Famiglia

Tomba di famiglia, diritto alla sepoltura solo per i parenti stretti

La Cassazione, sentenza n. 8020 depositata oggi, chiarisce le differenze rispetto al sepolcro iure haereditario

di Francesco Machina Grifeo

Non c'è alcun diritto da parte di mariti e mogli dei nipoti del fondatore del sepolcro gentilizio ad essere seppelliti nella tomba di famiglia mancando un legame di sangue. La Corte di cassazione, sentenza n. 8020 depositata oggi, ha chiarito le differenze rispetto al sepolcro iure haereditario , che invece è acquistabile secondo le norme del diritto ereditario, ed ha così respinto la domanda del ricorrente che chiedeva ai figli del fondatore il risarcimento dei danni subiti per aver impedito la tumulazione della mamma – nuora della sorella del fondatore del sepolcro - nella tomba di famiglia costringendolo a sopportare le spese per la sepoltura nel cimitero comunale.

Infatti, spiega la Suprema corte, "la prerogativa sepolcrale originata iure sanguinis rappresenta una prerogativa personale di carattere reale, imprescrittibile e irrinunciabile, non trasmissibile, né inter vivos, né mortis causa, che nasce per volontà dell'originario fondatore (o, in mancanza, in ragione del legame di sangue con quello) e si estingue con il decesso del titolare, salva la trasformazione del sepolcro, al momento della sopravvivenza dell'ultimo legittimato, da sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario".

Dunque nell'ipotesi del cosiddetto sepolcro gentilizio (che si presume in difetto di prova contraria), in assenza di disposizioni da parte del fondatore del sepolcro, "lo ius sepulchri spetta (secondo lo ius sanguinis) al fondatore medesimo e a tutti i suoi discendenti facenti parte della famiglia o, in mancanza, ai suoi parenti più vicini per vincolo di sangue, ossia ai componenti dell'organico nucleo familiare strettamente inteso, nella cui cerchia, avuto riguardo al significato semantico del termine generalmente usato e accettato, debbono farsi rientrare tutte le persone del medesimo sangue, o legate tra loro da vincoli di matrimonio, ancorché non aventi il medesimo cognome".

Per la Suprema corte dunque "del tutto correttamente il giudice a quo ha escluso il diritto della madre dell'odierno ricorrente ad essere sepolta nella tomba di famiglia, atteso che il corrispondente diritto della sorella del fondatore si estinse con la sua morte (e la sua tumulazione nel sepolcro gentilizio familiare), senza alcuna possibilità che la madre del ricorrente potesse averne ricevuto la titolarità iure haereditario". Il giudice del merito aveva infatti rilevato la mancata prova della premorienza dei fratelli della suocera della madre dell'odierno ricorrente (e dunque la trasformazione dell'originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario). Ed aveva altresì escluso l'esistenza di un rapporto di qualificata consanguineità , "tenuto conto della sua totale estraneità all'organico nucleo familiare del fondatore, strettamente inteso".

Infatti, prosegue la decisione, la nozione di famiglia rilevante ai fini dell'attribuzione dello ius sepulchri d'indole gentilizia, "deve ritenersi circoscritta, in mancanza di specifiche disposizioni del fondatore, allo stretto nucleo familiare di quest'ultimo, ossia ai suoi discendenti, ovvero, in mancanza, ai suoi consanguinei più prossimi (l'organico nucleo familiare, strettamente inteso, cui apparteneva il defunto al momento della morte), senza indebite e incontrollate estensioni a linee ulteriori di consanguineità".

In conclusione esclusa la trasformazione dell'originario sepolcro gentilizio in sepolcro ereditario; considerata l'assenza di qualsivoglia diritto primario al sepolcro familiare; ed esclusa infine la trasmissione per via ereditaria (da parte della suocera della madre del ricorrente), non vi era alcun diritto sulla cui base chiedere un danno.

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