Civile

Riforma banche popolari, sì ai limiti sui rimborsi ai soci

di Corrado Sforza Fogliani

La Corte di Giustizia europea ieri ha risolto le questioni di diritto che erano state portate al suo esame dal Consiglio di Stato ma ha rimesso la palla a quest’ultimo perché decida le conseguenze nel caso concreto dei principii di diritto fissati.

Le questioni erano state sollevate nell’ambito di controversie pendenti tra diverse organizzazioni e soggetti singoli da una parte e la Banca d’Italia e la Presidenza del Consiglio italiana nonché il Mef dall’altra, in merito ad atti amministrativi adottati dalla stessa Banca d’Italia nell’ambito dei suoi compiti di vigilanza prudenziale. Si tratta di controversie nate nell’ambito della riforma delle Popolari varata nel 2015 e per effetto di una norma della stessa che attribuiva alla Banca d’Italia il compito di emanare atti attuativi, impugnati davanti al Tar Lazio, che aveva peraltro respinto i relativi ricorsi così come la Corte Costituzionale aveva dichiarato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate in sede di giudizio d’appello, dal Consiglio di Stato, che aveva comunque sospeso l’attuazione della riforma (dalla quale dipende, in particolare, la sorte, oramai, della sola Banca Popolare di Sondrio) fino alla decisione delle controversie nel merito.

Dopo aver risolto numerose questioni di natura pregiudiziale e preliminare, tutte sollevate con ordinanza del 18 ottobre 2018, la sentenza - che nel suo complesso ha sostanzialmente accolto le conclusioni dell’Avvocato generale - si pronuncia sia sulla questione della soglia stabilita dal legislatore italiano per sancire l’obbligo delle Banche Popolari a convertirsi sia sulla questione del rimborso della quota dei soci recedenti.

Sulla prima (la più importante, nei suoi effetti pratici e generali), la Corte europea ha stabilito che la normativa europea non pone ostacoli a che la normativa di uno Stato dell’Unione fissi una soglia di attivo (nel caso della riforma italiana, 8 miliardi) per l’esercizio di attività bancarie da parte di Banche Popolari costituite in forma di società cooperative, al di sopra della quale le banche di tale categoria siano obbligate a trasformarsi in spa, a ridurre l’attivo al di sotto della soglia stabilita o a procedere alla loro liquidazione. Questo peraltro - sempre per quanto dispone la sentenza europea - a condizione che la normativa del Paese membro sia idonea a garantire la realizzazione degli obiettivi di interesse generale perseguiti e, nel contempo, non ecceda quanto necessario per il loro raggiungimento. Valutazioni che la Corte di Giustizia dice espressamente spettino “al giudice del rinvio” (nel caso, come s'é detto, il Consiglio di Stato).

Sulla seconda questione (che potrebbe interessare anche banche ex Popolari convertite), la Corte di Giustizia ha analogamente stabilito che la normativa europea non osta ad una normativa che vieti alle Banche Popolari di rifiutare il rimborso delle quote di capitale dei soci recedenti ma che consenta a tali banche di rinviare per un periodo illimitato il rimborso della quota sociale e di limitare in tutto o in parte l'importo di tale rimborso. Tutto ciò a condizione che i limiti di rimborso decisi nell’esercizio di tale facoltà non eccedano quanto necessario, «tenuto conto della situazione prudenziale di dette banche», al fine di «garantire che gli strumenti di capitale da essi emessi siano considerati strumenti del capitale primario di classe 1». Circostanza - ha detto ancora la Corte - che spetterà al Consiglio di Stato verificare.

Corte di giustizia Ue, sentenza 16 giugno 2020 nella Causa C- 686/18

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