Civile

Su mediazione e decreto ingiuntivo chiesto l’intervento delle Sezioni unite

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di Marco Marinaro

È questione di particolare importanza che giustifica la rimessione alle Sezioni unite quella relativa alle conseguenze derivanti dal mancato esperimento della mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale in sede di opposizione a decreto ingiuntivo. Invero, le due diverse posizioni emerse in giurisprudenza sono assistite da valide ragioni tecniche e appaiono essere proiezione di diversi principi costituzionali. Inoltre, la questione interpretativa tocca un tema che interessa un ampio contenzioso anche per il diffuso ricorso al procedimento monitorio che richiede la rilevanza nomofilattica della pronuncia delle Sezioni unite. Sono le conclusioni cui giunge l’ordinanza interlocutoria 18741 del 2019 della Cassazione di rimessione della questione al Primo presidente perché valuti la sottoposizione del ricorso all’esame delle Sezioni Unite.

Nel caso oggetto della pronuncia, il Tribunale di Treviso aveva dichiarato l’improcedibilità del solo giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo per il mancato esperimento della mediazione obbligatoria trattandosi di contratti bancari, ritenendo che l’onere di tentare la mediazione gravasse sull’opponente. La Corte d’appello di Venezia aveva poi dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione in quanto la stessa non aveva una ragionevole probabilità di essere accolta.

L’unico motivo proposto dai debitori opponenti all’esame della Suprema Corte è finalizzato a ottenere una diversa interpretazione per far gravare l’onere dell’esperimento della mediazione obbligatoria sul creditore opposto.

La Cassazione, che con la sentenza 24629 del 2015 aveva preso posizione ritenendo gravato dell’onere il debitore opponente, con l’ordinanza 18741/2019 prende atto del persistente contrasto giurisprudenziale e del fatto che le contrapposte tesi sono entrambe assistite da ragioni tecniche. Se da un canto infatti si sostiene che a essere gravato dovrebbe essere il debitore opponente in quanto parte interessata all’instaurazione e alla prosecuzione del processo ordinario di cognizione, dall’altro si ritiene che sia il creditore opposto a dover essere gravato quale attore in senso sostanziale, dovendosi accertare nel giudizio di opposizione la pretesa creditoria.

Ma le diverse posizioni costituiscono anche proiezioni di principi costituzionali e si pongono come potenzialmente dirimenti del contrasto rimasto sinora irrisolto. Infatti, se per un verso si sostiene la tesi del debitore opponente invocando ragioni di economia processuale oltre che il principio di ragionevole durata del processo, dall’altro la tesi del creditore opposto richiama l’articolo 24 della Costituzione in quanto l’accesso alla giurisdizione condizionata non può tradursi nella perdita del diritto di agire in giudizio (come accade nel caso in cui il decreto ingiuntivo diviene immutabile se l’improcedibilità colpisce soltanto il giudizio di opposizione).

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