Professione e Mercato

Anno giudiziario forense: la professione "cresce" ma alcuni problemi restano sul tavolo

di Elena Pasquini

Il ruolo dell'avvocato mantiene la sua centralità nelle relazioni d'inaugurazione dell'anno giudiziario presso il Consiglio nazionale forense. In linea con quanto affermato durante l'ultimo Congresso nazionale forense dello scorso aprile e in parallelo con il deposito in Senato del Ddl per rafforzare la figura dell'avvocato nell'articolo 111 della Costituzione, per il quale si propone di aggiungere un secondo e terzo comma - rispettivamente sull'imprescindibilità del legale nel processo salvo casi «tassativamente previsti dalla legge» e sulla sua funzione di garanzia per «l'effettività della tutela dei diritti e il diritto dell'inviolabilità alla difesa» nonché sulla sua esplicita «libertà, autonomia e indipendenza».
«Gli avvocati sono essenziali non solo nel processo ma per l'esistenza stessa di una democrazia che possa definirsi evoluta» ha affermato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, durante la cerimonia inaugurale del 29 maggio, sottolineando come sia giusto riconoscerne il ruolo in Costituzione e l'approccio collaborativo all'elaborazione di interventi «nei tavoli di confronto che ho voluto istituire in vista della riforma» civile e penale. Una responsabilità sociale dell'avvocatura che ha trovato accoglienza sia nel messaggio inviato dal Capo dello Stato, Sergio Mattarella, sia nelle parole della Presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati. «Un ruolo insostituibile che essa svolge nell'elaborazione della cultura giuridica del Paese - scrive il Presidente della Repubblica - per il quale è chiamata a promuovere la tutela dei diritti fondamentali della persona in una società in dinamico mutamento». Un orizzonte professionale, istituzionale e culturale che sarebbe cristallizzato dall'inserimento nella Carta rispetto al quale la Casellati ha affermato: «Non vedo ragione per non riconoscerlo» tanto più che si tratterebbe di «un orizzonte determinato non tanto dalle dinamiche privatistiche del mercato quanto dalla realizzazione di quei valori costituzionali che sono alla base della coessenzialità della professione forense con la giurisdizione».

Avvocati "compositori" - Concetti che sono echeggiati più volte nella prima cerimonia d'inaugurazione dell'anno forense presso il Cnf cui ha partecipato il Presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi. «Dobbiamo avere ben chiara la nostra centralità rispetto a un'idea di società solidale» ha dichiarato anche il presidente del Consiglio nazionale forense, Andrea Mascherin. Che, con un rimando diretto a quanto affermato in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario presso la Corte di cassazione a fine gennaio, ha ripreso i concetti di "comunità", di "solidarietà" e di "cultura del dubbio" intesa come capacità di dubitare delle proprie idee e inserirle in un sistema dinamico di ascolto, proposizione e composizione successiva. La crisi che sta colpendo in maniera importante anche la classe forense, ha spiegato Mascherin parlando a "braccio" ai presenti, non può far dimenticare il ruolo dell'avvocatura, chiamata a «promuovere una società fondata sulla composizione» - anche attraverso la funzione tecnica nelle liti e nei processi - che garantisca lo sviluppo di una società in via rettilinea e non cristallizzi posizioni di forza come chi, attraverso messaggi assertivi e senza dibattito, utilizza un linguaggio d'odio per «far salire la società su una giostra che gira in tondo».
Se gli avvocati sono «i custodi del contratto Stato/cittadino», sostiene il presidente Cnf, un'avvocatura forte permette di equilibrare il potere della magistratura e lo Stato stesso, fondato sulla legittimità del suo sistema di giustizia. L'idea di garantismo, però, deve essere lucida e razionale, senza mai sfociare nel giustizialismo perché la «sicurezza sociale non è garantita dall'esaltazione della difesa personale o dall'inasprimento delle pene ma da un sistema processuale equo, giusto, equilibrato per cui è necessaria una giurisdizione autonoma e indipendente, anche lato avvocatura».

Oltre la funzione giudiziale - L'essenzialità del ruolo del professionista forense è ribadita anche dal Primo Presidente della Corte di cassazione, Giovanni Mammone. I progetti di revisione radicali di alcune norme fondamentali per il sistema Paese, non ultima la riscrittura di parte del codice civile, sono opportunità di «allargamento dell'immagine professionale della categoria» per Mammone, chiamata a partecipare soprattutto al momento attuativo della norma, a interpretare la nuova legislazione a favore del cittadino in una fase precontenziosa e, in modo più ampio, ad agire per una prevenzione delle controversie stesse attraverso i nuovi istituti giuridici (conciliazione, mediazione e negoziazione assistita). Pratiche professionali che aggiungono opportunità di servizio al cittadino da parte dell'avvocato: «Funzioni non nuove - ha affermato il Presidente della Suprema corte - perché inserite nella naturale dimensione tecnico-professionale di ogni avvocato, ma rese più evidenti dalla diversa conformazione dell'odierno vivere sociale. È importante siano riconosciute in sede istituzionale, al pari di quella più tradizionale della difesa dei diritti della parte processuale nell'ambito del giudizio civile e penale».

La platea di riferimento - Sono gli stessi numeri, d'altro canto, a raccontare un'evoluzione della professione nel senso dell'ampliamento delle applicazioni quotidiane delle competenze acquisite. Tre dati, tra tutti quelli messi a disposizione dal Consiglio nazionale forense e in parte riportati in queste pagine, aprono uno spunto di riflessione sulle sfide future dell'avvocatura italiana.

Si tratta delle variazioni annuali degli iscritti all'albo telematico nell'arco di un decennio: dal 2008 al 2018 (ultimo dato cristallizzato disponibile, ndr), gli avvocati sono aumentati del 34,57% mentre i praticanti hanno fatto registrare una crescita più che doppia. Sono passati dai 9.775 del 2008 ai quasi 56mila dello scorso anno (+82,50%), con una crescita che da 2017 è salita oltre il 20% sull'anno precedente. Numeri che, tra l'altro, risentono di quelle che il Cnf definisce «limitazioni relative alla mancata comunicazione del dato o alla sua comunicazione parziale da parte degli Ordini». E che, come purtroppo accade di consueto, devono far molto riflettere rispetto alle specifiche della territorialità del dato. Al netto di Milano, per cui non sono riportati dati di dettaglio, e della pressoché ovvia concentrazione su Roma e Napoli (rispettivamente con 6.697 e 6.015 iscritti tra praticanti e abilitati), è l'ordine di Catania a far registrare il numero maggiore di iscritti con 2.721 praticanti e 149 abilitati per un totale di 2.870 unità, pari al 34% sul totale degli avvocati dell'Ordine di riferimento. Un punto percentuale in più nel caso di Palermo, l'altro ordine in cui il numero di "aspiranti" professionisti è fermo, si fa per dire, a 2.838, mentre nel caso di Bari - l'altra città ad alto tasso di praticanti - sono 1.909 le unità attive, con un rapporto con gli avvocati pari al 21 per cento. La particolarità della cittadina pugliese è anche un'altra: nell'intera ricognizione sugli ordini ha una percentuale di donne inferiore al 50% (43,5%), accompagnata da Torre Annunziata e Caltanissetta che però hanno un valore vicino alla media nazionale e rispettivamente pari al 47,5% e 49% complessivo (in quest'ultimo caso superiore alla media nazionale delle donne avvocato). Quasi un altro mondo rispetto ai prospetti di Mantova e Spoleto dove le abilitate superano l'80% del totale (rispettivamente 88 e 82 per cento), facendo immaginare un futuro sempre più "rosa" per la categoria. Anche dove l'equilibrio tra generi è mantenuto ai livelli mediani, infatti, la tendenza al sorpasso è chiara: in futuro agli esami si presenteranno più donne che uomini, andando velocemente a intaccare quell'1,93% di quote maschili in sovrabbondanza rispetto alle colleghe.
Intanto c'è già una sostanziale parità di genere a Cagliari dove i 2.707 avvocati iscritti si dividono equamente in maschi e femmine con appena uno "zero virgola" a segnare la differenza in valore assoluto. Cosa che non accade a Sulmona dove sono iscritti 136 avvocati e 135 avvocatesse: un 50% sostanziale.

Avvocati e professionisti forensi - Come ormai da anni attestato da tutte le statistiche, siano esse interne agli organi forensi o demandate a enti di ricerca come il Censis, l'evidente femminilizzazione trova un riscontro nell'assottigliamento della distanza nel numero di avvocati e avvocatesse, che sembra velocizzarsi.
Il resoconto del 2017 dava, infatti, una crescita dello 0,05 nella percentuale di donne iscritte all'albo mentre in un solo anno l'incremento è stato dello 0,23%, tale per cui al 31 dicembre 2018 le professioniste erano 120.185 (48,07%) a fronte di 129.828 professionisti.
Costante la crescita numerica anche alle voci "stabiliti" mentre sui dati aggiornati al 31 dicembre con il calcolo rispetto all'ultimo dato pubblicato per il 2018, la variazione sui legali enti pubblici si attesta su un -25,1% (che però presenta una discrepanza rispetto a quanto riportato nella tabella - sempre Cnf - sulle variazioni annuali nel decennio 2008-2018. Per correttezza abbiamo riportato entrambe le versioni senza elaborazioni).
Resta sotto i riflettori la questione dell'incremento costante, anche se meno importante, della popolazione forense che tanto pesa sulle prospettive future. Il totale dei professionisti cresciuto del 43,45% in dieci anni, tra l'altro aumentando la sua corsa nel 2017 e nel 2018.

L'accesso - Cosa succede agli esami? Non si sa. Come già accaduto in passato, infatti, non c'è traccia di ulteriori aggiornamenti sulle prove sostenute nell'anno. L'ultimo aggiornamento ufficiale risale infatti all'inaugurazione dello scorso anno giudiziario mentre quest'anno nulla è stato indicato in merito.

Questione formazione - Prosegue il percorso di complessivo adeguamento all'utilizzo esclusivo della piattaforma informatica del Consiglio nazionale forense (Griac) sia per il deposito delle istanze relative al riconoscimento dei crediti formativi di eventi sia per lo svolgimento delle attività formative. Ciò ha permesso di snellire considerevolmente la procedura di lavorazione dei documenti a beneficio tanto dei fruitori quanto della Commissione.

Rispetto al 2017, i depositi complessivi sulla piattaforma sono diminuiti di 809 istanze - passate da 4.336 a 3.527 - per la metà relativi a domande di riconoscimento dei crediti per pubblicazioni in materie giuridiche (erano state 1.215 nel 2017 mentre nell'ultimo anno sono diventate 796). In senso inverso invece l'andamento delle richieste di accreditamento per eventi frontali, passati da 953 a 999 nello scorso anno, come anche per l'e-learning che conferma il suo fascino con 815 istanze al posto delle 793 nel 2017.
In generale, si assiste a una complessiva delega agli enti formatori delle attività mentre si assottiglia fortemente la proattività per il riconoscimento dei crediti a seguito di attività del singolo. Il numero dei depositi non lascia spazio a dubbi: le richieste degli enti sono aumentate di circa 100 unità mentre quelle autonome si sono ridotte del 40% (-919 istanze).
Anche in questo materiale, sono stati omesse alcune informazioni riportate in precedenza, come quelle relative alla concessione del patrocinio morale da parte del Cnf.

Gli iscritti all'albo

La fotografia dell'avvocatura a inizio 2019

L'evoluzione decennale

I numeri dei patrocinanti in cassazione (anno 2018)

La formazione

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