Famiglia

Scioglimento della comunione legale tra i coniugi, quale regime delle restituzioni per titoli e conto corrente?

Tutti gli investimenti compiuti da ciascun coniuge, qualunque sia la natura del diritto che ne formi oggetto, entrano a far parte della comunione legale immediata ai sensi dell'art. 177, primo comma lett. a)

di Giancarlo Cerrelli*

Qual è il regime giuridico previsto per i beni e le rendite personali di ciascun coniuge quando si scioglie la comunione legale, a causa della loro separazione personale?

È opportuno premettere che quando i coniugi scelgono il regime della comunione legale dei beni, che è una comunione senza quote, sono solidalmente titolari di un diritto avente ad oggetto i beni di essa e rispetto alla quale non è ammessa la partecipazione di estranei.

Il regime di comunione legale dà facoltà a ciascun coniuge, durante il matrimonio, di compiere personalmente tutti gli atti di ordinaria amministrazione dei beni della comunione, senza necessità del consenso dell'altro coniuge, purché non vengano distratti beni necessari alle esigenze familiari.

A differenza della comunione ordinaria, la comunione legale dei coniugi non è finalizzata alla tutela della proprietà individuale, ma alla tutela della famiglia, attraverso particolari forme di protezione della posizione dei coniugi, con speciale riferimento al regime degli acquisti.

Ne consegue che alla cessazione del regime della comunione legale – che in caso di separazione consensuale avviene dalla data di sottoscrizione del verbale di separazione dei coniugi davanti al presidente, purché successivamente omologato con decreto emesso dal tribunale competente in composizione collegiale, mentre in caso di separazione giudiziale avviene dal momento in cui il presidente autorizza i coniugi a vivere separati con apposita ordinanza emessa nel corso dell'udienza presidenziale - i beni cadono in comunione ordinaria e ciascun coniuge, che abbia conservato il potere di disporre della propria quota, può liberamente e separatamente alienarla.

In sostanza, sino a quando non cessa il regime di comunione legale, i coniugi amministrano i beni destinati al mantenimento della famiglia, senza che alcuno di essi possa rivendicare la disponibilità personale delle loro rendite, nei limiti della propria quota di comproprietà, prima del definitivo scioglimento del rapporto di convivenza (cfr. App. Torino 30 marzo 2021 n. 347).

L'oggetto della comunione legale dei beni, infatti, è costituito dagli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio, tra cui ci sono i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione; i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati e le aziende.

A tal proposito, la Suprema Corte, ha specificato che "in caso di comunione legale tra i coniugi, il bene acquistato dai medesimi, insieme o separatamente, durante il matrimonio, costituisce, in via automatica, ai sensi dell'art.177, comma 1, lett. a), c.c., oggetto della comunione tra loro e diventa, quindi, in via diretta, bene comune ai due coniugi, anche se destinato a bisogni estranei a quelli della famiglia ed il corrispettivo sia pagato, in via esclusiva o prevalente, con i proventi dell'attività separata di uno dei coniugi, a meno che non si tratti del denaro ricavato dall'alienazione di beni personali (e sempre che, in quest'ultimo caso, l'acquirente dichiari espressamente la provenienza del denaro: art. 179, lett. f, c.c.) ovvero che si tratti di un bene di uso strettamente personale di ciascun coniuge (art. 179, lett. c, c.c.) ovvero che serva all'esercizio della professione del coniuge (art. 179, lett. d, c.c.)". (Cfr. Cass. Civ. n. 29342/18 ).

Stando così le cose, qual è il regime che seguono gli investimenti compiuti da un coniuge, durante il matrimonio, mediante l'acquisto di titoli azionari e/o obbligazionari, se questi si trova in regime di comunione legale?

È da rilevare sul punto che gli investimenti in titoli azionari o obbligazionari, così come anche le quote di fondi di investimento acquistati da un coniuge entrano a far parte della comunione legale immediata ai sensi dell'art. 177, primo comma lett. a), in quanto si tratta di incrementi patrimoniali rientranti tra gli acquisti compiuti durante il matrimonio da uno solo o da entrambi i coniugi in regime di comunione legale; cosicché fra gli "acquisti" ivi indicati, che entrano a far parte della comunione legale ove non espressamente esclusi, rientrano tutti gli investimenti compiuti da ciascun coniuge, qualunque sia la natura del diritto che ne formi oggetto (cfr. Cass. Civ. n. 21098/07 ).

È da chiarire, tuttavia che l'acquisto di titoli azionari e/o obbligazionari costituisce una forma di investimento del denaro che non è assimilabile in alcun modo al deposito bancario in conto corrente.

Tutti i prodotti finanziari (azioni, obbligazioni, titoli del debito pubblico, i titoli di Stato, come i Bot e i Btp, i buoni postali), infatti, rappresentano una forma di investimento e ricadono, come detto, nella comunione immediata, ai sensi dell'art. 177, c. 1, lett. a, c.c.; rientrano, pertanto, in tale regime tutti i valori depositati in un conto titoli, anche se intestato a un solo coniuge. Tali prodotti, infatti, avendo esclusivamente carattere patrimoniale con finalità di investimento non costituiscono frutti, o proventi percepiti e non consumati e dunque, non rientrano nella comunione de residuo.

Cosa diversa è il saldo attivo di un conto corrente che, invece, rientra nella comunione de residuo.

I coniugi, infatti, che si trovano in regime di comunione legale, possono essere titolari di un conto cointestato e in tal caso sono entrambi titolari del conto corrente bancario, oppure, può esserlo solo uno dei due coniugi.

Nel primo caso, per legge il denaro depositato su un conto corrente cointestato si presume di proprietà dei due coniugi in parti uguali e così una volta sciolta la comunione legale le somme presenti sul conto corrente, devono essere divise tra i coniugi nella misura del 50% ciascuno, a meno che uno dei due coniugi riesca a provare che il denaro versato, o parte dello stesso sia di proprietà esclusiva (cfr. Cass. 23 settembre 2015, n. 18777 ).

Nel caso in cui, invece, al momento dello scioglimento della comunione legale il coniuge risulti essere l'unico titolare del conto corrente, avente un saldo attivo, tale saldo rientra in comunione e in specie nella comunione de residuo .
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*A cura Prof. Avv. Giancarlo Cerrelli

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