Società

Ultimo sì dal Senato, il Ddl Capitali è legge

Il Governo ha dodici mesi per la messa a punto della riforma. I punti da sviluppare sono una decina e potrebbero anche essere attuati con più decreti delegati

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Arriva l’ultimo sì al Ddl capitali e con il via libera definitivo da parte del Senato il testo è ora legge. L’aula ha approvato le norme con 80 voti a favore, l’astensione delle opposizioni (47) e nessun voto contrario.

IL DOSSIER DI DOCUMENTAZIONE

Il Ddl Capitali mira, secondo il governo, a rendere più attraente il mercato finanziario italiano per gli investitori italiani e stranieri, favorire la quotazione delle Pmi e introdurre l’educazione finanziaria nelle scuole, oltre a fare rientrare alcuni gruppi e marchi italiani che hanno trasferito la loro sede all’estero. Viene attribuita poi una delega all’esecutivo per riformare e aggiornare il Tuf.

Nato in continuità con il precedente esecutivo e in un’atmosfera di sostanziale condivisione da parte delle forze politiche, il Ddl Capitali ha tuttavia subito un iter travagliato lo scorso settembre quando, durante i lavori della commissione finanze del Senato, sono state cambiate alcune parti del testo in particolare quelle sulla lista del cda e sul voto maggiorato. Modifiche che hanno suscitato la reazione di una parte del mercato e degli operatori nazionali (fra cui Assogestioni) e stranieri secondo i quali il nuovo testo favorirebbe eccessivamente le minoranze specie quelle in Generali.

Un fuoco di fila, raccolto anche dalle opposizioni, che ha portato i relatori del provvedimento a riformulare il testo con un lavoro di sintesi delle diverse proposte. Nel provvedimento è stata così prevista la facoltà di introdurre il voto maggiorato con un meccanismo graduale spalmato in 10 anni. Gli investitori stabili potranno vedere crescere i loro diritti di voto fino a 10 per azione posseduta. In quanto alla lista del cda, dopo le diverse modifiche, è previsto che il cda uscente possa presentare una lista con un numero di candidati superiore di un terzo ai posti previsti mentre le liste delle minoranze, se non hanno ottenuto più del 20% dei voti, concorreranno alla ripartizione dei posti in cda in proporzione ai voti ottenuti in assemblea e comunque a esse viene riservato un ammontare non inferiore al 20%. Nell’ipotesi che liste di minoranza superino tale soglia (è previsto uno sbarramento minimo del 3%) l’assegnazione dei posti in cda segue il sistema proporzionale.

Il governo ha dodici mesi per la messa a punto della riforma. I punti da sviluppare sono una decina e potrebbero anche essere attuati con più decreti delegati. Arriverà invece entro 30 giorni dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il regolamento della Consob che renderà operative le norme in tema di lista Cda da parte di società quotate, norme - che stabilisce la legge in modo esplicito - scattano comunque solo dal prossimo anno e dovranno essere applicate a partire dalla prima assemblea successiva al primo gennaio 2025.

La delega al governo riguarda anche altri obiettivi. Si punta a facilitare il passaggio ai mercati regolamentati, a semplificare le regole di governance, a modificare gli oneri amministrativi per le imprese, a rivedere il sistema di controlli evitando sovrapposizione, ad aggiornare i criteri di responsabilità.

La legge ’Capitali’ interviene già da subito su molti altri aspetti. Tra questi le soglie per la comunicazione alla Consob (con l’abrogazione della norma che imponeva ai soggetti con più del 10% di azioni di comunicare alla Consob operazioni fatte anche per interposta persona) e un aspetto della riforma delle banche popolari per le quali la soglia minima dell’attivo per la trasformazione in spa passa da 8 a 16 miliardi.

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