Responsabilità

Rc auto: per il terzo trasportato risarcimento sempre garantito

La Cassazione, sentenza n. 11246/2022, ha respinto il ricorso di Unipol Sai contro la decisione che aveva condannato la compagnia a pagare 144mila euro al terzo trasportato proprietario del veicolo

di Francesco Machina Grifeo

No a clausole assicurative che limitino il risarcimento del danno patito dal terzo trasportato. La Corte di cassazione, con la sentenza n. 11246 depositata oggi, ha respinto il ricorso di Unipol Sai contro la decisione della Corte d'Appello di L'Aquila (del 2019) che aveva condannato la compagnia a pagare 144.165 euro, a titolo di danno non patrimoniale, al terzo trasportato che era anche il proprietario del veicolo, in conseguenza di un sinistro stradale verificatosi nel 2007 quando, durante il trasporto in ospedale, l'autovettura, secondo il ricorrente, per "incapacità alla guida" del conducente "sbandava uscendo di strada".

In primo grado invece il Tribunale di Chieti (nel 2015) aveva respinto la domanda dell'attore reputando inefficace la copertura assicurativa "per avere il danneggiato assicurato affidato consapevolmente la conduzione dell'autovettura a soggetto non idoneo alla guida", in quanto sprovvisto di patente.

Per il giudice di secondo grado, dunque, in forza del diritto europeo, ai fini risarcitori sussisteva prevalenza della qualità di vittima del sinistro su quella di assicurato e, ai fini della copertura assicurativa, era "irrilevante il fatto che la vittima si identifichi con il proprietario del veicolo". Inoltre, "il diritto alla copertura assicurativa dell'assicurato-proprietario, che abbia preso posto nel medesimo come passeggero, non può essere escluso in ragione della sua corresponsabilità nella causazione del danno" (salva, ovviamente la necessità di tenere conto del suo eventuale concorrente comportamento colposo in funzione della diminuzione del risarcimento). E nel caso di specie, mancava la prova di un concorso di colpa.

La Suprema corte richiama due decisioni della Corte di giustizia, la sentenza "Candolin" (30 giugno 2005, in causa C-537/03) e la sentenza "Lavrador" (1° dicembre 2011) affermando che "l'applicazione sistematica, nella fattispecie, di tale formante giurisprudenziale sovranazionale si traduce nel principio per cui la clausola che escluda, aprioristicamente, nei confronti del danneggiato-assicurato, il diritto alla copertura assicurativa – per il caso in cui sia apprezzata, in fatto, la sussistenza, ai sensi dell'art. 1227 c.c., di relativo concorso di colpa – è a questi inopponibile, tenuto conto che alla legislazione nazionale è consentito non già di escludere ipso iure , bensì conformare, proporzionalmente, il quantum del diritto al risarcimento del danno, in forza delle regole della responsabilità civile". E che il principio vulneratus ante omnia reficiendus si applica anche in favore dell'assicurato che, al momento del sinistro, è trasportato da un terzo, non distinguendosi la sua condizione da quella di qualsiasi altro passeggero vittima dell'incidente. In questo caso, prosegue la decisione, l'assicuratore non può avvalersi, per negare il risarcimento, di disposizioni legali o di clausole contrattuali, ivi comprese quelle che escludono la copertura assicurativa nelle ipotesi di utilizzo del veicolo da parte di persone non autorizzate o prive di abilitazione alla guida, "perché l'unica eccezione al principio sopra menzionato opera quando il veicolo assicurato è condotto da una persona non autorizzata ed il passeggero, vittima dell'incidente, è a conoscenza del fatto che il mezzo è stato oggetto di furto".

In definitiva, per la Suprema corte va affermato il seguente principio di diritto: «In tema di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore, la previsione di una clausola di esclusione della garanzia assicurativa per i danni cagionati dal conducente non abilitato alla guida non è idonea, di per sé, ad escludere l'operatività della polizza assicurativa in favore della vittima, trasportata a bordo del veicolo al momento dell'incidente ed assicurata per la guida di tale veicolo». E tanto, a prescindere dal rilievo per cui «l'assicurato vittima fosse consapevole del fatto che la persona che egli ha autorizzato a guidare il veicolo non era assicurata a tal fine, oppure che fosse convinto che essa fosse assicurata, oppure ancora che si sia posto o non si sia posto domande a tale riguardo».

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