Società

La "riscoperta" dell'abuso di dipendenza economica tra Public e Private Enforcement

Secondo la definizione classica che ne danno gli economisti, il potere di mercato consiste nella capacità di un'impresa di fissare il prezzo di vendita dei propri prodotti o servizi al sopra del costo marginale degli stessi, ossia nella capacità di massimizzare i propri profitti.

di Edoardo Gambaro e Pietro Missanelli *


Secondo la definizione classica che ne danno gli economisti, il potere di mercato consiste nella capacità di un'impresa di fissare il prezzo di vendita dei propri prodotti o servizi al sopra del costo marginale degli stessi, ossia nella capacità di massimizzare i propri profitti.

Nell'ordinamento giuridico italiano ed in quello dell'UE, questa nozione viene in rilievo quando tale potere è così elevato che l'impresa può determinare la propria condotta senza tenere conto delle reazioni di concorrenti, fornitori e consumatori. Le imprese che si trovino in tale situazione godono di una c.d. posizione dominante nel mercato di riferimento e, per tutelare il corretto funzionamento di quest'ultimo, gli artt. 3 della l. n. 287/90 e l'art. 102 TFUE vietano le condotte abusive che dette imprese potrebbero attuare, quali ad esempio l'imposizione di condizioni commerciali inique o discriminatorie, così come il rifiuto di contrarre.

Quid di quelle imprese che, pur non trovandosi in posizione dominante, dispongano comunque di un elevato potere di mercato? In diversi Stati membri dell'UE – tra cui, Italia, Francia, Germania, Austria, Belgio e Portogallo – l'abuso del proprio potere di mercato può essere sanzionato quando venga posto in essere nei confronti di controparti che si trovano in una situazione di dipendenza commerciale dall'impresa in questione. Come noto, in Italia è l'art. 9 della l. n. 192/98 (c.d. legge sulla subfornitura) a prevedere tale forma di tutela, che è stata progressivamente estesa dalla giurisprudenza anche a fattispecie estranee all'ambito originario della subfornitura.

La tutela contro gli abusi di dipendenza economia può essere attivata sia dai singoli, adendo il giudice competente per ottenere la declaratoria della nullità del contratto, il risarcimento del danno o per esercitare un'azione inibitoria (c.d. private enforcement), sia dall'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che esercita il c.d. public enforcement quando ravvisi una particolare rilevanza della condotta abusiva per "la tutela della concorrenza e del mercato" (art. 9, comma, 3 bis, l. 287/90). In questi casi l'Autorità può imporre le sanzioni amministrative pecuniarie previste dall'art. 15 della stessa legge antitrust, che possono giungere fino al dieci per cento del fatturato realizzato nell'ultimo esercizio.

Nonostante la normativa in questione sia stata adottata da oltre un ventennio, soltanto di recente si è verificato un vero e proprio "risveglio" sia del private sia del public enforcement della disciplina sull'abuso di dipendenza economica.

Per quanto riguarda i procedimenti dinanzi alle giurisdizioni ordinarie, l'abuso di dipendenza economica è stato per, così dire, "riscoperto" a partire dal 2013 (Tribunale di Bassano del Grappa, 2 maggio 2013) e poi a seguito del noto leading case del Tribunale di Milano, relativo ad alcune condotte poste in essere nel mercato digitale (Sez. Spec. Impresa, 17 giugno 2016, n. 7638), fino a giungere alla pronuncia di legittimità dell'inizio di quest'anno (Cass., sez. I, 21/01/2020, n. 118). La stessa dottrina civilistica sta attualmente rimeditando l'applicabilità dell'istituto, ad esempio con riguardo al rifiuto ingiustificato della parte "contrattualmente forte" di rinegoziare il contenuto di un contratto di durata colpito dalla c.d. "sopravvenienza Covid-19".

Per quanto riguarda l'AGCM, essa ha sanzionato per la prima volta un abuso di dipendenza economica nel 2016 (in un caso riguardante la violazione reiterata della disciplina ex d. lgs. 231/2002 sul ritardo dei pagamenti) e nel 2020 ha avviato ben due istruttorie, tuttora pendenti:

(i) una relativa all'imposizione di condizioni contrattuali tali da asseritamente impedire, ad una società attiva nella distribuzione postale, di operare per altri soggetti che non fossero l'impresa in questione, ossia l'incumbent Poste Italiane;

(ii) l'altra, avviata a fine novembre nei confronti di una società titolare di un noto marchio di abbigliamento, pure avente a oggetto l'imposizione di condizioni contrattuali che avrebbero asseritamente ostacolato l'eventuale riconversione di alcuni dei propri franchisee.

L'attivismo cui stiamo assistendo contrasta con la posizione inizialmente assunta dall'AGCM, che nel proprio comunicato dell'11 febbraio 1998 sottolineava che la disciplina dell'abuso di dipendenza economica "non ha alcun riscontro nell'ordinamento comunitario e affonda invece le radici nella tematica dell'equilibrio contrattuale e più precisamente nella valutazione del rapporto negoziale tra le parti ". Rilevando che "le patologie di questo rapporto trovano rimedio nel divieto, e conseguente invalidità, di clausole vessatorie", l'Autorità evidenziava che l'ordinamento disponeva di strumenti di tutela più appropriata (tra cui appunto quella offerta dal giudice ordinario) e, pertanto, si esprimeva nel senso che la disciplina dell'abuso di dipendenza economica non dovesse essere inserita nella l. n. 287/90.

In seguito il Legislatore, con la l. n. 57/2001, introdusse una prima modifica della normativa in questione e, pur lasciando ferma la collocazione della disciplina sull'abuso di dipendenza economica all'interno della legge sulla subfornitura, attribuì all'AGCM la competenza ad aprire istruttorie in materia. Lo scetticismo dell'AGCM rimaneva evidentemente intatto e si esprimeva, de facto, con l'inazione amministrativa prolungatasi per più di tre lustri.

Peraltro, giova osservare come anche la dottrina francese avesse inizialmente espresso la medesima cautela nei confronti dell'abuso di dipendenza economica. Eppure, anche oltralpe il public enforcement dell'istituto è stato recentemente attivato grazie ad alcune recenti decisioni dell'Autorité, la più recente delle quali ha condotto ad una sanzione di circa un miliardo di Euro ad alcuni operatori nel settore dell'e-commerce (Décision n° 20-D-04, 16 mars 2020).

Come facilmente immaginabile, i dubbi dell'AGCM e della dottrina trovavano il loro fondamento nella "doppia natura" dell'abuso di dipendenza economica, scisso tra la collocazione sistematica civilistica e quella antitrust. Non bisogna dimenticare infatti che l'istituto trae origine dalla teoria dell'abuso del diritto, ossia da riflessioni puramente civilistiche. Si pensi, ad esempio, alla giurisprudenza tedesca sulla "dipendenza di assortimento", consacrata da una celebre pronuncia del 1975, riguardante la necessità che un operatore commerciale abbia accesso all'intera gamma dei prodotti del proprio fornitore per essere effettivamente competitivo sul mercato. Eppure, condotte teoricamente ascrivibili al novero degli illeciti contrattuali ben possono restringere la concorrenza, specialmente quando il potere di mercato di una delle parti è significativo oppure laddove le condotte producono un rilevante e diffuso "effetto di rete".

Il "revival" dell'istituto in questione può certamente ascriversi tra le manifestazioni del fermento intellettuale che il diritto antitrust sta recentemente vivendo, con la Commissione europea e le diverse autorità nazionali alla costante ricerca di nuovi strumenti per colmare i vari gap applicativi osservati negli ultimi decenni. Basti pensare, al riguardo, alla consultazione pubblica lanciata dalla Commissione quest'estate su un nuovo "competition tool" per rimediare a eventuali problematiche strutturali del mercato, non dipendenti da condotte illecite dei soggetti che ivi operano.

Con la disciplina sull'abuso di dipendenza economica ad affiancare quella sull'abuso di posizione dominante, l'ordinamento italiano dunque sembra offrire un sistema rimediale completo per quanto concerne l'utilizzo abusivo del potere di mercato.

Rimangono tuttavia diversi nodi da sciogliere: per dirne uno, ad un incremento del public e del private enforcement dell'abuso di dipendenza economica dovrebbe corrispondere un'armonizzazione delle due discipline, alla stregua di quanto operato dalla direttiva 2014/104/UE, che in ambito antitrust ha regolato l'interazione tra i procedimenti amministrativi e quelli giudiziari.

* a cura di di Edoardo Gambaro e Pietro Missanelli, Partner e Senior Associate di Greenberg Traurig Santa Maria.

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