Civile

Costituzione in giudizio anche a mezzo posta se raggiunge lo scopo

Francesco Machina Grifeo

Il vizio derivante dalla «irrituale» costituzione in giudizio mediante invio in cancelleria dell'atto difensivo a mezzo del servizio postale, è sanato dal raggiungimento dello scopo, vale a dire dalla ricezione dell'atto da parte del cancelliere. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza 12509/2015, accogliendo sotto questo profilo il ricorso del Ministero dell'Interno in una controversia con un messo notificatore.

Il caso
- Il giudice di Pace di Biella aveva accolto la domanda del messo che chiedeva circa 1.100 euro a titolo di rimborso per l'attività espletata nella notifica dei certificati elettorali per le elezioni del Parlamento europeo nel 1999. E nel contempo aveva dichiarato «non rituale in quanto effettuata a mezzo posta la costituzione del Ministero» che venne dichiarato contumace.
Giudizio poi confermato anche dalla Corte di appello secondo cui la costituzione del Viminale era «giuridicamente inesistente … senza che potesse attribuirsi rilievo all'apposizione da parte del cancelliere dell'attestazione “depositato” invece che dell'attestazione, più fedelmente descrittiva della realtà, “pervenuto in cancelleria”». E che «una diversa interpretazione sarebbe in radicale contrasto con l'art. 319 c.p.c. (che utilizza il termine “deposito” e non quello di “consegna”) e con il più generale principio relativo al deposito degli atti processuali». Infine, una differente conclusione non sarebbe giustificata neppure dalle sentenze della Corte costituzionale 520/2002 e 98/2004, che hanno introdotto nell'ordinamento la possibilità di una costituzione in giudizio a mezzo posta con riferimento però solo al giudizio tributario e a quello di opposizione a sanzioni amministrative, «in ragione delle specifiche peculiarità di tali giudizi».

Motivazione
- Al contrario, per la Suprema corte, l'invio a mezzo posta dell'atto processuale destinato alla cancelleria (al di fuori delle ipotesi speciali relative al giudizio di cassazione, al giudizio tributario ed a quello di opposizione ad ordinanza ingiunzione) realizza sì un deposito dell'atto irrituale, in quanto non previsto dalla legge, «ma che, riguardando un'attività materiale priva di requisito volitivo autonomo e che non deve necessariamente essere compiuta dal difensore, potendo essere realizzata anche da un nuncius, può essere idoneo a raggiungere lo scopo, con conseguente sanatoria del vizio ex art. 156, terzo comma, c.p.c.». In tal caso, però precisano i giudici, la sanatoria si produce con decorrenza dalla data di ricezione dell'atto da parte del cancelliere ai fini processuali, «ed in nessun caso da quella di spedizione». La Cassazione ha così accolto il ricorso del Ministero e rinviato la causa in decisione al Tribunale di Potenza.

Corte di cassazione - Sezione I civile - Sentenza 17 giugno 2015 n. 12509

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