Professione e Mercato

Un protagonista della lotta alla criminalità organizzata

di Giovanni Negri

È nato nel 1957 a Roma da genitori siciliani (di Gioiosa Marea, in provincia di Messina), Michele Prestipino. È un appassionato di filosofia teoretica, il padre la insegnava a Macerata, e lui l’avrebbe anche studiata all’università, se poi non avesse scelto Giurisprudenza. In ogni caso, il libro preferito è «Le affinità elettive» di Goethe e il cantante Franco Battiato, «tutto». Ma sulla mafia ritiene che molto abbiano fatto capire 7 minuti di un lontano Sanremo, quelli di Ficarra e Picone sull’omicidio di Padre Puglisi.

In magistratura è entrato nel 1984. Primi incarichi ad Avezzano (primo processo per un «furtarello») e a L’Aquila, come magistrato di sorveglianza, poi nel 1996 sceglie di trasferirsi in Procura a Palermo. Nel capoluogo siciliano conosce l’allora procuratore aggiunto Giuseppe Pignatone e inizia di fatto una carriera di investigatore quasi esclusivamente dedicata al contrasto della criminalità organizzata. Nasce in quegli anni il rapporto con Pignatone che segna tutta la vita professionale di Prestipino. Ne diventa uno dei principali collaboratori; insieme a Marzia Sabella coordina le indagini che l’11 aprile del 2006 portano a uno dei principali successi nella lotta dello Stato alla mafia, la cattura di Bernardo Provenzano, latitante da 43 anni.

Con Pietro Grasso da procuratore capo, segue le indagini sulle cosiddette “talpe” in Procura, fa arrestare Massimo Ciancimino e condannare per favoreggiamento aggravato (scelta contestata allora, ma confermata anche dalla cassazione) l’ex Governatore della Sicilia, Totò Cuffaro.

Nel 2008 segue Pignatone che è diventato procuratore di Reggio Calabria e lavora con Nicola Gratteri, all’epoca procuratore aggiunto, a inchieste come Minotauro e Crimine che rivelano l’insediamento strutturale al Nord delle ’ndrine calabresi, delle «locali», le strutture organizzative con almeno 49 affiliati. Quindi il passaggio nella Capitale nel 2014 sempre con capo Pignatone, dove insieme a pm del calibro di Paolo Ielo, Giuseppe Cascini e Luca Tescaroli, coordina indagini che mettono in luce le proiezioni e gli investimenti nella Capitale di mafia, ’ndrangheta e camorra. Tra queste, le indagini Gramigna, che porta al maxiprocesso al clan dei Casamonica, e la proverbiale Mafia capitale, per la quale però pochi mesi, a ottobre, la Cassazione fa cadere la qualifica di mafia per l’associazione criminale di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.

Dopo l’addio di Pignatone guida da reggente la Procura della Capitale, sollecitando tra l’altro sul fronte della politica della giustizia il cambiamento della disciplina sulle intercettazioni.

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