Società

Transazione contributiva più facile ma Inps e Inail non cambiano prassi

Entrambi gli enti continuano a seguire il decreto del 4 agosto 2009 abrogato dal Dl 125/2020

di Giulio Andreani

Fino alle novità introdotte dalla legge di conversione del Dl 125/2020, la transazione contributiva è stata disciplinata, oltre che dall’articolo 182-ter della legge fallimentare, anche dal decreto interministeriale 4 agosto 2009, emesso sulla base del comma 6 dell’articolo 32 del Dl 185/2008 che aveva demandato a un decreto del ministro del Lavoro e del ministro dell’Economia la definizione delle modalità di applicazione, dei criteri e delle condizioni di accettazione della proposta di transazione contributiva da parte degli enti previdenziali e assistenziali (principalmente Inps e Inail).

L’articolo 3, comma 1-ter 3 del Dl 125/2020, introdotto dalla legge di conversione 159/2020, ha previsto però che dal 4 dicembre 2020 «cessa di avere applicazione il provvedimento adottato ai sensi dell’articolo 32, comma 6, del decreto legge 29 novembre 2008, n. 185»: cessa dunque di avere applicazione il decreto interministeriale del 4 agosto 2009.

Ciò nonostante per l’Inps – ma altrettanto può dirsi per l’Inail - nulla è cambiato, perché – risulta dalle comunicazioni inerenti al rigetto di proposte di transazione contributiva inviate nelle scorse settimane – continuerebbero a trovare applicazione le istruzioni fornite con la circolare n. 38 del 15 marzo 2010 per illustrare il citato decreto.

In altri termini, la legge ha disposto la cessazione degli effetti del provvedimento normativo oggetto della circolare, ma quest’ultima continuerebbe comunque ad applicarsi, come se nulla fosse accaduto, sebbene il significato abrogativo del comma 1-ter dell’articolo 3 del Dl 125/2020 sia assolutamente chiaro.

La novità legislativa
La previsione della cessazione degli effetti del decreto 4 agosto 2009 disposta con il Dl 125/2020 è del tutto naturale, atteso che, con tale provvedimento, il legislatore ha modificato gli articoli 180 e 182-bis della legge fallimentare, attribuendo al tribunale il potere di omologare le proposte di transazione contributiva anche in mancanza del voto o dell’adesione degli enti previdenziali, ove la proposta sia conveniente e la sua approvazione decisiva.

Infatti, poiché tale omologazione “coattiva” da parte del tribunale prescinde totalmente dal rispetto di soglie di soddisfacimento prestabilite e dalla durata delle dilazioni di pagamento richieste, il legislatore sarebbe stato incoerente se, mentre da un lato disponeva la omologazione del concordato e dell’accordo di ristrutturazione indipendentemente dall’entità del soddisfacimento offerto agli enti previdenziali, introducendo a tal fine diversi presupposti quali la convenienza e la decisività della proposta, dall’altro lato avesse mantenuto in vigore un decreto che condizionava l’accoglimento delle proposte di transazione al pagamento integrale dei contributi e al rispetto di altri limiti.

Le conseguenze
Tra l’altro, le conseguenze che derivano dalla cessazione degli effetti del decreto del 4 agosto 2009 non sono di poco conto, perché esso stabiliva che la proposta di transazione contributiva non poteva prevedere il pagamento dei crediti privilegiati relativi a contributi e premi in misura inferiore al 100%, il pagamento dei crediti privilegiati aventi a oggetto il 50% dei cosiddetti oneri accessori (sanzioni e interessi) in misura inferiore al 40% e quella relativa ai crediti di natura chirografaria inerente all’altro 50% degli oneri accessori in misura inferiore al 30% dei rispettivi importi. Il decreto inoltre, pur ammettendo il pagamento dilazionato dei debiti oggetto della transazione, escludeva dilazioni superiori a 60 rate mensili.

Il risultato dell’indirizzo sinora espresso dall’Inps - così come dall’Inail - rischia purtroppo di essere costituito dal rigetto delle (moltissime) proposte di transazione contributiva che non sono in grado di rispettare le soglie previste dal decreto abrogato e l’ostacolo al risanamento delle imprese generato da tale rigetto dovrà essere rimosso dai tribunali.

Tuttavia, per poterlo fare, questi ultimi dovranno aderire alla tesi secondo cui la omologazione coattiva è consentita non solo in mancanza di pronuncia sulla proposta di transazione da parte degli enti previdenziali, ma, appunto, anche in caso di rigetto della proposta.

L'esempio
Il decreto 4 agosto 2009, ora abrogato, è sempre stato inadeguato poiché, imponendo elevate e rigide soglie di soddisfacimento, ha spesso impedito il risanamento delle imprese, a discapito della stessa Inps.
Il caso
Impresa con debiti privilegiati anteriori a quelli dell'Inps per 30, debiti previdenziali privilegiati per 30, debiti chirografari per 80 e crediti per 30. Può generare, proseguendo l'attività, flussi per 30.
Vecchie regole
In caso di fallimento l'attivo di 30 è destinato al pagamento solo dei debiti privilegiati anteriori ai debiti Inps che restano insoddisfatti, come i crediti chirografari. In caso di concordato in continuità l'attivo può incrementarsi a 60 grazie ai flussi, ma se l'Inps venisse pagata interamente, i chirografari rimarrebbero insoddisfatti, verrebbe dichiarato il fallimento e l'Inps non incasserebbe nulla.
Nuove regole
L'Inps può essere pagata parzialmente (ad esempio 15), il residuo di 15 può essere destinato ai chirografari, il concordato è attuabile e l'Inps recupera il 50%.

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