Amministrativo

Appalti pubblici, la revisione dei prezzi in sede di offerta nel caso di aumento dei costi

Con la pronuncia in commento (sentenza n.239/2022 del 10 marzo) il TAR Lombardia – Sez. Brescia, fornisce elementi utili per delimitare l'ambito di applicazione della fattispecie, già prevista dal Codice degli appalti pubblici

di Margherita Cattolico e Francesco Aiello*

La sentenza n.239/2022 del 10 marzo della I sezione del Tar Lombardia, sez. Brescia è destinata a far discutere riguardo il procedimento di revisione dei prezzi in sede di offerta nel caso di aumento dei costi per l'aggiudicatario.

Tale pronuncia, basata su un orientamento restrittivo sull'ammissibilità della variazione dei prezzi, anteriore all'introduzione dell'art 29 del DL n.4 del 27 gennaio 2022 (Sostegni ter), è riuscita a fornire elementi utili per delimitare l'ambito di applicazione di tale fattispecie, già prevista dal Codice degli appalti pubblici .

In particolar modo il provvedimento del Tar ha stilato i capisaldi da cui partire per un ragionamento maieutico:
a) La revisione dei prezzi è ammissibile solo se prevista da apposite clausole all'interno della lex specialis ai sensi dell'art 106 c.1 lett A del d.lgs 50/2016;
b) È necessario mettere in luce la rigorosità della prova attestante l'imprevedibilità delle circostanze che hanno determinato l'insostenibilità del contratto;
c) L'istanza di revisione prezzi può essere formulata solo dopo la stipula del contratto;
d) Prima della stipula, l'operatore può, ove ci siano i presupposti, decidere di non stipulare;
e) Dopo la stipula, il privato può in caso di sopravvenute cause di aumento costi/prezzi determinati da fattori imprevedibili domandare la risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex art. 1467 c.c.
f) La stazione appaltante può evitare la risoluzione del contratto offrendo al privato la possibilità di riequilibrare le condizioni economiche.

Da questi punti programmatici emerge un quadro estremamente conciso sulla risoluzione delle singole controversie in tema di revisione appalti pubblici ma non privo di punti critici.

Primo tra questi è la capacità di dimostrare l'imprevedibilità di determinati avvenimenti ricollegabili alla variazione dei prezzi senza dover ricondurre tale variazione a una mera clausola di indicizzazione, la quale snaturerebbe la ratio stessa dell'articolo ut supra riportato. Come citato dallo stesso Tar "il riequilibrio non si rivolge a un automatismo perfettamente ancorato ad ogni variazione dei lavori delle materie prime".

Da queste considerazioni ne deriva che le congiunture storiche attuali, dall'emergenza sanitaria alla guerra hanno permesso apoditticamente un aumento di tali casistiche facendo emergere problematiche esiziali in tema di aggiudicazione e gestione degli appalti.

Attualmente il DL Sostegni ter ha previsto l'obbligatorietà per le stazioni appaltanti di prevedere nei bandi per l'affidamento dei contratti pubblici indetti dal 27 gennaio 2022 clausole di revisione prezzi in conformità dell'art 106 c.1 lett. A del Codice dei contratti pubblici, in modo da ovviare a una delle tante problematiche.

Non può dirsi però risolta la questione per molti operatori aggiudicatari di appalti pubblici ante DL Sostegni ter, i quali pregiudicati sia da bandi privi di clausole di revisione, sia da aggiudicazioni tardive e dalla lentezza della macchina amministrativa, hanno visto progressivamente richiedere il buon senso delle amministrazioni pubbliche per bilanciare il rapporto sinallagmatico tra le parti.

Rebus sic stantibus sembra ovvio che le soluzioni ammissibili siano due: da una parte procedere con risoluzione per eccessiva onerosità sopravvenuta ex. art. 1467 c.c., esercitabile a prescindere dalla presenza di clausole di revisione oppure in extrema ratio sperare in una ridefinizione dei termini cum grano salis da parte della stazione appaltante, al fine di proteggere la sostenibilità del contratto.

Molto interessante è stata la direttiva 24/2014/UE , la quale ha chiarito la natura delle cosiddette circostanze imprevedibili definendole come situazioni che non si potevano prevedere nonostante una ragionevole e diligente preparazione dell'aggiudicazione iniziale da parte dell'amministrazione aggiudicatrice, tenendo conto dei mezzi a sua disposizione, della natura e delle caratteristiche del progetto specifico, delle buone prassi nel settore in questione e della necessità di garantire un rapporto adeguato tra le risorse investite nel preparare l'aggiudicazione e il suo valore prevedibile.

Inoltre decisiva è stato, per poter rivendicare la causa dell'eccessiva onerosità sopravvenuta, il requisito della generalità; ovverosia una situazione congiunturale che non si sia sostanziata in una mera difficoltà del singolo, ma in un quadro riscontrabile presso qualsiasi debitore e tale da modificare il valore di mercato della prestazione.

In ultima battuta è stata sviscerata anche la questione riguardante la giurisdizione in tema di revisione la quale in base alla presenza o meno di clausole espresse all'interno dei bandi prevederebbe una duplice situazione. Le S.U. della Suprema Corte di Cassazione con ordinanza n. 21990 del 12/10/2020 hanno affermato infatti che "Nelle controversie relative alla clausola di revisione del prezzo negli appalti di opere e servizi pubblici, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in conformità alla previsione di cui all'art. 133, comma 1, lett. e), n. 2), del d.lgs. 104 del 2010, sussiste nell'ipotesi in cui il contenuto della clausola implichi la permanenza di una posizione di potere in capo alla P.A. committente, attribuendo a quest'ultima uno spettro di valutazione discrezionale nel disporre la revisione, mentre, nella contraria ipotesi in cui la clausola individui puntualmente e compiutamente un obbligo della parte pubblica del contratto, deve riconoscersi la corrispondenza di tale obbligo ad un diritto soggettivo dell'appaltatore, il quale fa valere una mera pretesa di adempimento contrattuale, come tale ricadente nell'ambito della giurisdizione ordinaria".

Stando così le cose, il reticolo normativo ha imposto necessariamente una visione lungimirante in sede di conversione del decreto n. 4/22, il quale seppur caratterizzato da novità importanti non ha definitivamente risolto la questione, non prevedendo un degno meccanismo compensativo che permettesse di evitare in futuro gare deserte e pregiudizi economici per la collettività non indifferenti.

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*A cura degli Avv.ti Margherita Cattolico e Francesco Aiello

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