Amministrativo

Alla Consulta la dilazione di sei mesi per pagare gli indennizzi della legge Pinto

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Il Tar Liguria, con l'ordinanza 17 ottobre 2017 n. 1007, ha rimesso al vaglio della Corte costituzionale la nuova disciplina degli obblighi procedurali imposti dalla riforma della Legge Pinto. Con la legge di stabilita 2016 è stato introdotto l'articolo 5-bis nella legge 24 marzo 2001, n. 89, che disciplina le modalità di pagamento delle somme dovute a titolo di equa riparazione per eccessiva durata del processo. In particolare la norma ha introdotto un procedimento necessario per ottenere il pagamento del risarcimento imponendo, in primo luogo, al creditore di rilasciare una dichiarazione di autocertificazione e sostitutiva di notorietà, attestante la non avvenuta riscossione di quanto dovuto. E questa dichiarazione assume i connotati di una condizione necessaria per ottenere il pagamento.
In secondo luogo, viene introdotto un termine dilatorio di sei mesi, che decorrono dalla data in cui sono assolti gli obblighi comunicativi, entro il quale l'amministrazione debitrice può effettuare il pagamento e prima del quale il creditore non può procedere all'esecuzione forzata, alla notifica dell'atto di precetto o alla proposizione di un ricorso per l'ottemperanza del provvedimento liquidatorio. Questo termine di 180 giorni va ad aggiungersi al termine di 120 giorni già previsto in via generale per tutti i crediti vantati nei confronti di un'amministrazione dello Stato. I giudici del Tar Liguria desumono la cumulabilità e non alternatività dei due termini e quindi ne deriva che il creditore non può procedere all'esecuzione forzata, né proporre ricorso per l'ottemperanza del provvedimento, prima che sia decorso un termine di dieci mesi.
Alla luce di questo questo quadro normativo il Tar Liguria ha evidenziato tre di diversi profili di illegittimità costituzione. In primo luogo, per violazione dell'articolo 3 della Costituzione «in quanto si è creato un regime normativo e procedimentale ingiustificatamente favorevole all'amministrazione debitrice di somme ex l. n. 89 del 2001, la cui irragionevolezza discende anche dalla violazione del principio della par condicio creditorum». In secondo luogo, per violazione del diritto di difesa in quanto la previsione di un termine semestrale (ulteriore rispetto al quello di 120 giorni previsto dall'articolo 14 del Dl n. 669 del 1996) comporta l'impossibilità per il cittadino di agire in via immediata e diretta per il soddisfacimento del proprio credito, pur essendo egli in possesso di un titolo esecutivo perfetto. In terzo luogo, per violazione del principio del giusto processo, come sancito dalla carta dei diritti Ue ed alla Cedu, in particolare «laddove è previsto che le modalità procedurali dei ricorsi non debbano rendere praticamente impossibile od anche solo eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti conferiti dall'ordinamento giuridico dell'Unione».

Tar Liguria – Sezione II - Ordinanza 17 ottobre 2016 n. 1007

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