Famiglia

Riforma Cartabia/10 - Gli ordini di protezione contro gli abusi familiari

Il Dlgs n. 149 del 2022 riordina la materia per intero all'interno degli articoli 473-bis.69 – 473-bis.71 del Cpc: Rilevanti le novità introdotte dalla novella

di Valeria Cianciolo

La disciplina degli ordini di protezione contro gli abusi familiari era contenuta in parte nel codice civile (articoli 342- bis e 342- ter) ed in parte nel codice di procedura civile (articolo 736 bis Cpc ).

Il Dlgs 22 ottobre 2022 n. 149 riordina la materia per intero all’interno degli articoli 473-bis.69 – 473-bis.71 Cpc , contenuti nella Sezione VII (“Degli ordini di protezione contro gli abusi familiari”) del Capo III dedicato alle disposizioni speciali del nuovo Titolo IV - bis del Libro II.

L’articolo 3, comma 49, lettera a), del Dlgs n. 149 del 2022, ha abrogato l’art. 736-bis Cpc, ma ha dimenticato di fare espressamente lo stesso con gli articoli 342 -bis e 342-ter del codice civile, che a lume di logica, debbono senz’altro considerarsi tacitamente abrogati, essendo stati evidentemente trasfusi nei nuovi articoli 473 - bis.69 – 473 -bis.70 Cpc

Quali le novità presenti nelle nuove disposizioni del Cpc?

L’articolo 473-bis.69 Cpc , che riproduce il contenuto dell’articolo 342-bis del codice civile, amplia in primo luogo l’ambito di applicazione dell’istituto, ammettendo espressamente che l’adozione di provvedimenti recanti ordini di protezione possa essere richiesta anche dopo che sia cessata la convivenza fra coniugi o conviventi. E’ stato così risolto uno degli aspetti più problematici della disciplina in esame perché era discusso se fosse applicabile un ordine di protezione nel caso in cui l'autore della condotta pregiudizievole e la vittima, pur legati da vincolo di parentela o di affinità, non condividessero la stessa casa. Infatti, un primo orientamento, negava del tutto l'applicazione in tali casi delle misure di tutela previste dall'art. 342-ter cod. civ. (Trib. Rieti, 6 marzo 2006). Altra parte della giurisprudenza e della dottrina (Bianca) riteneva invece, che le misure previste dall'art. 342 ter cod. civ. potessero applicarsi in tutte le ipotesi in cui l'autore e la vittima della violenza fossero legate da vincolo di parentela ovvero di affinità senza necessità di convivenza. (Trib. Bologna, 22 marzo 2005: “Le misure di tutela di cui agli articoli 342 bis e 342 ter cod. civ. possono essere accordate anche se non sussiste tra i due soggetti della coppia una situazione di convivenza, intesa quale perdurante coabitazione, al momento della proposizione della domanda”.).

Altra novità è rappresentata dal fatto che l’articolo 473-bis.69 Cpc , stabilisce che, quando la condotta tenuta sia suscettibile di arrecare pregiudizio anche a minori, i provvedimenti possano anche essere adottati dal tribunale dei minorenni e dunque, in alternativa al tribunale ordinario.

L’intento è nobile, ma bisogna poi verificare se i due plessi riescano a coordinarsi e non diano conflitti di competenza fra di loro, tralasciando poi un altro rilievo, ossia, come stabilire la diversità fra i procedimenti instaurati davanti al tribunale dei minorenni per ottenere l’adozione di ordini di protezione e quelli instaurati, per ottenere l’allontanamento dalla casa familiare del minore ovvero del genitore o convivente che lo maltratti o ne abusi, ai sensi degli articoli 330, comma 2, e 333, comma 1, cod. civ..

Il contenuto dell’articolo 473- bis.70 Cpc , coincide con quello dell’articolo 342 - ter cod. civ.. Sul punto, le novità apportate alla relativa disciplina sono due:

1. la previsione della possibilità che l’efficacia dell’ordine di protezione (la cui durata massima rimane fissata ad un anno decorrente dalla data di emanazione del relativo provvedimento), in presenza di “gravi motivi”, venga prorogata – oltre che su istanza di parte – anche su istanza del pubblico ministero quando siano coinvolti dei minori (comma 3 dell’art. 473 bis.70 Cpc );

2. la soppressione della statuizione che accordava al giudice la possibilità di disporre l’intervento di un centro di mediazione familiare in alternativa ai servizi sociali del territorio. Il secondo comma dell’abrogato art. 342 - ter cod. civ. stabiliva: “Il giudice può disporre, altresì, ove occorra l'intervento dei servizi sociali del territorio o di un centro di mediazione familiare…”. Al riguardo va ricordato che l’art. 48 della Convenzione di Istanbul, ratificata in Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77, vieta il ricorso obbligatorio a procedimenti di mediazione in tutti i casi di violenza rientranti nel campo di applicazione della Convenzione stessa, tra cui la violenza fisica e/o psicologica. In coerenza con quanto stabilito dalla Convenzione di Istanbul, al fine di prevenire la c.d. vittimizzazione secondaria, la Relazione illustrativa dispone: “in coerenza con l’articolo 48 della Convenzione di Istanbul, ratificata dall’Italia con legge del 27 giugno 2013, n. 77, è stata eliminata la possibilità per il giudice di disporre l’intervento di un centro di mediazione familiare,....essendo in tali ipotesi escluso ogni tentativo di accordo o mediazione che implichi la comparizione personale delle parti”, e si aggiunge che “essendo la misura il risultato di un intervento cautelare del giudice, si è preferito che l’effetto del versamento diretto all’avente diritto della somma che il datore di lavoro deve a titolo retributivo all’obbligato, sia il risultato dell’ordine di protezione e non di un’attività stragiudiziale”.

L’articolo 473 bis.71 Cpc  riproduce l’abrogato articolo 736 - bis Cpc  che disponeva che la domanda per un ordine di protezione si propone con ricorso al tribunale del luogo di residenza o domicilio dell'istante, che provvede in camera di consiglio in composizione monocratica.

Il giudice designato ha ampi poteri istruttori, potendo procedere nel modo che ritiene più opportuno e disponendo anche indagini tramite polizia tributaria sui redditi, sul tenore di vita e sul patrimonio personale e comune delle parti. Pronuncia poi decreto motivato, immediatamente esecutivo. Sul modello dei procedimenti cautelari, trattandosi di un rito monocratico deformalizzato con forti analogie con il procedimento cautelare, è ammessa, nei casi di urgenza, la possibilità di adozione di un ordine di protezione inaudita altera parte.

In questo caso verrà fissata un'udienza di comparizione entro il termine massimo di quindici giorni, ove confermare, modificare o revocare l'ordine di protezione assunto senza contraddittorio.

Il provvedimento è reclamabile secondo le forme del reclamo camerale.

Il decreto motivato emesso dal tribunale in sede di reclamo, con cui si accolga o si rigetti l'istanza di concessione della misura cautelare dell'allontanamento dalla casa familiare, non è impugnabile per cassazione né con ricorso ordinario per l'espressa previsione di non impugnabilità, contenuta nel 3 comma dell’articolo 473 bis.71 Cpc   né con ricorso straordinario, ai sensi dell'articolo 111 della Costituzione, giacché detto decreto difetta dei requisiti della decisorietà e della definitività.

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