Responsabilità

Vendita diamanti, banca condannata al risarcimento per violazione degli obblighi informativi

Commento a ordinanza Tribunale di Venezia 8.02.21

di Alessandro Filippi*


In data 8.02.21 il Tribunale di Venezia, con l'ordinanza del Giudice Dott. Antonio Salerno, accogliendo il ricorso ex art. 702 bis di una risparmiatrice veneziana, ha condannato la Banca B. al risarcimento del danno per la violazione dei doveri informativi nella vendita di diamanti in Banca.

La pronuncia è molto importante in quanto è la prima del Tribunale di Venezia in materia di diamanti da investimento e si allinea a quelle precedenti ( Tribunale di Verona ord. 23.05.19, Tribunale di Modena, ord. 19.11.19, Trib. Modena ord. 352/20 e Trib, Milano Ord. 14.10.20 ) che individuano la fonte della responsabilità nel "contatto sociale qualificato" e nella violazione dei doveri informativi.

Il Tribunale Veneziano ha riconosciuto la responsabilità contrattuale da "contatto" della Banca che nel proporre i diamanti alla ricorrente non ha adeguatamente informato la stessa del vero valore delle pietre, offerte ad un prezzo di 5/6 volte superiore al valore reale, dei rischi dell'investimento e della assenza di liquidabilità dello stesso.

Il Giudice veneziano ha statuito che l'asimmetria informativa esistente tra banca e cliente doveva esser colmata con l'osservanza da parte della banca dei doveri di: "trasparenza, chiarezza, lealtà e correttezza" specialmente nel caso in cui vi sia un rapporto di fiducia come quello esistente tra la cliente ed il proprio istituto di credito.

Nella ricostruzione dei fatti invece la Banca, nel consegnare la documentazione alla risparmiatrice, ha omesso di comunicare che il valore delle pietre era di gran lunga inferiore al prezzo di acquisto che veniva mostrato come quotazione sui grafici del quotidiano il Sole 24 Ore ingenerando l'idea che si trattasse di valore intrinseco quando invece era un listino prezzi. La difesa della Banca eccepiva che la risparmiatrice avrebbe potuto accorgersi che il valore delle pietre poteva avere delle commissioni. Tesi non accolta appunto perché, ribadisce il tribunale lagunare, è l'istituto di credito che, in ottemperanza dei doveri di solidarietà sociale di cui agli artt. 1173 c.c. e 2 Cost., avrebbe dovuto fornire la corretta informazione sulla convenienza o meno dell'investimento ad un proprio cliente.

La pronuncia, inoltre, è significativa perché ribadisce i principi generali in tema di responsabilità contrattuale, soprattutto, nel caso di un procedimento incardinato con un rito sommario ex art 702 bis.

Stante la prova documentale dell'inadempimento ai doveri informativi fornita dalla ricorrente, era onere della Banca provare e dedurre a contrario, anche per es. per il tramite di un proprio funzionario, che la sua attività non avrebbe in alcun modo influito sulla volontà della attrice nel concludere il contratto di compravendita dei diamanti, ma in tal senso non vi è stata dalla banca alcuna formulazione istruttoria.

Continua il Giudice, inoltre, rilevando che l'attività di "segnalazione" della banca non la esenta da responsabilità, rientrando la stessa nelle condotte ascrivibili alla responsabilità da "contatto" e soprattutto in relazione al fatto che la Banca per tale attività percepiva una provvigione del 18%.

E' evidente, precisa il Tribunale veneziano, che: "l'entità di quella commissione non poteva giustificarsi se non implicando un'attività propositiva dell'acquisto dei diamanti da parte dell'istituto di credito".

Relativamente alla quantificazione del danno lo stesso è stato determinato in via equitativa basandosi sulla perizia prodotta dalla ricorrente che evidenziava la differenza tra il prezzo di acquisto ed il reale valore delle pietre stimato sulla base del l istino Rapaport.

Rilevante il punto ove il Giudicante evidenzia che una contestazione generica della perizia non basta in quanto la Banca non ha fornito una valutazione alternativa né richiesto in via istruttoria una CTU.

Le banche sono state il canale attraverso il quale i diamanti sono stati collocati agli ignari clienti. Il fatto che l'investimento in questione fosse proposto da parte del personale bancario forniva ampia credibilità alle informazioni contenute nel materiale promozionale così da determinare il cliente all'acquisto proprio in base alla Fiducia che esso aveva dell'istituto di credito.

Dopo le azioni illiquide di alcune banche, i risparmiatori credevano di investire il danaro in un "bene rifugio" o almeno ciò era quello che la Banca garantiva al cliente ma lo stesso non venendo informato che l'investimento era rischioso, difficilmente liquidabile e con delle commissioni di uscita altissime, generava di fatto l'impossibilità di rivendere le pietre stante l'assenza di mercato.

L'orientamento a favore dei risparmiatori si sta consolidando.
Ad oggi le pronunce favorevoli sono 9: Tribunale di Verona 20.05.19, Tribunale di Modena 19.11.19, Tribunale di Lucca 22.11.19, Tribunale di Modena 10.03.19, Tribunale di Lucca 4.09.20, Tribunale di Milano 14.10.20, Tribunale di Genova, 10.01.21, Tribunale di Lucca 22.01.21, ed appunto Tribunale di Venezia 08.02.21.

E' importante, quindi, predisporre una azione ben strutturata e argomentata sui temi della responsabilità contrattuale e dell'onere della prova, sostenuta da una perizia sulle pietre.

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*Studio Legale LEX HUB

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