Penale

Emoderivati, niente prova del nesso di causalità

di Alessandro Galimberti

È una lunga e articolata motivazione quella con cui la VI sezione penale del Tribunale di Napoli ha mandato assolti - lo scorso 25 marzo - i nove imputati per lo scandalo degli emoderivati. L’accusa era per tutti di aver provocato in cooperazione colposa la morte di nove pazienti emofilici, curati fino alla fine degli anni ’80 con prodotti contenenti i virus (tra gli altri) dell’epatite C e dell’Hiv.

La motivazione del verdetto, depositata extra termine per la complessità della monumentale istruttoria, spiega i termini giuridici del proscioglimento amplissimo («il fatto non sussiste») a partire dall’ex Direttore generale del servizio farmaceutico nazionale (e presidente della Commissione trasfusione sangue e presidente della Commissione unica del farmaco) Duilio Poggiolini, oltre a diversi apicali di aziende farmaceutiche e all’ex direttore di Aima derivati.

Il giudice estensore, Antonio Palumbo, ricostruisce dall’inizio la vicenda processuale - questo dibattimento era figlio del processo per «epidemia colposa» chiuso a Trento nel 2003, anche lì con un proscioglimento generale - ripercorrendo tutte le tappe storiche del commercio dei preparati salvavita, della loro origine e della loro somministrazione. Il magistrato prende però atto della indimostrabilità di tutte le contestazioni giuridiche formulate su decessi ormai lontani nel tempo (avvenuti tra il 2000 e il 2009), nessuno dei quali peraltro seguito da autopsia, soprattutto dei pilastri attorno ai quali sono state costruite le imputazioni.

In particolare, scrive il tribunale, non è stato possibile in nessun caso stabilire il momento di contrazione dell’infezione letale da parte del paziente, né individuare il lotto di emoderivato sospetto (e dimostrarne a seguire l’efficacia eziologica nell’evento morte) e quindi imputare i fatti alternativamente a una o più delle varie aziende portate a processo. La ricostruzione clinica è resa poi impossibile dalla natura della patologia emofilica - che è ereditaria, si manifesta nei primi anni di vita e veniva curata dall’inizio con una pluralità di terapie, spesso tra loro concorrenti se non anche contemporanee - con l’ulteriore complicazione delle certificazioni che all’epoca assistevano i farmaci utilizzati. In particolare, gran parte degli emoderivati veniva prodotto con plasma proveniente dagli Usa, garantito dalla Food and Drug Administration, nonostante ci fossero alla fonte donatori professionisti (vietati in Europa) in situazioni ritenute (successivamente) a rischio, come per esempio la popolazione carceraria. Le difese degli imputati hanno dimostrato che a partire dall’1987/88, quando ormai fu chiaro il veicolo di trasmissione delle patologie di causa - le norme nazionali e le prassi aziendali avevano innalzato il livello di precauzione nei preparati, facendosi autorizzare periodicamente i cicli virucidi.

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