Equo compenso, seduta in Commissione rinviata ma spunta l'errore tecnico
Il richiamo nel Ddl ad un norma abrogata dalla entrata in vigore anticipata della riforma Cartabia potrebbe richiedere un nuovo passaggio alla Camera
Inciampo tecnico o semplice rinvio per partecipare ai lavori d'Aula. Fatto sta che questa mattina la Commissione Giustizia del Senato avrebbe dovuto votare gli emendamenti e gli ordini del giorno al disegno di legge sull'equo compenso ed invece ha rinviato la seduta alla prossima settimana. Il capogruppo del Pd nella II Commissione, Alfredo Bazoli, fa sapere che il rinvio si è reso necessario per consentire ai componenti dell'organismo parlamentare di seguire i lavori d'Aula.
Ma a rallentare la corsa del provvedimento potrebbe essere un problema tecnico, ovverosia il richiamo contenuto nell'articolo 7 del Ddl (quello relativo al parere di congruità dell'ordine) all'articolo 702-bis del codice di procedura civile (sulla costituzione delle parti nel giudizio di opposizione), che è stato abrogato dalla riforma Cartabia, entrata anticipatamente in vigore lo scorso 28 febbraio (Il Dlgs 10 ottobre 2022, n. 149 ha disposto con l'art. 3, comma 48 l'abrogazione dell'art. 702-bis).
Il rinvio ad una norma ormai abrogata richiederà probabilmente un intervento sul testo. Getta acqua sul fuoco la Relatrice e senatrice della Lega Erika Stefani: "Non credo ci sia nessun problema. Vi è un articolo come il 702 bis che semplicemente ora diventa 281 del codice di procedura civile". E aggiunge: "Ne discuteremo in commissione la prossima settiman a. Questo insieme con tutti gli emendamenti". Sono infatti arrivati, conferma Stefani, i pareri sugli emendamenti depositati al testo (33 proposte di modifica e 4 ordini del giorno) delle altre Commissioni di palazzo Madama. Ma l'intenzione della maggioranza, fino ad ora, era quella di procedere spedita verso l'approvazione.
Per la presidente del CoLAP Emiliana Alessandrucci: "Alla luce della presenza nel provvedimento di una norma abrogata, il testo necessita di un nuovo passaggio parlamentare, ovvero il ritorno in terza lettura alla Camera". "Questo intoppo – prosegue - deve essere visto come un'occasione da non perdere. Il Governo aveva fretta di votare la norma in aula al Senato, a quanto pare adesso saranno costretti a riniziare l'iter. Sosteniamo da tempo che il testo vada modificato e migliorato sotto molti punti di vista, primo fra tutti il tema dei parametri". E poi aggiunge: "Una norma pensata inizialmente solo per una professione - gli avvocati - non può essere applicata con successo a tutti i professionisti. Il Governo sfrutti questa occasione per valutare gli emendamenti che fino ad ora sono stati ignorati in nome di una fretta che rischia di partorire una norma paradossalmente dannosa per milioni di professionisti".
Si vedrà, dunque, se è possibile trovare una accorgimento tecnico per superare l'impasse o se sarà necessario un nuovo voto di Montecitorio che a quel punto probabilmente spalancherebbe le porte anche ad altre modifiche chieste dalle forze di opposizione.
Art. 7.
(Parere di congruità con efficacia di titolo esecutivo)
1. In alternativa alle procedure di cui agli articoli 633 e seguenti del codice di
procedura civile e di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 il parere di congruità emesso dall'ordine o dal collegio professionale sul compenso o sugli onorari richiesti dal professionista costituisce titolo esecutivo, anche per tutte le spese sostenute e documentate, se rilasciato nel rispetto della procedura di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, e se il debitore non propone opposizione innanzi all'autorità giudiziaria, ai sensi dell'articolo 702-bis del codice di procedura civile, entro quaranta giorni dalla notificazione del parere stesso a cura del professionista.
2. Il giudizio di opposizione si svolge davanti al giudice competente per materia e per valore del luogo nel cui circondario ha sede l'ordine o il collegio professionale che ha emesso il parere di cui al comma 1 del presente articolo e, in quanto compatibile, nelle forme di cui all'articolo 14 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150.