Amministrativo

La Corte Costituzionale risolve annosa questione riguardante il vincolo paesaggistico sulla Valle dei Templi

La questione approdata alla Corte Costituzionale, è sorta dall'esigenza del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, di chiarire una problematica che ha coinvolto migliaia di residenti e che ha comportato l'instaurazione di un ingente numero di giudizi dinanzi al CGARS

di Giorgio Troja *

La Corte Costituzionale con sentenza n. 75 del 24 marzo 2022, ha posto fine ad un'annosa questione sulla vigenza o meno del vincolo paesaggistico nell'area della Valle dei Templi di Agrigento prima del L.47/1985 e sulla legittimità costituzionale dell'art. 5, c. 3 della L.R. Siciliana 31 maggio 1994, n.17, con la conseguente configurabilità o meno di un'indennità pecuniaria laddove il vincolo in questione fosse sopravvenuto all'abuso.

La questione approdata alla Corte Costituzionale, è sorta dall'esigenza del Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, di chiarire una problematica che ha coinvolto migliaia di residenti e che ha comportato l'instaurazione di un ingente numero di giudizi dinanzi al CGARS.

Quest'ultimo con sentenza non definitiva ha sollevato, in riferimento all'art. 14, c. 1, lett.n), del R.D.Lgs. 15.5.1946, n. 455, convertito nella L. Cost. 26.2.1948, n. 2, e agli artt. 3, 9, 97 e 117, c. 2, lett. s), della Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, c.3, della L.R. Siciliana 31.5.1994, n. 17, in base al quale "il nulla-osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione in sanatoria, anche quando il vincolo sia stato apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva. Tuttavia, nel caso di vincolo apposto successivamente, è esclusa l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio": questo secondo periodo è la norma censurata.

Secondo il rimettente, quest'ultima norma non consentendo di richiedere il pagamento dell'indennità di cui all'art. 167, c. 5, del D.Lgs. n. 42/2004, in caso di vincolo paesaggistico sopravvenuto, violerebbe l'art. 14, c. 1, lett. n), dello statuto speciale, che attribuisce alla Regione Siciliana competenza legislativa primaria nella materia "tutela del paesaggio", per contrasto con il citato art. 167 del D.Lgs. n. 42/2004, con conseguente violazione degli artt. 9 e 117, c. 2, lett. s), Cost. La disposizione regionale censurata, per il CGARS violerebbe inoltre gli artt. 3 e 97 Cost., in quanto potrebbe vanificare l'efficacia deterrente dell'istituto dell'indennità paesaggistica, "con conseguente irragionevolezza intrinseca della disciplina e connesso pregiudizio al buon andamento della pubblica amministrazione".

Prima di esaminare le questioni sollevate, è opportuna una breve sintesi del quadro normativo in cui si inserisce la disposizione censurata. A seguito della L. n. 47/85, cioè della prima legge statale sul condono edilizio, la Regione Siciliana ha disciplinato la materia con la L.R. 10 agosto 1985, n. 37, nell'esercizio della potestà legislativa primaria ad essa attribuita dall'art. 14, lettere f) e n), dello statuto speciale nelle materie dell'urbanistica e della tutela del paesaggio. L'art. 23, comma 10, di tale legge dispone che, "per le costruzioni che ricadono in zone vincolate da leggi statali o regionali per la tutela di interessi storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici, ambientali, igienici, idrogeologici, delle coste marine, lacuali o fluviali, le concessioni in sanatoria sono subordinate al nulla-osta rilasciato dagli enti di tutela sempre che il vincolo, posto antecedentemente all'esecuzione delle opere, non comporti inedificabilità e le costruzioni non costituiscano grave pregiudizio per la tutela medesima".

Questa disposizione è stata oggetto d'interpretazione autentica ad opera del censurato art. 5, comma 3, della L.R. Siciliana n. 17/1994, il quale articolo ha chiarito che, in caso di vincolo apposto successivamente all'ultimazione dell'opera abusiva, per ottenere la concessione edilizia in sanatoria sia comunque necessario il nulla-osta dell'autorità preposta alla gestione del vincolo, restando "esclusa l'irrogazione di sanzioni amministrative pecuniarie, discendenti dalle norme disciplinanti lo stesso, a carico dell'autore dell'abuso edilizio".

Lo stesso art. 5, c. 3, della L.R. Siciliana n. 17/1994 era stato successivamente sostituito dall'art. 17, c.11, della L.R. Siciliana n. 4/2003, che aveva fornito un'interpretazione diversa della citata disposizione regionale del 1985, stabilendo che "il parere dell'autorità preposta alla gestione del vincolo è richiesto, ai fini della concessione o autorizzazione edilizia in sanatoria, solo nel caso in cui il vincolo sia stato posto antecedentemente alla realizzazione dell'opera abusiva". Questa seconda disposizione interpretativa è stata però dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 39/2006. Secondo il rimettente, la sentenza n. 39/2006 avrebbe determinato la reviviscenza dell'art. 5, c.3, della L.R. Siciliana n. 17 del 1994, con la conseguenza che tale disposizione, pur essendo stata a suo tempo sostituita dall'art. 17, c. 11, della L.R. Siciliana n. 4/2003, sarebbe tuttora vigente.

Sulla prima questione, la Corte ha ritenuto di doverla dichiarare inammissibile, in quanto il CGARS ha dato per scontato che anche il caso del rilascio del nulla-osta paesaggistico in un procedimento di condono relativo a un abuso edilizio commesso prima dell'apposizione del vincolo ricadesse nell'ambito di applicazione dell'art. 167, c.5, terzo periodo, del D.lgs n. 42/2004, e che dunque, fosse dovuta l'indennità pecuniaria ivi prevista, sulla base dell'art. 2, c. 46, della L. 662/1996 e della sent. dell'Ad.Plen. n. 20/1999.

La Corte ha chiarito che né la disposizione richiamata dal CGARS, che si limita a regolare il rapporto fra l'oblazione pagata in sede di condono e l'indennità prevista (all'epoca) dall'art. 15 L. n. 1497/1939 e non si occupa affatto del caso in cui il vincolo paesaggistico sia apposto dopo l'ultimazione dell'opera abusiva, né la sentenza dell'A.P. n. 20/1999 che nulla afferma circa la necessità di applicare l'indennità pecuniaria prevista dall'art. 15 della L. n. 1497/1939, siano inammissibili.

Sul secondo quesito, sollevato in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la Corte ha dichiarato allo stesso modo la sua infondatezza, poiché la disposizione censurata riguarda una fattispecie in cui è stato commesso un illecito edilizio, ma non un illecito paesaggistico, in quanto al momento dell'abuso edilizio il vincolo non esisteva e dunque l'opera realizzata non poteva violarlo. Sicchè essa non può essere idonea a vanificare l'efficacia deterrente dell'indennità paesaggistica, giacché tale effetto ha logicamente ad oggetto la violazione dell'obbligo paesaggistico, che nel caso di specie non c'è. Se, d'altro canto, la deterrenza fosse riferita al comportamento abusivo edilizio, e al rischio, che ne deriverebbe, di incorrere in una reazione dell'ordinamento anche per l'eventuale successiva sopravvenienza di un vincolo paesaggistico, sì può osservare che, comunque, un effetto deterrente indiretto di questo tipo è offerto dalla stessa norma in esame.

*a cura dell'Avv. Giorgio Troja Studio Legale Cimino & Partners Palermo - Roma - Milano

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

Correlati

Giuseppe Latour

Il Sole 24 Ore

Davide Madeddu

Norme & Tributi Plus Enti Locali e Edilizia

Donato Palombella

Riviste