“Trattato di diritto dell’ambiente”, un volume fa il punto sui rapporti con l’attività di impresa
La presentazione giovedì 6 marzo 2025, nella Sala Caduti di Nassirya del Senato con la partecipazione del Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin
La tutela dell’ambiente si trasforma sempre di più da tema specifico di “policy pubblica” ad elemento determinante di strategie economiche e industriali, con implicazioni rilevanti per gli operatori privati, e non solo a livello territoriale ma globale. A fare luce su una materia complessa e in costante divenire è il volume “Trattato di Diritto dell’Ambiente” curato dai professori Francesco Bruno (ordinario presso l’Università Campus Bio-Medico di Roma) e Matteo Benozzo (aggregato all’Università degli Studi di Macerata, entrambi partner di B-Società tra Avvocati) che verrà presentato giovedì 6 marzo 2025, alle ore 12,00, nella suggestiva cornice della Sala Caduti di Nassirya presso il Senato della Repubblica con la partecipazione del Ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin.
La discussione sarà guidata da Marco Frittella, Direttore Comunicazione e Relazioni Istituzionali di Rai Com; con gli autori parteciperà al confronto il Generale Fabrizio Parrulli, comandante delle Unità forestali, ambientali e agroalimentari dell’Arma dei Carabinieri.
Ma cosa caratterizza un “Trattato” si chiedono un po’ retoricamente gli autori, rispondendo sicuri che è la presenza di un “metodo critico”. “Noi - si legge nel primo capitolo - abbiamo cercato di riportare tale metodologia nel contesto del diritto dell’ambiente, ossia lo abbiamo analizzato ricostruendo un linguaggio che comporta una concezione pensiamo ‘originale’ di tali regole e principi, ritenendoli autonomi e coesi a sistema di regole indipendente”. In tal modo replicando un passaggio già sperimentato in precedenza per il “diritto alimentare”. Materia anch’essa poliedrica, dove l’interesse tutelato ha ugualmente una “connotazione transnazionale”. E allora le fonti diventano “trasversali, ossia nazionali, europee ed internazionali”; e le forme possibili di tutela insieme “privatistiche, pubblicistiche e penalistiche”. Insomma, lo “strumentario è variegato”, scrivono gli autori, e di conseguenza il “giurista ambientale” non può fermarsi ad una formazione ‘tradizionale’, basata su una “concezione settoriale”.
“L’azione pubblica– spiegano Bruno e Benozzo - è già assai presente nel rapporto tra iniziativa economica e tuela dell’ambiente. Le autorizzazioni preventive ambientali sono molteplici (valutazione di impatto ambientale, valutazione ambientale strategica, nulla osta paesistico, valutazione di incidenza, ecc.) e di difficile coordinamento procedurale per l’eterogenesi dei fini. In caso di contaminazione (anche accidentale o storica), le modalità di bonifica e messa in pristino sono effettuate sotto uno stretto controllo delle amministrazioni, quando – invece - in altri Stati ad economia avanzata (anche Europei, quindi nella stessa “cornice” di diritto comunitario, come la Francia) l’intervento degli enti pubblici è solo eventuale e posteriore”.
Eppure, sostengono gli autori, non è attraverso imposizioni sanzionatorie e cogenti che si preservano le (preziose) risorse naturali. È invece necessaria la consapevolezza che l’adozione di misure di gestione razionale delle risorse naturali e la conversione del sistema produttivo verso scelte tecnologiche di minore impatto, aumenta la stessa capacità concorrenziale della nostra economia. Ormai la crescita non può che passare attraverso la rivoluzione produttiva.
Si dovrebbe pertanto intervenire in maniera sistematica sull’intero sistema sanzionatorio ambientale, in modo da superare le irrazionalità di alcuni illeciti (come la violazione occasionale dei limiti legali agli scarichi) e quella sostanziale attuale inefficacia ed iniquità della disciplina, confermata dai dati statistici (le condanne definitive per reati ambientali sono esigue e rare in rapporto alla quantità delle condotte illecite). Solo un intervento generale ed equilibrato di riformulazione dei vincoli ecologici alle imprese potrebbe davvero tutelare l’interesse collettivo della preservazione della natura; un inasprimento legislativo, senza una organica riforma del sistema, potrebbe invece risolversi in un ulteriore (iniquo) vincolo allo sviluppo del sistema produttivo.Due anni fa, con la legge costituzionale n. 1 dell’11/2022, la tutela dell’ambiente della biodiversità e degli ecosistemi è entrata nella Costituzione italiana.