Civile

Protesto cambiario, banca responsabile se non comunica subito il pagamento

Francesco Machina Grifeo

Scatta l'inadempimento della banca, per condotta omissiva, nel caso in cui non comunichi tempestivamente al pubblico ufficiale - in questo caso il notaio - il pagamento della cambiale anche se avvenuto nell'ultimo momento utile, così bloccando il protesto. Non solo, qualora il pagamento sia avvenuto "troppo tardi" per interrompere il meccanismo, ad esempio il giorno successivo alla scadenza del termine, come tuttavia consentito dalla legge cambiaria, la banca deve comunque darne avviso al debitore perché appronti i rimedi di legge «per limitare il pregiudizio conseguente alla pubblicazione». Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 2549 di oggi, accogliendo, con rinvio, il ricorso di un correntista contro Unicredit (quale incorporante del Banco di Sicilia) e chiarendo che ove comunque sia intervenuta la levata del protesto, la banca deve restituire la provvista.

Secondo i giudici di merito, invece, siccome il pagamento era avvenuto con due giorni di ritardo rispetto alla scadenza, «l'elevazione del protesto non poteva ritenersi determinata dall'istituto di credito». Contro questa lettura ha proposto ricorso il correntista affermando che il giorno della scadenza cadeva di domenica per cui il ritardo era di un solo giorno come consentito dall'articolo 43 del Rd 1699/1933.

Per la Suprema corte siamo di fronte a una responsabilità di natura «contrattuale», dal momento che il debitore «aveva dato ordine alla banca di addebito della cambiale in conto corrente (come consentito dall'art. 4 della legge cambiaria), con una disposizione quindi riconducibile a contratto di mandato». Peraltro, prosegue la decisione, «l'obbligo della banca di attivarsi immediatamente per impedire la levata del protesto deriva comunque dalla clausola generale della buona fede oggettiva o correttezza, ex art. 1175 c.c.». È allora «indubitabile», prosegue la Corte, che l'istituto di credito, «accettando sic e simpliciter il pagamento del titolo con addebito in conto corrente (peraltro con valuta del giorno della sua scadenza), nonostante il ritardo, peraltro minimo, rispetto alla stessa scadenza, abbia ingenerato nel debitore il ragionevole affidamento che con l'intervenuta estinzione del debito sarebbe venuto meno ogni rischio dell'elevazione del protesto».

Infine, per i giudici di legittimità, non è neppure condivisibile il ragionamento del giudice di primo grado sui tempi necessari per consentire alla somma pagata alla Banca di giungere materialmente nella sfera giuridica del destinatario, «è infatti evidente - conclude sul punto la decisione - che, essendo stato deciso come luogo di pagamento della cambiale quello di un terzo (la Banca), l'obbligazione è estinta con il pagamento del titolo presso lo stesso istituto di credito».

La Corte di appello di Messina dovrà dunque procedere a un nuovo giudizio applicando il seguente principio di diritto: «Gli obblighi di diligenza che gravano su una banca cui sia stato conferito mandato al pagamento di una cambiale, impongono, una volta avvenuto l'atto solutorio, di attivarsi immediatamente per intervenire sul processo di levata del protesto, e, ove tale meccanismo si trovi a una fase così avanzata da non poter essere più interrotto, di avvisare prontamente il mandante al fine consentirgli di accedere tempestivamente alla procedura di cancellazione del protesto, secondo quanto previsto dall'art. 12 L. 349 del 1973, salvo in ogni caso l'obbligo per la banca - ove sia intervenuta comunque la levata del protesto - di restituire la provvista utilizzata per l'operazione non andata a buon fine».

Corte di cassazione – Sentenza 4 febbraio 2020 n. 2549

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