Professione e Mercato

PNRR e Avvocati, al vaglio opportunità e limitazioni

La normativa sul PNRR consente a un avvocato di essere iscritto agli elenchi del Portale di Reclutamento e di essere assunto dalle PA a tempo determinato senza doversi cancellare dall'albo, ma non gli consente di esercitare la professione, mentre l'iscrizione all'albo resta inibita a chi accetta un lavoro subordinato (o di collaborazione esclusiva coordinata e continuativa) al servizio di un datore di lavoro privato

di Gianfranco Di Garbo

Tra le pieghe del Decreto legge del 6.11.2021 n. 152 , con il quale il Governo ha emesso disposizioni urgenti per l'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ("PNRR") si trova una norma di grande interesse per gli avvocati.

Si tratta dell'art. 31, che modificando il DL 9 giugno 2021, n. 80 (convertito con legge 6 agosto 2021, n. 113), ha inserito - all'articolo 1 - il comma 7-ter che così recita: "Al fine di incentivare il reclutamento delle migliori professionalità per l'attuazione dei progetti attuativi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), per i professionisti assunti a tempo determinato con le modalità di cui ai commi 4 e 5, lettera b), non è richiesta la cancellazione dall'albo, collegio o ordine professionale di appartenenza e l'eventuale assunzione non determina in nessun caso la cancellazione d'ufficio . ".

Il DL n.80/2021 ha infatti previsto tutta una serie di misure atte a rafforzare la capacità funzionale della pubblica amministrazione, dotandola dei mezzi e delle risorse necessari per dare attuazione al PNRR, in aggiunta alle assunzioni di personale a tempo determinato gia' espressamente previste nel Piano stesso.

In particolare l' art. 1 del Decreto prevede che le amministrazioni titolari di interventi previsti nel PNRR possono porre a carico del PNRR le spese per il reclutamento di personale specificamente destinato a realizzare i progetti di cui hanno la diretta titolarità di attuazione, nei limiti degli importi che saranno previsti dalle corrispondenti voci di costo del quadro economico del progetto.

Per le assunzioni sono previste procedure semplificate, utilizzando il Portale di Reclutamento già previsto dalla Legge 19 giugno 2019, n. 56 e divenuto oramai come unica e rivoluzionaria porta d'accesso per il reclutamento del personale della PA, che utilizza un sistema innovativo digitale che semplifica e velocizza l'incontro tra domanda e offerta di lavoro pubblico.

• Selezioni uniche per la formazione di elenchi di idonei all'assunzione nei ruoli dell'amministrazione degli enti locali

Per quel che ci interessa, l' art. 3-bis del DL n. 80 prevede che possano iscriversi agli elenchi dei candidati alle potenziali assunzioni attraverso il Portale di reclutamento tutti i professionisti (compresi quelli non organizzati in ordini o collegi, di cui alla legge 14.1.2013 n.4), e quindi anche, e c'è da supporre in prima linea, gli avvocati.

Il Decreto ( Art.7 ) prevede quale requisito per l'iscrizione nell'elenco semplicemente l'appartenenza (non in stato di quiescenza) al rispettivo albo, collegio o ordine professionale, mentre per disciplinare le modalità per il conferimento degli incarichi è previsto un ulteriore Decreto Ministeriale, fermo restando che si tratta di incarichi di lavoro subordinato a tempo determinato, come precisato dall'art. 13 del decreto, che equipara gli assunti, per quanto attiene al trattamento economico fondamentale e accessorio e ad ogni altro istituto contrattuale, al profilo dell'Area III, posizione economica F3, del CCNL del personale del comparto Funzioni centrali, sezione Ministeri.

Il Governo si è poi accorto, in seconda battuta, che l' art. 18 della legge professionale (L. 31.12.2012 n. 247) prevede a chiare lettere che la professione di avvocato è incompatibile, tra le altre, "con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario di lavoro limitato".
Di qui la norma citata, che ha inserito una deroga (parziale, come vedremo) a tale divieto, in favore delle assunzioni previste per dare attuazione al PNRR.

Il successivo comma 7-quater prevede anche che i "professionisti assunti dalle pubbliche amministrazioni ai sensi del comma 7-bis.1, possono mantenere l'iscrizione, ove presente, ai regimi previdenziali obbligatori di cui al decreto legislativo 30 giugno 1994, n. 509, e al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n. 103. È in ogni caso escluso qualsiasi onere a carico del professionista per la ricongiunzione dei periodi di lavoro prestati ai sensi dei commi 4 e 5, lettera b), nel caso in cui lo stesso non opti per il mantenimento all'iscrizione della cassa previdenziale di appartenenza".

• Sulla incompatibilità tra la professione di avvocato e il lavoro subordinato

Solo apparentemente la norma sembra incidere in modo pesante sul principio generale dell'incompatibilità tra la professione di avvocato e il lavoro subordinato. Ed infatti la deroga di cui all'art. 27 del DL 152/2021 riguarda soltanto l'iscrizione all'albo, che non decade per effetto della assunzione nella PA, ma non l'esercizio della professione, che comunque resta incompatibile con il lavoro subordinato e ciò non solo perché l'art. 18 della legge professionale non è stato né espressamente né implicitamente abolito, ma perché la norma non ha toccato il principio generale di cui all'art. 98 della costituzione, in forza del quale i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della nazione.

Tale principio è stato dettagliatamente declinato dall' art. 53 del d.lgs. 165/2001 (T.U. sul pubblico impiego), il quale disciplina i casi di incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi, e che ha lasciato, quale unico temperamento alla esclusività della prestazione a favore dell'ente pubblico, la disposizione contenuta nella Legge n. 662/1996, che consente ai dipendenti pubblici, con rapporto di lavoro part-time non superiore al 50%, di svolgere, previa valutazione dell'esistenza di un eventuale conflitto di interessi operata dalle Amministrazioni, attività libero-professionale ed attività di lavoro subordinato o autonomo.

A sua volta il comma 1 dell'articolo 53 del Testo Unico, estendendo la disciplina prevista per i dipendenti dello Stato di cui all'articolo 60 del d.p.r. 3/1957, a "tutti i dipendenti pubblici", individua le attività assolutamente incompatibili con il rapporto di pubblico impiego stabilendo il divieto di "esercitare il commercio, l'industria, né alcuna professione o assumere impieghi alle dipendenze di privati o accettare cariche in società costituite a fine di lucro".

Per quanto riguarda in particolare gli avvocati è però intervenuta la legge n. 339 del 2003, art. 1, secondo cui le disposizioni di cui all'articolo 1, commi 56, 56-bis e 57 , della legge 662/1996, non si applicano all'iscrizione agli albi degli avvocati, per i quali restano fermi i limiti e i divieti di cui al RD 1578/1933 (antecedente della attuale legge professionale).

La materia è stata oggetto di una importante sentenza delle Sezioni Unite (la n. 9545 del 12 aprile 2021 ), all'esito del quale un legale, che aveva ritenuto, in base alle norme sopra illustrate, di poter applicare l'istituto della sospensione dall'iscrizione all'Albo, invece della cancellazione, pur essendo un dipendente pubblico con un contratto part-time non superiore al 50 %, è stato definitivamente cancellato dall'Albo professionale. La Corte ha affermato che  l'esercizio della professione forense è incompatibile con qualsiasi attività di lavoro subordinato anche se con orario limitato, mentre l'istituto della sospensione volontaria è inapplicabile a coloro che siano privi dei requisiti per l'iscrizione all'Albo. La Corte ha precisato che l'art. 20 c. 2 della Legge professionale consente al professionista iscritto all'Albo di scegliere di sospendere temporaneamente l'esercizio dell'attività professionale, ma opera soltanto, appunto, quando tale attività non sia già proibita per l'esistenza di una causa di incompatibilità.

E' appena il caso di segnalare che il citato 18 della l. 247/2012 sancisce l'incompatibilità dell'esercizio della professione non solo con l'impiego pubblico, ma con qualsiasi attività di lavoro subordinato, anche alle dipendenze di imprese private. E' il caso dei c.d. "giuristi di impresa", regolato dall' 2, comma 6, della l. p. che consente agli stessi (sia che siano lavoratori subordinati o prestatori d'opera continuative e coordinata nell'esclusivo interesse di un datore di lavoro) soltanto l'esercizio dell'attività professionale di consulenza e assistenza legale stragiudiziale, senza che sia consentita l'iscrizione all'albo degli avvocati (sul punto cfr. decisione del CNF 26 agosto 2020, n. 161 ).

In conclusione la normativa sul PNRR consente a un avvocato di essere iscritto agli elenchi del Portale di Reclutamento e di essere assunto dalle Pubbliche amministrazioni a tempo determinato senza doversi cancellare dall'albo, ma non gli consente di esercitare la professione, mentre l'iscrizione all'albo resta inibita a chi accetta un lavoro subordinato (o di collaborazione esclusiva coordinata e continuativa) al servizio di un datore di lavoro privato.

Si tratta in ogni caso di una opportunità che può consentire ai professionisti di fare una significativa esperienza nella pubblica amministrazione, senza perdere lo status di avvocato e di poter quindi rientrare nella libera professione alla fine dell'impiego senza ricadute di carattere contributivo e regolamentare. E, soprattutto, in base alla analisi di cui sopra, senza che vengano stravolte le norme a tutela della dignità ed indipendenza della professione, quali sono quelle sulle incompatibilità.

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