sottrazione fraudolenta) va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma
2) la condotta di sottrazione fraudolenta può essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell'Erario.

Entrando nei dettagli possiamo dare conto che la Corte di Cassazione afferma in modo chiaro il principio secondo cui "…L'art. 11 del d.lgs. 74/2000 sanziona chiunque, al fine di sottrarsi al pagamento di imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di interessi o sanzioni amministrative relativi a dette imposte, per un ammontare complessivo superiore a C 50.000,00, aliena simulatamente o compie altri atti fraudolenti sui propri o su altrui beni, idonei a rendere in tutto o in parte inefficace la procedura di riscossione coattiva …".

Quello che si vuole evitare con questa norma penale, dice sempre la Corte di Cassazione, è che "…il contribuente si sottragga al suo dovere di concorrere alle spese pubbliche creando una situazione dì apparenza tale da consentirgli di rimanere nel possesso dei propri beni fraudolentemente sottratti alle ragioni dell'Erario. Cfr. sul punto anche Sez. 3, n. 36290 del 18/05/2011, C., Rv. 251077, secondo cui l'oggetto giuridico del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte non è il diritto di credito del fisco , bensì la garanzia generica data dai beni dell'obbligato, potendo quindi il reato configurarsi anche qualora, dopo il compimento degli atti fraudolenti, avvenga comunque il pagamento dell'imposta e dei relativi accessori…".

Proseguendo nell'esame della fattispecie viene affermato il principio secondo cui "…La norma punisce due distinte condotte: l'alienazione simulata ed il compimento di atti fraudolenti. Per quanto qui interesse, per atto fraudolento (cfr. Sez. 3, n. 3011 del 05/07/2016, D. T., Rv. 268798,) deve intendersi qualsiasi atto che, non diversamente dalla alienazione simulata, sia idoneo a rappresentare ai terzi una realtà (la riduzione del patrimonio del debitore) non corrispondente al vero, mettendo a repentaglio o comunque rendendo più difficoltosa l'azione di recupero del bene in tal modo sottratto alle ragioni dell'Erario …".

Siamo in presenza, dice sempre il supremo collegio, di un reato di pericolo concreto e "…in ossequio al principio di offensività, si deve valutare l'idoneità ex ante dell'atto a mettere in pericolo la garanzia patrimoniale del debito erariale. La diminuzione della garanzia può essere anche solo parziale, non necessariamente totale (Sez. 3, n. 6798 del 16/12/2015, dep. 2016, A., Rv. 266134), purché effettivamente in grado di mettere a rischio l'esazione del credito. La condotta può essere posta in essere con ogni atto di disposizione del patrimonio che abbia la sua causa nel pregiudizio alle ragioni creditorie dell'Erario ..:".

Come detto in modo esplicito nella norma la sottrazione deve essere "fraudolenta" e "… il carattere fraudolento di determinate operazioni negoziali presuppone che l'attività fraudolenta sia nascosta attraverso lo schermo formale di attività o documenti apparentemente regolari (Sez. 3, n. 40319 del 2016, S.) o l'adozione di un atto formalmente lecito - come l'alienazione di un bene - però caratterizzato da una componente di artificio o di inganno (Sez. 3, n. 25677 del 16/5/2012, C., Rv. 252996) …".

Stabiliti questi elementi le conclusioni sono del tutto chiare ed evidenti considerati anche i precedenti in materia ed infatti la Corte conclude statuendo che "… la giurisprudenza ha già affermato che il reato ex art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 si possa concretizzare con l'affitto di azienda ove risulti che si tratti di un atto fraudolento; cfr. Sez. 3, n. 40319 del 16/06/2016, S., in motivazione. Afferma tale sentenza che la natura del delitto in esame come fattispecie di pericolo non impone che dall'atto apparentemente dispositivo consegua una effettiva erosione nell'area di garanzia dei crediti erariali costituita dal patrimonio del debitore, essendo sufficiente che si determini la semplice probabilità, da valutare al momento del compimento dell'atto stesso, che l'attività recuperatoria dell'Amministrazione finanziaria possa essere impedita. Anche Sez. 3, n. 31944 del 18/06/2015, S., non massimata in motivazione, ha affermato che il reato ex art. 11 d.lgs. n. 74 del 2000 si possa concretizzare con l'affitto di azienda …".

In merito al profitto confiscabile la Cassazione stabilisce con chiarezza ed in modo univoco che "…il profitto, confiscabile anche nella forma per equivalente, del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte di cui all'art. 11 del D.Lgs. n. 74 del 2000, va individuato nella riduzione simulata o fraudolenta del patrimonio del soggetto obbligato e, quindi, consiste nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase costituenti oggetto delle condotte artificiose considerate dalla norma. Il profitto, pertanto, non va individuato nell'ammontare del debito tributario rimasto inadempiuto …".

Una sentenza che possiamo dire corretta anche se qualche discussione in merito al delitto di sottrazione fraudolenta è certamente lecita considerato lo stretto legame tra questa fattispecie e la esistenza di un debito tributario che è potenziale con il verbale di fine verifica, incerto [in quanto da valutare nel possibile giudizio] quando viene portato nell'avviso di accertamento e certo quando il giudizio si conclude con la condanna del contribuente per violazione delle norme che regolano la determinazione del reddito (o di altre fattispecie).

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