Penale

Dirottamento per evitare la Libia? Legittima difesa

Le motivazioni della Vos Thalassa e la Corte Ue su Schengen

di Patrizia Maciocchi

Legittima difesa per i migranti accusati di aver “dirottato”, verso le coste italiane il rimorchiatore Vos Thalassa con a bordo 67 migranti, per non essere riconsegnati ai libici. Il diritto alla scriminante per il reato di violenza e minaccia agli ufficiali, nasce dall’esistenza del pericolo reale e attuale «di subire un’offesa ingiusta». L’ordine di respingimento collettivo verso la Libia - dato in violazione del principio di non refoulement dettato dalla Convenzione di Ginevra - comportava, infatti, il rischio di subire torture. Pericolo che poteva essere scongiurato solo gettandosi in mare, con la possibilità di annegare o costringendo l’equipaggio ad invertire la rotta, fino alla presa in consegna dei migranti da parte della nave “Diciotti”. La Cassazione (sentenza 15869) ha depositato ieri le motivazioni con le quali, il 16 dicembre 2021, ha annullato senza rinvio le condanne, a carico dei due migranti. Per la Suprema corte, nel 2018, all’epoca dei fatti, la Libia non poteva essere considerata, secondo le linee guida dell’Organizzazione Internazionale marittima, un “luogo sicuro”. Dopo il memorandum Italia -Libia del 2017, sulla cui legittimità il Tribunale aveva espresso forti perplessità, la Libia era indicata dalle Nazioni Unite stato non sicuro per i respingimenti (Unhcr position on returns to Libya 2018). La reazione all’ordine illegittimo di consegna alle autorità di quel paese fu dunque proporzionata.

Sempre ieri sul tema migranti si è espressa la Corte di giustizia della Ue. I giudici di Lussemburgo (sentenza C-368/20) hanno affermato la possibilità per gli Stati membri di ripristinare il controllo alle frontiere con altri paesi membri, in caso di minaccia grave per l’ ordine pubblico o la sicurezza, ma senza superare la durata massima totale di sei mesi. Misura che può essere replicata solo se c’è una nuova minaccia grave. Il rinvio pregiudiziale è maturato nell’ambito della crisi migratoria che ha indotto l’Austria ha ripristinare il controllo alle frontiere con l’Ungheria e la Repubblica di Slovenia. Una misura ripristinata più volte. La Corte Ue, ha interpretato il codice frontiere Schengen chiarendo che il ripristino del controllo é un’eccezione al principio di libera circolazione e, incluse le proroghe, non può sforare il tetto massimo totale di sei mesi. Un tempo sufficiente per fronteggiare le minacce, eventualmente in cooperazione con altri Stati membri. Tuttavia in caso di una nuova e distinta minaccia la misura può essere riproposta, dopo una valutazione degli eventi concreti. E nell’ipotesi di circostanze eccezionali in cui sia a rischio il funzionamento globale dello spazio Schengen, il Consiglio può raccomandare a uno o a più Stati membri di ripristinare il controllo alle rispettive frontiere interne, per una durata massima di due anni. Inoltre per la Corte Ue una persona, proveniente da un paese membro, non può essere obbligata al suo ingresso, a pena di sanzione, a esibire i documenti, se il ripristino del controllo è contrario alle norme Schengen.

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