Professione e Mercato

Smart working in Tribunale, si riparte tra vacanze di organico e avvocati sul piede di guerra

Il dato nazionale delle scoperture è intorno al 20%, i penalisti chiedono la Pec per il deposito atti mentre i civilisti denunciano che il personale di cancelleria non può accedere da remoto

di Francesco Machina Grifeo

L'allarme lo aveva lanciato la settimana scorsa il Presidente del Tribunale di Bologna, Francesco Caruso, affermando lapidario: "Con il 50% di smart working il tribunale chiude". Nel mirino era finito l' accordo firmato il 14 ottobre da Ministero e sindacati che prevede l'accesso al lavoro agile "per almeno il 50% del personale addetto alle attività cd. smartabili anche attraverso il ricorso a meccanismi di rotazione e a modalità

orizzontale".

Una percentuale poi confermata nei giorni scorsi dai Dpcm emanati per fronteggiare l'emergenza Covid. Mentre è di ieri la firma del decreto attuativo del Ministero per la Pubblica Amministrazione, Fabiana Dadone , in cui tra l'altro si legge: "ciascun dirigente, con immediatezza" dovrà organizzare il proprio ufficio "assicurando, su base giornaliera, settimanale o plurisettimanale, lo svolgimento del lavoro agile almeno al cinquanta per cento del personale preposto alle attività che possono essere svolte secondo tale modalità".

"Tutti i presidenti di tribunale - aveva ammonito Caruso - sono in grande agitazione". "La nostra organizzazione - aveva spiegato Caruso - non è compatibile con lo smart working a causa dei gravissimi problemi di organico, con un 30% di personale mancante". Una condizione però in cui versano molti tribunali italiani.

Nel febbraio scorso, per esempio, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario, l'allora Presidente del Tribunale di Roma (dove si registrano diversi casi positivi nel personale e la chiusura di un altro corridoio), Francesco Monastero, aveva denunciato una scopertura di circa il 35% dell'organico : "percentuale che cresce per arrivare a circa il 50% in relazione a determinate categorie di dipendenti (funzionari amministrativi)". "Una percentuale - lamentava - eccezionalmente elevata non solo in assoluto ma anche in relazione al dato nazionale che sembra attestarsi su circa il 20/25%". Dunque, la situazione di Bologna più che l'eccezione sembrerebbe la norma.

Più cauto il Presidente del Tribunale di Torino, Massimo Terzi, secondo cui è "prematuro fare valutazioni". Mentre coglie degli aspetti positivi il Presidente del Tribunale di Milano (dove salgono a 3 i Pm positivi, oltre due magistrati), Roberto Bichi, nonostante - sono dati dei sindacati - un tasso di scopertura del 25%. "Ancora non è possibile fare una previsione certa sugli effetti del lavoro agile", afferma. "Si parla sempre di smart working per i settori dove è possibile; pertanto molto dipende dalle soluzioni a livello locale e dalla trattativa con il personale e sindacale". "L'unica novità - prosegue Bichi - è la distribuzione di una fornitura di personal computer abilitati all'accesso ai registri Sicid e Siecic; con essi si dovrebbe consentire l'accesso da casa ai registri della cognizione civile ordinaria e al registro delle procedure esecutive". Riguardo al penale ovviamente permane l'esigenza della presenza del personale per l'assistenza d'udienza". "Certo è – conclude - che la prospettiva è una rimodulazione dell'attività giudiziaria in diminuzione, come e di quanto dipende da fattori ancora in esame e da valutare".

Ampie scoperture di personale sono presenti anche nelle Corti di secondo grado. Nella Relazione di apertura sempre di quest'anno, l'ex Presidente della Corte di Appello di Milano, Marina Anna Tavassi, scriveva "nell'attualità il tasso di scopertura è pari al 29,6%, attestandosi su livelli ben superiori a quelli della media nazionale", che secondo i dati contenuti nella Relazione sull'amministrazione della giustizia del Ministero sono pari al 20,25%.

L'accordo sul lavoro agile infiamma anche i penalisti che in un lettera al Ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, lamentano "il disinteresse del Governo verso gli avvocati". E chiedono "la adozione di un provvedimento normativo che dia finalmente copertura legale al deposito a mezzo Pec degli atti processuali (impugnazioni, memorie, istanze, documenti) da parte degli avvocati difensori". "Solo così - scrivono il Eriberto Rosso e Gian Domenico Caiazza, segretario e presidente delle Camere penali - si può interrompere lo spettacolo indecoroso di avvocati trattati come intrusi e costretti a districarci tra divieti, cancellerie chiuse senza spiegazioni, prenotazioni cervellotiche per l'accesso, file ed ore di attesa con relativi assembramenti, che ci espongono a rischi di contagio evidentemente – questi - privi di rilevanza e di allarme sociale".

Sul piede di guerra anche i civilisti. Il Presidente dell'Unione della Camere civili, Antonio de Notaristefani, attacca su Facebook: "Si torna a parlare di smart working che, però, nel settore della giustizia non si può fare: il personale di cancelleria continua a non poter accedere da remoto". "Certo, corre voce che sarebbero stati acquistati dei computer che potrebbero consentire di farlo: quando? Mistero".

"Sarebbe così complicato - incalza de Notaristefani - adottare dei correttivi, ad esempio prevedendo che, sino a che il personale non potrà accedere da remoto al SICID le note di trattazione scritta siano facoltative, e possano essere scambiate mediante mail anche con il giudice, oltre che tra le parti? Possibile che nessuno di noi debba sapere se la giustizia chiuderà di nuovo, oppure no?".

"Che sia venuto il momento - conclude - di pensare ad una riforma davvero epocale e, invece di manomettere il codice di rito, cercare di far sì che il mondo della giustizia civile la smetta di confondere la indipendenza con la autoreferenzialità?"

Intanto il Ministero, con la circolare del 20 ottobre, ha reso noto di aver già distribuito agli uffici 3.000 PC portatili mentre " altri 5.000 saranno a breve diffusi". Sempre "a breve, si legge, potranno essere disponibili e utilizzati da remoto anche i registri di area civile SICID, SIECIC e SIGP e le Consolle unificate di amministrazione (CUA) SICI e SIECIC" che consentiranno "la gestione remotizzata di tutta l'area dei registri civili, volntaria giurisdizione, fallimentare ed esecuzioni e dei servizi civili del giudici di pace".

Tuttavia la circolare rileva che "pur avendo reso disponibili i sistemi di gestione amministrativa sopra indicati, accreditando nei sistemi stessi circa 10.040 unità (rilevazione al 12 ottobre 2020) di personale rispetto alle oltre 32.200 in servizio, ad oggi gli utenti effettivamente monitorati quali effettivi utilizzatori dei sistemi da remoto sono in numero assolutamente inferiore agli accreditati".

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