Responsabilità

La trasformazione digitale sanitaria: quali implicazioni al cambiamento

La telemedicina come pretesto per un nuovo modello organizzativo: dalla responsabilità da contatto sociale e di spedalità alla responsabilità da contatto "digitale". Il ruolo dell'intelligenza artificiale nel rapporto professionista sanitario - paziente

di Laura Lecchi*

L'anno 2020 rimarrà nella memoria di tutti noi, come l'anno della grande Pandemia, del Covid-19, dello sterminio planetario di molte vite, spazzate via da un virus tanto silenzioso, quanto fatale.
Una emergenza sanitaria che ha costretto gli abitanti di un intero pianeta al confinamento obbligato nelle case, al distanziamento sociale, ma che ha parallelamente aumentato l'utilizzo del digitale, indispensabile per andare comunque avanti pur rimanendo distanti: la scuola, le relazioni familiari, amicali, il lavoro. Tutta la nostra vita è passata alla modalità on line.
In ambito sanitario la tecnologia ha permesso di affermare ciò che fino a poco tempo prima era solo una modalità alternativa e comunque non preferenziale per prestare le cure a chi ne avesse bisogno. Ma per analizzare e comprendere le implicazioni sociali, giuridiche di un cambiamento occorre ordine.

Occorre partire dall'inizio.
Da sempre il progresso e l'impiego di nuovi dispositivi innovativi hanno introdotto un nuovo modo di svolgere una azione prima agita con mezzi tradizionali.
In un passato neppure troppo lontano, la tecnologia applicata alle cure ed all'ambito sanitario era certamente concepita allo scopo di trovare nuove soluzioni applicative, nuove strade di intervento nella erogazione delle cure, orientandosi alla "performance" della prestazione di cura, al tempo, alla invasività, ecc..
Già da qualche anno, tuttavia, in ambito sanitario, la tecnologia nel proprio impiego, tentava quello che in informatica si definisce "upgrade", aggiornamento, un impiego più avanzato.
L'occasione, si è presentata in modo deflagrante con l'avvento della pandemia dovuta al Covid-19.
L'applicazione ed il ricorso alle tecnologie in questa fase non solo si è esponenzialmente estesa, ma comporta una rilettura delle norme, dei metodi, dei modelli organizzativi e delle relazioni fra operatori sanitari e pazienti sin qui relegati ad un ridotto esercizio di stile.
L'esplorazione che segue è un viaggio attraverso il cambiamento delle cure e la trasformazione digitale che il settore sanitario sta vivendo e di cui dovrà acquisire una sempre più lucida consapevolezza per risultare efficace nella propria azione: garantire salute alle persone.

LA TELEMEDICINA COME PRETESTO PER UN NUOVO MODELLO ORGANIZZATIVO
Come prevede il nostro ordinamento i c.d. LEA, i Livelli essenziali di assistenza, "sono le prestazioni e i servizi che il Servizio sanitario nazionale (SSN) è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket), con le risorse pubbliche raccolte attraverso la fiscalità generale (tasse).
La telemedicina, sebbene esistente da anni, e disciplinata dal 2012 dalle Linee Guida del Ministero della Salute, solo da qualche tempo è compresa tra i predetti LEA, quindi solo da poco è considerata una delle valide ed efficaci modalità per erogare cure a distanza.
Ad oggi manca una tariffazione, un obbligo di rendicontazione e un protocollo idoneo a poterla utilizzare.
Manca anche la indispensabile formazione che i sanitari e il paziente devono acquisire.
Il punto è che sin qui ci si è posti solo alcuni degli aspetti salienti del modo in cui è opportuno curare, visitare a distanza.
Il metodo fino a poco tempo fa ritenuto valido era considerato quello di dotarsi di un sistema informativo, minimo, costituito anche solo da hardware e software, di connettività alla rete Internet, per poter prestare cure sanitarie.
E' stato sino ad oggi un metodo, poco applicato, perché ritenuto "distante" dal paziente, di difficile fruibilità e comunque anche di difficile impiego per l'alto livello di affidabilità che lo stesso richiede.
Ma non era ancora intervenuto il Covid-19 e l'esperienza che ci ha lasciato nell'impatto con i percorsi di cura, tutti da reinventare.
La pandemia ci ha costretti al distanziamento e ci ha costretti a dover rinunciare alle cure prestate in un ospedale per scoraggiare l'aumento dei contagi.
Questo a costretto gli operatori sanitari, medici, infermieri e gli esercenti di tutte le altre professioni sanitarie a dover operare in modo differente ed ha imposto un ripensamento della erogazione delle cure sul territorio, dove il territorio su cui operare, non è tangibile, ma è raggiungibile a mezzo della Rete Internet.
Ad un tratto dunque la telemedicina si è trovata al centro di tutti i dibattiti non solo scientifici. Quella che è stata per molto tempo la "cenerentola" delle prestazioni sanitarie, oggi è oggetto di analisi per trovare soluzioni sostenibili e attuabili per migliorare la sicurezza delle cure.
Molti gruppi scientifici hanno divulgato documenti di approfondimento e di valutazione alla ricerca di un metodo, di un modo che possa portare all'impiego quotidiano di ciò che fino ad oggi è rimasta una soluzione poco più che sperimentale e circoscritta a casi isolati.
Un modello organizzativo in ambito di telemedicina richiede il coinvolgimento di almeno tre aree specifiche di competenza distinte:
• competenza IT
• competenza organizzativa in ambito sanitario
• competenza giuridica IT Law e Diritto sanitario
L'approccio alla telemedicina, non può infatti essere meramente tecnologico, né meramente giuridico, ma comporta una vera e propria rivoluzione sotto il profilo della governance e dei processi interni alle Strutture Sanitarie, pubbliche e private, che prevede quella ciò che da almeno un ventennio viene definita convergenza, in questo caso disciplinare.
Non si tratta soltanto di considerare le norme in materia di protezione dei dati personali, secondo le prescrizioni rigorose e fondate sul principio di accountability prescritte dal GDPR: il tema è ben più ampio e complesso e si deve affrontare partendo dall'origine.
Partendo dalla relazione che si instaura tra la persona che richiede le cure e l'esercente una professione sanitaria, tra il c.d. care giver e il paziente.

LA TELEMEDICINA: DALLA RESPONSABILITA' DA CONTATTO SOCIALE E DI SPEDALITA' ALLA RESPONSABILITA' DA CONTATTO "DIGITALE"
Con il termine "contatto sociale" si definisce quel legame che si instaura tra professionista sanitario e paziente.
E' un rapporto qualificato, perché l'operatore sanitario è un professionista con cui ci si approccia intenzionalmente e la prestazione erogata dal sanitario implica automaticamente un obbligo di protezione verso il paziente e di tutela della sua salute.
Se il suo comportamento lede in qualche modo il benessere del paziente, il professionista diventa inadempiente. Dimostrato il "contatto sociale", dovrà essere il professionista a dimostrare di aver mantenuto una condotta diligente.
Nell'ambito del contratto di "spedalita' invece, la Struttura sanitaria, pubblica o privata che sia è quella che instaura il proprio rapporto giuridico col paziente, quanto quest'ultimo viene preso in carico dalla stessa: il fatto stesso di rivolgersi all'Ospedale o ad un ambulatorio per richiedere le cure consente di far sorgere l'obbligazione contrattuale ad erogare le cure da parte della struttura.
La legge Gelli-Bianco ha completamente stravolto la precedente impostazione che comportava la distinta e contemporanea assunzione di responsabilità, contrattuale, per ciascun soggetto, fatti salvi i rapporti di subordinazione che legavano i professionisti con la struttura sanitaria.
Con la riforma intervenuta, gli equilibri negoziali che si instaurano determinano responsabilità distinte e diverse nella loro natura: infatti mentre il professionista sanitario è al più responsabile di colpa grave per fatto illecito, dunque responsabile per quella condotta che si definisce aquilana ossia corrispondente all'alveo della responsabilità extracontrattuale, la struttura sanitaria resta responsabile in ragione del contratto di spedalità comunque perfezionatosi con la presa in carico del paziente.
Questi gli equilibri e i rapporti giuridici che si sono stabiliti nel tempo e in ragione di applicazioni del diritto non sempre monoliticamente orientate.
Alla luce della situazione attuale, dell'imposto distanziamento sociale, il modello di telemedicina appare garantire la necessaria sicurezza delle cure: la televisita, il teleconsulto, il telemonitoraggio possono surrogare la presenza dell'esercente sanitario.
A questo si deve poi affiancare l'impiego di software che raccolgano informazioni a mezzo di sensori intelligenti, o il ricorso e la diffusione di application software (app), per rilevare i parametri utili a stabilire le condizioni del paziente.
Questi dispositivi sono destinati a compiere quella antica e sempreverde "convergenza" digitale necessaria a costruire un sistema che possa essere capace di erogare le cure.
Chi eroga le cure, il c.d. e-care giver entra in contatto col paziente in modo mediato, attraverso la connessione alla Rete e per il tramite dei dispositivi software ed hardware che sono a propria disposizione per svolgere la propria attività professionale.
La presa in carico del paziente e dunque la prestazione sanitaria è eseguita attraverso un contatto che assume una nuova forma: quella "digitale".
Di qui occorre considerare e valutare in quale modo e momento sorge la responsabilità.
La responsabilità che discende dall'impiego di dispositivi telematici che annullino la distanza con l'utenza, che diventa paziente 4.0, è indubitabilmente definibile da "contatto digitale".
Questa metamorfosi della forma non cambia tuttavia la sostanza della responsabilità che resta pur discendendo dal contatto digitale.
Ma qual è il momento della presa in carico, e dunque l'assunzione della responsabilità di una attività che non prevede l'incontro fisico delle parti? e in cosa consiste l'obbligazione che è contenuta nella erogazione della prestazione sanitaria?
Innanzi tutto se la sicurezza delle cure è elemento costitutivo della salute di un singolo individuo o di una collettività, parafrasando l'art. 1 della Legge 24/2017, occorre discernere cosa consente di garantire o perlomeno porgere cure "in sicurezza".
Il secondo comma della predetta legge statuisce che la sicurezza della cura risiede nell'assicurare:
• attività di prevenzione dal rischio clinico e rischio sanitario;
• impiego ed uso delle risorse strutturali (persone e mezzi)
• impiego ed uso delle tecnologie
• modello organizzativo per l'impiego di attrezzature e personale.
Nella telemedicina ossia in quel metodo di erogazione della cura a distanza, che non prevede il contatto fisico ma solo quello virtuale, la sicurezza nella erogazione delle cure che tende a garantire il diritto alla salute deve poter contare su:
• esatta identificazione del paziente;
• preventivo consenso informato circa le prestazioni sanitarie rese on line;
• protezione dei dati personali e particolari raccolti dal o del paziente;
• verifica della esattezza delle informazioni sanitarie raccolte;
• elaborazione della anamnesi sulla scorta delle informazioni on line;
• protezione dei dispositivi tecnologici impiegati per il teleconsulto o la televisita;
• addestramento e formazione del personale sanitario e dell'utente nell'impiego della tecnologia;
• condivisione e medical sharing delle notizie sanitarie del paziente: il FSE.

Ma quando sorge in capo alla struttura sanitaria o all'esercente della professione sanitaria la presa in carico e la discendente responsabilità che ne deriva?

A modesto avviso di chi scrive, essa sorge dal contatto digitale, coincidente con:
1. la richiesta digitale del paziente di essere ammesso alla stanza virtuale ove si sottoporrà a televisita/teleconsulto/telemonitoraggio: via email, attraverso il c.d. schedule o prenotazione dell'appuntamento on line, via whatsapp, o attraverso i sistemi software delle piattaforme web utilizzate allo scopo;
2. l'accesso, o log - in, e l'immissione delle informazioni del paziente nell'applicazione per ricevere un responso digitale, consistente in un valore, o una indicazione inerente ad una condotta da assumere inerente alla propria salute, trasmessa mediante un SMS o email;
3. l'impiego a dispositivi dotati di sensori intelligenti che trasferiscono le informazioni sanitarie del paziente rilevate, utili a inviare poi a quest'ultimo una diagnosi o una prognosi.
La soglia dunque di assunzione della responsabilità nell'impiego di tecnologie interconnesse alla Rete Internet è arretrata rispetto alla responsabilità da contatto sociale e da contratto di spedalità.
Sussiste una immediatezza nell'ambito della erogazione delle cure a mezzo delle nuove tecnologie che può arrivare a essere anticipata ulteriormente, laddove si prenda in considerazione la difficoltà o i fattori che possano ostacolare l'accesso alla risposta delle cure erogate telematicamente.
L'evoluzione che la responsabilità sanitaria avrà nel medio periodo dovrà tenere conto indefettibilmente di elementi imprescindibili quali la sicurezza informatica, protezione dei dati personali e particolari, distribuzione corretta della responsabilità da contatto digitale e la capacità di essere efficaci nella prestazione, la necessità di ottemperare principi quali trasparenza, correttezza e diritto di spiegazione, da assolvere prima ancora di arrivare alla prestazione delle cure.

L'APPLICAZIONE PRATICA DA METTERE A SISTEMA
Il Covid-19 ha generato una emergenza sanitaria tale da mettere in ginocchio tutte le strutture sanitarie prese d'assalto dai pazienti, anche se non infetti, sospettosi di esserlo.
Il territorio ha risposto con risorse e modelli organizzativi rivelatisi inadeguati perché pensati per reagire a rischi ed emergenze molto diversi da quelli che oggi la pandemia ha prodotto, i quali restano per dimensione e proporzione, senza precedenti.
Per questo il ricorso alla telemedicina è divenuta una delle soluzioni più capaci a risolvere modelli superati.
Tuttavia la visione con cui occorre approcciare questo nuovo modello di erogazione delle cure non può prescindere da un approccio che non può essere limitato al ricorso alla tecnologia più o meno evoluta.
La sfida è affrontare questa nuova modalità con un approccio sistemico e multidisciplinare in cui le aree di interesse dovranno essere:
• la capacità e la infrastruttura di interconnessione alla Rete;
• la adozione di misure tecniche e sistemi di cybersicurezza, volte a proteggere dati e attività;
• la adozione di misure organizzative efficaci per proteggere dati e attività;
• adozione di un modello organizzativo che risponda alla corretta filiera di distribuzione della responsabilità ai sensi della L.24/17.
• la formazione dell'utenza e delle professioni sanitarie
Le competenze che necessariamente dovranno lavorare insieme e in sincronia sono quelle nell'ambito dell'IT, della cyberlaw e privacy, delle professionalità sanitarie.
Prima di poter applicare questo occorre tuttavia procedere alla progettazione delle tecnologie da utilizzare e alle risorse IT cui è necessario ricorrere perché il sistema non abbia gap funzionali.
E' questo il momento di attuare quella che gli informatici definiscono Trasformation by design.
Pianificare e ideare, soprattutto il sistema, significa innanzitutto selezionare quali tecnologie individuare e impiegare nel modello che si intende adottare e mettere a disposizione dell'utenza.
Non si tratta solo di usare dispositivi informatici, ma si tratta di fare in modo che l'informatica possa "penetrare" nel nostro tessuto sanitario e dunque sociale al punto da divenire un servizio, come le prestazioni rese in modo tradizionale.
Occorre creare quella continuità assistenziale in sicurezza che solo la tecnologia può assicurare senza la compromissione delle strutture sanitarie, della salute degli esercenti la professione sanitaria e con la "velocità" che un fenomeno tanto esteso e invasivo qual è la pandemia deve poter offrire, dando la opportunità a chiunque, grazie al digitale, di poter ricevere assistenza e un conforto sulla propria condizione di salute, senza fatica e rischiosità.
Esiste un tema poi, tanto antico quanto non rimandabile del "congelamento", per così dire, dei dati sanitari per custodire il valore legale che occorrerà attribuire e garantire alla mole significativa e nel contempo particolare costituita dai big health data.
La possibilità di procedere all'approvvigionamento dell'asseverazione dei dati sanitari informatici, raccolti e comunque trattati da un sistema informativo, impiegato dalla Struttura Sanitaria piuttosto che da professionista sanitario nell'esercizio della propria attività, è una frontiera che occorrerà necessariamente raggiungere per aumentare la sicurezza e il valore legale di una data retention.
Non potrà bastare la conservazione delle informazioni sanitarie, ma servirà custodirle attribuendo ad essere un valore ulteriore a quello giuridico; attribuendo infatti una valenza probatoria nel tempo attraverso il ricorso alla scienza della computer forensic, che consente di acquisire i dati arricchendo il valore e la natura del loro contenuto che diviene così prova a tutti gli effetti.
Questa che è da considerare una piena prova, non solo potrà essere impiegata per l'esercizio di un diritto in giudizio, ma soprattutto per assumere con il rigore e la certezza che occorre in questo caso la variazione nel tempo di informazioni sanitarie utili a definire lo stato e il grado di salute di un individuo e beneficio di strategie di prevenzione utili a garantire, ed aumentare, la tanto auspicabile sicurezza delle cure.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE E RAPPORTO PROFESSIONISTA SANITARIO E PAZIENTE
Quale impatto può avere sul rapporto e-care giver e paziente 4.0 , l'uso dell'A.I.?
Quale può essere la prospettiva, l'adeguamento del rapporto di cura che viene per così dire "mediato" dall'impiego delle tecnologie ?
Al di là del rischio o della preoccupazione di una disumanizzazione nell'erogazione delle cure prestate al paziente, esistono alcune altre criticità da dover prevenire per non perdere quel rapporto umano che caratterizza la relazione paziente e sanitario pur nell'intento di potenziare il grado di assistenza prestata all'utente.
L'impatto etico e giuridico, com'è noto, in questo ambito svolgono un ruolo cruciale e irrinunciabile per creare nuovi impieghi della tecnologia a favore dell'uomo.
Uno degli elementi che certamente occorrerà tenere in considerazione è la c.d. over -relience ossia quell'eccesso di affidamento alla tecnologia rispetto al ricorso alle proprie competenze da parte del sanitario, o addirittura a sviluppare una forma di "dipendenza" (overdependence) o abbassamento delle competenze capace di compromettere la qualità delle cure (deskilling).
Concetti quali la "fiducia", "la comunicazione", la "relazione" sono elementi da non sottovalutare in quanto costituiscono fattori imprescindibili per l'erogazione delle cure al paziente, secondo le regole che disciplinano la prestazione sanitaria.
Un altra riflessione va fatta in ordine al consenso del paziente a sottoporre se stesso all'atto medico, nonché al criterio di ciò che è definibile come explicability, o diritto di spiegazione nell'ambito di un "facere" che comporti l'impiego di un algoritmo
La spiegazione è un diritto che spetta all'individuo affinché lo stesso sia in grado di comprendere e scegliere l'atto medico che sia supportato da processi di automatizzazione.
L'alleanza che i sanitari sapranno costruire con l'impiego e il ricorso alla tecnologia potranno rivelarsi strategiche non solo per la telemedicina, ma per qualcosa di più profondo che potrebbe mutare o per lo meno far progredire la sanità, che alla luce del contagio globale è invitata dalle circostanze e dalla storia a riflettere sul proprio futuro un futuro che scommette sull'equilibrio, tutto da scrivere, tra uomo e macchina.

ALGORITMI E PANDEMIA: UN BINOMIO DA SAPERE USARE
Sappiamo che l'A.I. o intelligenza artificiale, consiste in sistemi esperti, o software che integrati, o embedded in dispositivi hardware possono agire al fine di raggiungere un obiettivo complesso, percependo le informazioni dell'ambiente che la circondano ed elaborati ed "allenati" attraverso una mole importante di dati, possono suggerire le azioni più utili a conseguire il risultato che ci si è prefissati.
Si definiscono per l'appunto sistemi esperti, in quanto fondano le proprie potenzialità, sulla capacità di apprendimento che hanno dall'ambiente esterno e dalle informazione che l'ambiente immette nel sistema.
In alcuni Paesi, con una cultura giuridica molto diversa da quella occidentale ed europea hanno fatto largo uso di algoritmi di intelligenza artificiale per intervenire in modo efficace e rapido nel contrasto e l'arresto della diffusione dei contagi fra la popolazione.
In effetti i dati recenti che hanno diffuso le autorità di Pechino, secondo quanto reca il sito dell'Oms, hanno comunicato una crescita di appena 22 casi in un giorno in tutto lo sterminato territorio della Cina.
Concetti quali la Trasparenza, la protezione dei dati personali ( e sanitari dunque particolari) non sono considerati, concepiti ed applicati come in Europa e di tanto in tanto vengono avanzati dubbi sui dati che arrivano da quell'area.
Tuttavia esistono ulteriori e diversi Stati, con modelli giuridici e sociali più simili ai nostri registrano comunque numeri opposti da quelli raccolti da questa parte del mondo.
Il Giappone, sempre secondo l'Oms ha casi, in costante discesa dopo un picco di 2.000 ai primi di agosto, e 5 morti.
La Corea del Sud fa ancora meglio: 61 nuovi contagi e nessuna vittima. Soltanto 5 sono i nuovi malati in Thailandia, dove il virus secondo le statistiche ufficiali non circola più ormai da aprile. Identico indice fa registrare l'Australia , uno solo malato la Nuova Zelanda.
Mentre in Asia il virus circola ancora in modo importante: India, Malesia, Bangladesh, Indonesia sono alle prese con una situazione più vicina a quella europea che a quella giapponese stando ai dati rilevati dall'European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc).
La ragione è il ricorso a una forma di convergenza digitale che ha saputo mettere a profitto le informazioni sanitarie utilizzando la capacità predittiva per limitare o scongiurare il contagio.
Ebbene il nostro impianto giuridico, quando parliamo di Protezione dei dati personali deve fare i conti con le disposizioni del GDPR, che sebbene sul piano mondiale possano essere considerate "stringenti" in verità forniscono tutte le indicazioni e le regole utili a poter trattare i dati particolari, quali sono quelli sanitari delle persone nel modo più rispettoso dei diritti del singolo individuo.
Il preconcetto, tutto americano e asiatico, secondo il quale la produzione di regole che possano imbrigliare un uso disinvolto e libero delle tecnologie, è di ostacolo al processo della digitalizzazione, cozza inesorabilmente con la cultura giuridica europea che ha reso la protezione dei dati personali non solo una materia, ma soprattutto un diritto riconosciuto in capo ad ogni persona fisica.
Del resto compagnie come Google, Apple o Huawei, per citare le più importanti nell'area di competenza e territorio, non hanno mai dimostrato sin qui particolare interesse o sensibilità al tema.
Ciò che occorre elaborare è che la sussistenza di regole, conferisce un altro grado di certezza del diritto a beneficio non solo dei singoli, ma dell'intera collettività, che potrà fare ricorso alla applicazione delle norme necessarie al caso per proteggere le informazioni più delicate, la cui conoscenza espone l'individuo a rischi per la propria libertà e dignità di persona.
Avere una normativa non è un limite all'uso della tecnologia, ma traccia il solco per poterla usare in modo consapevole, protetto e rispettoso dei diritti personalissimi ed individuali.
La strada è tracciata ma occorrerebbe una condivisione globale di regole che sia capace di allineare il più possibile le norme dei singoli Paesi del panorama internazionale.

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*Avvocato del Foro di Bologna – esperta in Diritto applicato alle tecnologie digitali e Protezione dei dati personali - STUDIO LEGALE LECCHI, INNOVATION LAW FIRM

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