Amministrativo

Migranti, chi ha il permesso esce dalla prima accoglienza

di Paola Maria Zerman

Le misure di prima accoglienza, di cui beneficiano i richiedenti asilo, cessano a seguito del rilascio del permesso di soggiorno, per raggiungimento dello scopo, e cioè assicurare l’accoglienza per il tempo necessario all’esame della domanda di protezione internazionale. E questo vale anche per chi è titolare di un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ora abrogato dal decreto-legge 113/2018, con conseguente impossibilità di inserirsi nella rete di “assistenza secondaria”. Lo ha deciso il Consiglio di Stato con la sentenza 4582 del 15 luglio scorso, accogliendo l’appello del ministero dell’Interno nei confronti di un cittadino extracomunitario che aveva impugnato il decreto prefettizio di revoca.

La normativa

La decisione ripercorre con chiarezza la complessa disciplina dell’accoglienza (decreto legislativo 142/2015) degli stranieri non comunitari giunti irregolarmente in Italia, per lo più a seguito di sbarchi, più volte modificata anche a seguito di direttive europee, da ultimo con il decreto legge 113/2018. Diverse le fasi in cui si articola il sistema, dal primo soccorso all’integrazione sociale, culturale e lavorativa. Le operazioni di primo soccorso e di identificazione sono assicurate dai punti di crisi allestiti nei luoghi di sbarco (Hot spot immigrazione in Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto). Particolare attenzione viene prestata ai minori stranieri non accompagnati, che vengono presi in carico nelle strutture di accoglienza a loro destinate, sebbene la legge 47/2017 stabilisca in via preferenziale l’affidamento familiare (articolo 7).

Esaurito l’immediato soccorso, il sistema di accoglienza di primo livello garantisce assistenza medica, vitto e alloggio ai migranti che chiedono la protezione internazionale e sono privi di mezzi di sussistenza. I pochi che non presentano domanda, sono, invece, indirizzati ai Cpr, centri di permanenza per i rimpatri.

La tutela degli stranieri cui sia impedito nel Paese di origine l’esercizio delle libertà democratiche è sancita dall’articolo 10 della Costituzione e garantita dalla normativa europea (direttiva 2004/83/CE attuata dal decreto legislativo 251/2007), attraverso il riconoscimento, cui segue il rilascio del permesso di soggiorno di durata quinquennale, rinnovabile:

1) dello status di rifugiato, in seguito a persecuzione per motivi di razza, religione nazionalità o particolare gruppo sociale, opinioni politiche (articolo 8);

2) della protezione sussidiaria, legata al rischio di subire danni gravi (quali pena di morte o tortura) nel tornare al proprio Paese d’origine (articolo 14).

Esisteva una tutela “residuale”, non tipizzata, connessa a seri motivi di carattere umanitario (prevista dall’originario articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 286/1998, Testo unico immigrazione), ma è stata abrogata dal decreto legge 113/2018 e sostituita dalla possibilità di ottenere un permesso di soggiorno temporaneo per “casi speciali” per esigenze di carattere umanitario tassativamente indicate.

Multiforme e non chiara è la costellazione dei centri di prima accoglienza (oltre 5000 sul territorio nazionale) affidata, ai cpa, o centri governativi di prima accoglienza, gestiti anche da enti locali o privati che operano nel settore dell’assistenza, affiancati dai preesistenti Cara, centri assistenza richiedenti asilo, e in caso di sovraffollamento, dai Cas, centri di accoglienza straordinaria, tutte strutture reperite dai Prefetti.

Il primo livello di accoglienza è assicurato, ai richiedenti asilo, per tutta la durata del procedimento di esame della domanda di protezione internazionale da parte della Commissione territoriale competente presso le Prefetture, e, in caso di rigetto, fino alla scadenza del termine per l’impugnazione o alla sospensione del provvedimento impugnato. Chi ottiene la protezione internazionale (vale a dire lo status di rifugiato o la protezione sussidiaria o per casi speciali) può accedere alla seconda fase di accoglienza integrata (in passato Sprar, oggi Siproimi), rappresentata dalla rete di servizi istituita sul territorio, su base volontaria, nell’ambito del welfare locale e in collaborazione con organismi del privato sociale finalizzata all’inserimento lavorativo delle persone accolte, grazie a progetti finanziati dal Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell’asilo. In passato, la possibilità di accedere ai servizi di accoglienza integrata nell’ambito dello Sprar era offerta a tutti i richiedenti asilo privi di mezzi, una volta esaurita la prima fase di accoglienza. Il decreto legge 113/2018 ha ridotto la platea dei destinatari ai soli titolari di protezione internazionale e ai minori non accompagnati.

La decisione

Il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la revoca, da parte del Prefetto, delle misure di prima accoglienza nei confronti di un migrante, avvenuta a seguito del rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari (che il migrante aveva ottenuto prima dell’abrogazione decisa dal decreto legge 113/2018). Per i giudici, si tratta infatti di una «cessazione di effetti» delle misure di prima accoglienza per il raggiungimento dello scopo, vale a dire assicurare l’accoglienza per il tempo necessario all’esame della domanda di protezione internazionale, e non di una sanzione a seguito di violazioni gravi.

Consiglio di Stato, sentenza 4582 del 15 luglio 2020

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