Amministrativo

Beni culturali con vincolo di destinazione d’uso

Lo ha precisato il Consiglio di Stato con l'adunanza plenaria n. 5/2023

di Carmen Chierchia

Un bene culturale può essere protetto non solo nella sua dimensione “fisica”, ma anche nella destinazione d’uso che ad esso viene impressa e che in esso può esercitarsi: con la pronuncia n. 5 del 13 febbraio scorso, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha chiarito che il ministero può imporre vincoli di destinazione d’uso se funzionali ad una miglior espressione del valore culturale del bene.

La pronuncia è molto importante per molteplici ragioni: da un lato prettamente giuridico, prende posizione sulla possibilità di imporre vincoli d’uso (possibilità su cui non si registrava uniformità di vedute in giurisprudenza); ma la sentenza è importante anche per il riconoscimento di una facoltà che rende molto più incisivo e profondo l’effetto che può scaturire dall’apposizione di un cosiddetto vincolo culturale: il ministero può impedire usi diversi da quello condotto storicamente nell’immobile.

In questi casi, quindi, l’interesse culturale emerge dalla relazione che sussiste tra il bene e l’attività che in esso è insediata. Si tratta di una commistione tra un bene materiale (l’immobile) e uno immateriale (l’uso) che, come rilevato nella pronuncia, costituisce un tutt’uno inscindibile che dà forma a «quella peculiare espressione artistica e storica riconosciuta di particolare interesse culturale».

La pronuncia nasce nel contesto di un articolato contenzioso tra un conduttore di un noto ristorante storico di Roma e la società proprietaria dell’immobile che chiedeva il rilascio dell’unità. Tra gli elementi posti a difesa dal conduttore vi era anche l’avvenuta apposizione di un vincolo culturale ai sensi dell’articolo 10, comma 3, lettera d) del Codice dei Beni Culturali (Dlgs 22 gennaio 2004, n. 42), ossia il cosiddetto vincolo relazionale, ossia quel tipo di vincolo che protegge determinati beni «a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte, della scienza, della tecnica, dell’industria e della cultura in genere».

Nel caso in questione, la relazione del decreto di vincolo precisava che il ristorante fosse espressione di una tradizione enogastronomica e socialità e un «teatro di frequentazioni e di eventi pubblici e privati significativi da parte di personaggi illustri italiani e stranieri e di gente comune, la cui preservazione consente uno sguardo inedito sul costume e sulla vita della città di Roma, a partire dal dopoguerra, passando per gli anni della “Dolce Vita” fino ai recenti sviluppi del turismo internazionale e di massa, nonché su aspetti peculiari della costruzione dell’immaginario dell’italianità all’estero».

È stata quindi valorizzata una connessione tra gli elementi materiali e quelli immateriali, ravvisando l’essenzialità della continuità dell’uso; il che poi si traduce nella sostanziale imposizione di un «vincolo di destinazione d’uso del bene culturale».

Come detto, sul punto, si sono registrati tre orientamenti giurisprudenziali: un primo indirizzo che considerava illegittimo il “vincolo culturale di destinazione d’uso” ritenendolo incompatibile con la tutela costituzionale del diritto di proprietà e della libertà di iniziativa economica; un secondo che consentiva un vincolo culturale di destinazione d’uso solo se funzionale ad una migliore conservazione della cosa; e un terzo, che è riconosciuto come legittimo dall’Adunanza Plenaria, che ritiene che i vincoli di destinazione d’uso siano pienamente conformi alle previsioni del Dlgs 42/2004.

L’Adunanza Plenaria precisa che il «vincolo di destinazione d’uso del bene culturale» può essere imposto a tutela di beni che sono espressione di identità culturale collettiva, non solo per disporne la conservazione, «ma anche per consentire che perduri nel tempo la condivisione e la trasmissione della manifestazione culturale immateriale, di cui la cosa contribuisce a costituirne la testimonianza».

In questi casi assumerà un ruolo decisivo la motivazione del decreto di vincolo da cui dovranno risultare le peculiarità del bene che rendono necessario l’apposizione di un vincolo così incisivo.

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