Transazione della controversia: all'avvocato spetta il compenso per la fase decisionale aumentato di un quarto
La Cassazione ha bocciato la tesi del Tribunale secondo cui ai legali andava corrisposto il 25% dell'importo da liquidarsi nella fase conclusiva del giudizio
«Nell'ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, il compenso per tale attività è determinato nella misura pari a quello previsto per la fase decisionale, aumentato di un quarto, fermo quanto maturato per l'attività precedentemente svolta». Questo il principio fissata dalla Cassazione (ordinanza n. 17325/23).
Il giudizio del Tribunale
Gli avvocati ricorrenti si dolgono dell'illogicità e dell'incoerenza dell'interpretazione della norma seguita dal Tribunale: l'ordinanza impugnata, infatti – anziché incrementare, in ragione del raggiungimento di un accordo transattivo grazie all'ausilio degli avvocati, il corrispettivo totale dovuto a questi ultimi di un quarto del compenso liquidabile per la fase decisoria – avrebbe semplicemente riconosciuto una somma ulteriore e separata, pari al 25 per cento dell'importo da liquidarsi nella fase conclusiva del giudizio. Nella specie, la somma correttamente liquidabile per l'assistenza prestata nella fase della transazione sarebbe, secondo i ricorrenti, di 9.538,75 euro, risultante dal compenso liquidabile per la fase decisoria – 7.631 euro – aumentato fino a un quarto, laddove il Tribunale, invece, ha liquidato il minor importo di 1907,75 euro. La questione che pone il ricorso dunque è se all'avvocato vada riconosciuto, nel caso (di conciliazione o) di transazione della causa, oltre al compenso per le fasi già svolte, una somma ulteriore fino a un quarto di quanto previsto per la fase decisionale, oppure se all'avvocato spetti un compenso pari a quanto previsto per tale ultima fase, aumentato fino al 25 per cento. Il Tribunale di Bologna, con l'ordinanza in questa sede impugnata, ha scelto la prima strada: ha calcolato e liquidato il compenso per la transazione raggiunta aggiungendo al quantum derivante dall'attività fino a quel momento svolta un importo nella misura del 25% rispetto a quello che sarebbe spettato ai difensori per la fase decisionale, ove l'attività in quest'ultima fase fosse stata prestata. Il giudice a quo ha pertanto liquidato, per la transazione raggiunta, un quarto del compenso previsto per la fase decisoria.
La sentenza della Cassazione
L'interpretazione della norma regolamentare che ha informato la statuizione del Tribunale non è parsa condivisibile in Cassazione. L'articolo 4 del Dm n. 55 del 2014, infatti, ha introdotto nella determinazione del compenso dell'avvocato un incentivo deflattivo: la conclusione delle liti giudiziali è incentivata con la previsione di un "aumento" del compenso dovuto all'avvocato che raggiunga la "conciliazione giudiziale" o la "transazione" della controversia rispetto a quello altrimenti liquidabile. Per concludere nell'ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia è previsto che la liquidazione del compenso è di regola aumentata fino a un quarto rispetto a quello altrimenti liquidabile per la fase decisionale, fermo quanto maturato per l'attività precedentemente svolta.