Penale

Ricorso per cassazione in materia cautelare personale: tra violazioni del diritto di difesa e cancelliere regit iurisdictionis 

Le sezioni Unite penali, sentenza 14 gennaio 2021 n. 1626, e la pronuncia della prima sezione penale, sentenza 8 gennaio 2021 n. 487 pongono non pochi problemi agli avvocati nella presentazione dei propri ricorsi

di Carmelo Minnella

Prendendo spunto da un aforisma dello scrittore Ennio Flaiano riferito alla condizione del nostro Paese si potrebbe dire che la situazione del “ricorso cautelare è grave ma non è seria”. Sul punto, infatti, incidono questioni di diritto, la legislazione dell’emergenza legata alla pandemia e i valori costituzionali della difesa. Di cosa parliamo? Facciamo riferimento a due recenti decisioni della Cassazione, cioè le sezioni Unite penali, sentenza 14 gennaio 2021 n. 1626 e la pronuncia della prima sezione penale, sentenza 8 gennaio 2021 n. 487 che pongono non pochi problemi agli avvocati nella presentazione dei propri ricorsi. Ma andiamo con ordine. Vediamo prima i principi espressi dalla Suprema corte nelle due sentenze.

LA MASSIMA DELLE SEZIONI UNITE

Impugnazioni - Cassazione - Ricorso cautelare - Decisione del tribunale del riesame -Impugnazione - Presentazione presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione - Obbligo - Impugnazione presso ufficio diverso - Rischio di intempestività a carico del ricorrente - Sussiste.

Il ricorso cautelare per Cassazione contro la decisione del tribunale del riesame o, in caso di ricorso immediato, del giudice che ha emesso la misura, deve essere presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, nel caso indicato dall’articolo 311, comma 2, del Cpp, del giudice che ha emesso l’ordinanza, ponendosi a carico del ricorrente il rischio che l’impugnazione, presentata a un ufficio diverso da quello indicato dalla legge, sia dichiarata inammissibile per tardività, in quanto la data di presentazione rilevante ai fini della tempestività è quella in cui l’atto perviene all’ufficio competente a riceverlo.

•Corte di Cassazione, Sezioni Unite Penali Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2021, n. 1626 (udienza 24 settembre 2020) - Presidente Cassano; Relatore-estensore Sarno

LA MASSIMA DELLA SENTENZA N. 487

Impugnazioni - Cassazione - Ricorso cautelare - Decisione del tribunale del riesame - Impugnazione - Normativa COVID - Ricorso penale per cassazione presentato a mezzo PEC – Inammissibilità.

In tema di impugnazioni penali, la normativa emergenziale COVID-19 non ha previsto una modalità di trasmissione telematica degli atti di impugnazione sicché le forme e le modalità previste dal codice di procedura penale non possono ritenersi derogabili e l'atto di impugnazione presentato a mezzo PEC va dichiarato inammissibile. Tale conclusione resta ferma anche in seguito all'entrata in vigore del decreto legge 28 ottobre 2020 n. 137, il cui articolo 24 comma 4, in attesa di conversione, trova applicazione esclusivamente in relazione agli atti di parte per i quali il codice di procedura penale non disponga specifiche forme e modalità di presentazione, stante la natura non derogante del suddetto comma rispetto sia alle previsioni del codice di procedura penale.

•Corte di Cassazione, Sezione Prima Penale, sentenza 8 gennaio 2021, n. 487 (udienza 30 ottobre 2020) – Presidente Di Tomassi; Relatore-estensore Casa

 

La decisione della Suprema corte

Chiamate a risolvere il principio di contrasto interpretativo circa l'individuazione del luogo presso il quale deve essere presentato, a pena di inammissibilità, il ricorso per cassazione avverso il provvedimento del giudice del riesame o dell'appello cautelare, ovvero contro l'ordinanza che applica la misura coercitiva, le Sezioni Unite (sentenza 1626/2021) ritengono che esso va presentato esclusivamente presso la cancelleria del tribunale che ha emesso la decisione o, in caso di ricorso per saltum, del giudice che ha emesso l’ordinanza.

Né il ricorso in cassazione cautelare può essere presentato a mezzo Pec, essendo sempre stata esclusa tale possibilità. Lo sostiene la Prima sezione di Cassazione, con sentenza n. 487 depositata l’8 gennaio 2021.

 

L'individuazione del luogo presso il quale il ricorso va presentato

Il Supremo Collegio, tuttavia, lascia la possibilità del deposito fuori sede (o comunque a un ufficio diverso da quello del giudice emittente), ponendo però a carico del ricorrente il rischio che l’impugnazione non giunga nel termine di dieci giorni nell’ufficio competente a riceverlo.

Vengono così chiuse le porte all’orientamento maggioritario e più garantista che, in ossequio al favor impugnationis e a una interpretazione letterale non univoca dell’articolo 311 del Cpp, riteneva (come ormai da prassi costante) che il termine di dieci giorni debba ritenersi valido anche nel caso di presentazione del ricorso nelle forme previste dagli articoli 582, comma 2, e 583 del Cpp.

 

Le conclusioni cui giunge il Massimo Consesso non sono però condivisibili. Le rimarcate esigenze di speditezza della speciale procedura in materia cautelare personale, poste a fondamento della soluzione adottata – come affermava la Terza sezione remittente, nell’ordinanza n. 18582 del 2020 – “pur presenti, hanno una incidenza, sotto il profilo effettuale, assai inferiore di quella che invece esse spiegano nella fase di riesame”.

I segmenti successivi al ricorso per cassazione, infatti, sono svincolati dal rispetto di qualsiasi termine o, quantomeno, non è regolato da termini di natura perentoria, non essendo previsto né un termine entro il quale deve essere depositata la motivazione del provvedimento della Suprema Corte, al quale il giudice del rinvio deve uniformarsi, né il termine entro il quale la Suprema Corte è tenuta alla trasmissione del provvedimento.

Perché allora fissare dei paletti ‘acceleratori’ solo per il ricorso in cassazione cautelare e non per le successive fasi del giudizio cautelare? Come succede in termini drammaticamente ‘decelleratori’ se, come avvenuto nel caso di specie, il ricorso, depositato il decimo giorno nella cancelleria del tribunale di Locri anziché di Reggio Calabria, dinanzi al quale si era svolto il giudizio di riesame, perviene dopo la scadenza del termine di dieci giorni indicato, perché inviato il giorno successivo con raccomandata? Soprattutto quando le successive cadenze procedurali non sono accompagnate da altrettanta celerità?!

Il diritto di difesa appare ingiustificatamente compromesso dall’imposizione di una modalità procedimentale che, in assenza di apprezzabili ragioni, privi il ricorrente di talune facoltà ordinariamente riconosciutegli (quelle per l’appunto dell’impugnazione fuori sede e di trasmissione a mezzo raccomandata) che gli avrebbero reso più agevole il tempestivo esercizio del diritto di difesa. Rimanendo intatte le possibili frizioni con l’articolo 24 della Costituzione (anche in relazione all’articolo 13 in quanto si verte in uno dei momenti più delicati di compressione della libertà personale) e dell’articolo 6 della Cedu, anche sotto il profilo dei maggiori ostacoli all’accesso all’autorità giurisdizionale.

Per essere pratici: una volta emessa l’ordinanza dal tribunale del riesame viene notificato al difensore solo l’avviso di deposito. In dieci giorni questi, anche se esercita a notevole distanza rispetto al luogo dello svolgimento del riesame, dovrà procurarsi il testo (spesso corposo) del provvedimento cautelare, redigere i motivi di ricorso e depositare il gravame esclusivamente nella cancelleria del giudice decidente.

In questi casi, si dirà, il difensore potrà depositare il ricorso cautelare fuori sede ma – come dicono le Sezioni Unite – accollandosi il rischio che la cancelleria non trasmetta immediatamente l’atto di impugnazione. Si finisce per assistere alla cancelleria che entra nel procedimento cautelare potendo segnare (inconsapevolmente, per carità!) le sorti dell’ammissibilità o meno del ricorso. Insomma, cancelliere regit iurisdictionis!

 

Le modalità di presentazione

Poi, come abbiamo detto, il ricorso in cassazione cautelare non può essere presentato a mezzo Pec, essendo sempre stata esclusa tale possibilità. Secondo la prima sezione penale della Cassazione (sentenza n. 487 depositata l’8 gennaio 2021) tale ipotesi non è stata contemplata neppure dalla normativa emanata per contrastare la prima fase dell'emergenza epidemiologica da COVID-19, in quanto il decreto legge 17 marzo 2020 n. 18, articolo 83, comma 11-bis, convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020n. 24, ha previsto tale possibilità solo per i ricorsi civili, sino al 31 luglio 2020.

Tale pronuncia ricorda che nelle more del deposito della presente decisione, è intervenuta una ulteriore significativa pronuncia della stessa Prima Sezione penale, n. 32566 del 3 novembre 2020, che ha confermato lo stesso principio anche in seguito all'entrata in vigore del decreto legge “ristori-bis”, ritenendo inammissibili i motivi nuovi trasmessi mediante posta elettronica certificata dal procuratore generale nell'ambito proprio del giudizio ex articolo 311 del Cpp.

Ebbene, lo "stato dell'arte" sull'uso della Pec nel processo penale non è quello descritto dalla sentenza n. 487 del 2021. Giova ricordare invece che la legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 24 dicembre 2020 (ed entrata in vigore il giorno successivo)ha previsto, al comma 6-ter dell’articolo 24, che l’impugnazione, redatta secondo le formalità informatiche del precedente comma 6-bis, “è trasmessa  tramite  posta   elettronica certificata  dall'indirizzo  di  posta  elettronica  certificata  del difensore a  quello  dell'ufficio che ha emesso il provvedimento impugnato, individuato ai sensi del comma 4, con le modalità  e  nel rispetto delle specifiche tecniche ivi indicate” (a eccezione della richiesta di riesame o di  appello  contro  ordinanze  in materia di misure cautelari personali e reali che vanno inviate alla PEC del Tribunale del riesame). Si è altresì aggiunto, al comma 6-decies, che tali disposizioni sulle impugnazioni via Pec si applicano ai gravami “proposti successivamente alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto” (quindi dal 25 dicembre 2020). Fino alla suddetta data, contrariamente a quanto sostenuto, sia pure incidenter tantum, dalla sentenza 487 del 2021, “conservano efficacia gli atti di impugnazione di qualsiasi tipo, gli atti di opposizione e i reclami giurisdizionali in formato elettronico, sottoscritti digitalmente, trasmessi a decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto alla casella di posta elettronica certificata del giudice competente, ai sensi del comma 4”.

Pertanto, dal 29 ottobre 2020 e almeno fino al 31 gennaio 2021 è ammissibile il ricorso per cassazione (anche) in materia cautelare via Pec (e pure per i gravami in sede di legittimità proposti dal 29 ottobre 2020 al 24 dicembre 2020 sono pienamente ammissibili essendo stata derogata la modalità di presentazione del ricorso cautelare dalle previsioni introdotte dall’articolo 24, comma 4, del decreto legge n. 137 del 2020).

In attesa di ulteriori approfondimenti in materia in una prospettiva de iure condendo, sarebbe auspicabile porre ‘a regime’ la possibilità di presentare via Pec i ricorsi in cassazione in materia cautelare per ridurre i margini di contrasto con il diritto di difesa e di accesso alla giurisdizione prodotti dalla pronuncia delle Sezioni Unite.

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