Civile

Covid-19, crisi da sovraindebitamento: sì al rinvio delle rate

di Francesco Machina Grifeo

Sì al rinvio del Piano per l'uscita dalla crisi da sovra indebitamento del consumatore per l'emergenza Covid-19. Il Tribunale di Napoli ha infatti accolto l'istanza di un padre di famiglia che nel corso della procedura di omologa, dopo aver ottenuto il benestare al Piano da parte dell'Organismo di composizione della crisi (Occ), aveva chiesto il differimento al 1° ottobre del pagamento delle rate a causa della messa in cassa integrazione.

Per il Giudice delegato (Nicola Graziano) a giustificare il rinvio è l'articolo 91 del Dl "Cura Italia" che detta una serie di disposizioni in materia ritardi o inadempimenti contrattuali derivanti dall'attuazione delle misure di contenimento". E che seppure "riferito a vicende contrattuali e non a vicende caratterizzate da profili procedurali in senso ampio come il caso del piano del consumatore, può essere considerata norma di carattere generale per la interpretazione delle conseguenze dell'attuazione delle misure di contenimento del Coronavirus".

Il caso - È una storia come tante, benché drammatica, quella dell'operaio istante. Le vicende della vita lo avevano portato ad accumulare un debito di circa 90 mila euro – di cui il 90% verso società finanziarie ed il 10% verso Equitalia - a partire dal 1995. In quell'anno, dopo essersi sposato, aveva chiesto un prestito di 30mila euro per ristrutturare la casa popolare in cui viveva ma, qualche anno dopo, a seguito della separazione e del successivo trasferimento della moglie, quei soldi erano andati persi. Aveva infatti dovuto lasciare l'appartamento e affittarne uno nuovo. Le spese per gli alimenti ed i viaggi per andare a trovare la figlia, ora maggiorenne, l'avevano poi portato a contrarre nuovi debiti.

Il piano anticrisi - Il piano di rientro parziale si fondava sullo stipendio di 1500 euro mensili che però tolte le spese fisse, consentiva una rata non superiore ai 300 euro, per un periodo di otto anni, da destinare ai creditori. Per il Tribunale il piano era meritevole di omologa. Senonchè, nelle more, attraverso l'Occ, era arrivata, via Pec, la richiesta di differimento a seguito della messa in cassa integrazione all'80% "ai sensi del decreto legge Cura Italia" del richiedente, che così perdeva proprio quei 300 euro che aveva destinato alla risoluzione della crisi.

La motivazione - Per il Tribunale, il Dl "Cura Italia" ha messo "nelle mani del giudice" uno "strumento per valutare l'istanza di differimento del termine da cui iniziare a far decorrere l'adempimento delle obbligazioni assunte con il piano del consumatore". In questo senso, prosegue la decisione, "depongono anche una serie di altre disposizioni come, ad esempio, le norme sulla proroga fino al 30 settembre 2020, dei contratti di finanziamento; la moratoria, sempre fino al 30 settembre 2020, delle rate in scadenza dei mutui, prestiti, leasing; inoltre, con riferimento ai crediti erariali, e precisamente per carichi iscritti a ruolo, le norme che prevedono la sospensione dei pagamenti e la sospensione dell'attività di riscossione, ivi compresi gli atti esecutivi e cautelari".

Le norme del codice civile - "Fin qui – allarga lo sguardo la decisione - emerge che non è stato necessario ricorrere alle norme generali che disciplinano i modelli civilistici della rilevanza della impossibilità sopravvenuta della prestazione, ma non si può tacere che, se non ci fosse stata la sopra detta disciplina speciale, proprio la ratio che ispira l'art. 91 sopra citato e le norme del codice civile che dettano la disciplina dell'inadempimento (o della impossibilità dell'esatto adempimento) da parte del debitore per causa a lui non imputabile sarebbero state utili a chiarire i termini della questione, ed ancor prima le norme sulla buona fede, correttezza e l'equità come ulteriore fonti immanenti ogni rapporto obbligatorio". Principi a cui il legislatore fa espresso riferimento anche nel Codice della Crisi "laddove all'art. 4 rubricato 'doveri delle parti' si disciplina l'obbligo del comportamento del debitore e del creditore secondo buona fede e correttezza e il dovere di leale collaborazione tra le parti coinvolte nelle procedure di composizione della crisi e nella loro esecuzione".

La valutazione del giudice - Infine, la decisione ricorda che il Tribunale è chiamato, in sede di omologa, ad una valutazione circa la meritevolezza del consumatore e la fattibilità del piano. "È di tutta evidenza - si legge - che tal valutazione non può che essere effettuata dal Tribunale anche nella sede in cui è chiamato a decidere sulla istanza del debitore per ottenere la modifica del piano ex art, 13, comma IV ter". Ed in questo caso, conclude, "è chiaro che di meritevolezza nella fase della esecuzione del piano deve parlarsi, nel senso della non imputabilità al debitore della causa che non rende possibile l'esatto adempimento". Del resto, "appare evidente che solo l'accoglimento della istanza renderebbe ancora fattibile il piano che altrimenti se si richiedesse l'immediato adempimento non sarebbe più fattibile per mancanza di uno dei presupposti (lo stipendio mensile non congruo rispetto alla proposta visto la messa in cassa integrazione del proponente che è ridotto almeno fino alla data del 1° ottobre 2020)".

Il commento dell'esperto - "Si tratta di un provvedimento di grande rilievo poiché è la prima decisione sul tema della impossibilità sopravvenuta ad adempiere a causa del Covid-19", afferma l'avvocato Danilo Scarlino, esperto in materia. "La decsione infatti pur essendo interinale (decreto) ed emessa all'interno di un procedimento per sovraindebitamento di persona fisica, esprime un orientamento a valenza generalizzata (quanto all'applicazione degli artt. 1218 e 1223 del c.c.) . La natura eccezionale della situazione attuale sarà valorizzata per esimere dall'adempimento di obbligazioni divenute sostanzialmente impossibili".

Tribunale di Napoli – Decisione 3 aprile 2020

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