Penale

Concorso del reato e condotte pregresse alla presentazione della dichiarazione dei redditi

Nota a Corte di Cassazione, Sez. III Penale, Sentenza 26 agosto 2021, n. 32237

di Mattia Miglio, Paolo Comuzzi

Con la sentenza 32337/2021 la Corte di Cassazione si occupa del concorso nel reato di cui all'articolo 2 della normativa penale tributaria, questo nel momento in cui l'organo amministrativo viene modificato in conseguenza di una regolare delibera dei soci (nel caso di specie per la intervenuta messa in liquidazione della società) e con questa decisione i giudici confermano la sentenza di condanna della Corte di Appello di Milano.

Il ricorrente contesta la Corte di Appello asserendo che, al momento del fatto di reato da ritenersi consumato con la presentazione della dichiarazione annuale dei redditi, lo stesso era cessato dalla carica di amministratore della società e non aveva alcun potere di firmare il suddetto documento né di incidere sulla formazione dello stesso.

Viene evidenziato che l'imputato non è stato condannato in quanto autore materiale del reato ma è stato condannato in quanto "…Investita dell'impugnazione dell'imputato, la corte territoriale, in risposta alla censura difensiva che si appuntava sull'estraneità dell'imputato che aveva documentato di avere cessato dalla carica di amministratore, a far data dal dicembre 2011, e di non essere il legale rappresentante della società e, soprattutto, di non essere il firmatario della dichiarazione … ha diversamente qualificato il fatto originariamente contestato al predetto … ritenendolo responsabile quale concorrente extraneus, ai sensi dell'art. 110 cod.pen., nel reato commesso dall'amministratore/liquidatore (omissis), firmatario della dichiarazione e legale rappresentante della società (omissis) srl, al momento dell'inoltro della dichiarazione …".

Partendo da questo dato di fatto la Corte di Cassazione formula delle considerazioni che appaiono di interesse e che possiamo riassumere come nel seguito.

Con un richiamo a decisioni precedenti il Collegio indica che "… la giurisprudenza della Corte di cassazione ha costantemente affermato che la responsabilità per i reati previsti dal D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, è attribuita all'amministratore, individuato secondo le norme civilistiche di cui agli artt. 2380 e ss., artt. 2455 e 2475 c.c., cioè a coloro che rappresentano e gestiscono l'ente. Costoro, in quanto tali, sono tenuti a presentare e sottoscrivere le dichiarazioni rilevanti per l'ordinamento tributario di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 1, lett. c) ed e), adempiendo agli obblighi conseguenti, e ciò sulla base del principio secondo cui colui che assume la carica di amministratore, si espone volontariamente a tutte le conseguenze che possono derivare da pregresse inadempienze ".

Stabilito questo principio i giudici proseguono affermando che "…L'obbligo della presentazione della dichiarazione dei redditi incombe direttamente sul contribuente e, in caso di persone giuridiche, su chi ne abbia la legale rappresentanza, tenuto a sottoscrivere la dichiarazione a pena di nullità (art. 1, comma 4, d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322).
Il fatto che il contribuente (la persona giuridica nel caso di specie) possa avvalersi di persone incaricate della materiale predisposizione e trasmissione della dichiarazione (art. 3, commi 3 e 3- bis, d.P.R. n. 322 del 1998, cit.) non vale a trasferire su queste ultime l'obbligo dichiarativo che fa carico direttamente al contribuente il quale, in caso di trasmissione telematica della dichiarazione, è comunque obbligato alla conservazione della copia sottoscritta della dichiarazione (art. 1, comma 6, d.P.R. n. 322 del 1998)…
".

La Cassazione è chiara anche nell'affermare che "… quanto al momento consumativo del reato, i delitti di dichiarazione fraudolenta previsti dagli artt. 2 e 3, D.Lgs. n. 74 del 2000, si consumano nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale nella quale sono effettivamente inseriti o esposti elementi contabili fittizi, essendo penalmente irrilevanti tutti i comportamenti prodromici tenuti dall'agente, ivi comprese le condotte di acquisizione e registrazione nelle scritture contabili di fatture o documenti contabili falsi o artificiosi ovvero di false rappresentazioni con l'uso di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolarne l'accertamento (Sez. 3, n. 52752 del 20 maggio 2014, Vidi, Rv. 262358 - 01) ed è a tale momento che deve essere individuato il soggetto autore del reato e non risponde del reato di cui all'art. 2 d. Igs. n. 74 del 2000, nemmeno a titolo di tentativo, l'amministratore di una società il quale, dopo aver acquisito e registrato una fattura per operazioni inesistenti, sia cessato dalla carica prima della presentazione della dichiarazione fiscale per la cui redazione la medesima fattura venga poi utilizzata dal suo successore. (Sez. 3, n. 23229 del 27/04/2012 P.M. in proc. Rigotti. Rv. 252999 - 01) …".

Ad un primo esame questa affermazione sembra allinearsi alla tesi difensiva ma la Corte stabilisce il principio per cui le condotte pregresse rispetto alla presentazione dei redditi possono certamente essere valorizzate nell'ambito del concorso statuendo che "…Non di meno, l'irrilevanza sul piano penale delle condotte pregresse non esclude che possano di per sé stesse essere valorizzate, come ha ritenuto la sentenza impugnata, quale elemento per configurare il concorso dell'estraneo nel reato proprio …".

Sul punto la decisione appare esplicita quando afferma che "… i comportamenti tenuti dal (omissis) quando ancora egli era amministratore della società, ben possano essere valorizzati come ha ritenuto la sentenza impugnata in termini di concorso con colui (ovvero ...omissis... che, rivestendo successivamente la carica di amministratore della società (omissis) ed indicando in dichiarazione la fattura in oggetto, ha perfezionato il reato. Infatti, è configurabile il concorso nel reato di cui all'art. 2 del D.Lgs. n. 74 del 2000 di colui che - pur essendo estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta - abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all'amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia. Quindi è configurabile in capo ad un extraneus (quale era, infatti, (omissis), non più amministratore della (omissis) srl, al momento della presentazione della dichiarazione) il concorso nel reato proprio di cui all'art. 2 d.lgs. n. 74 del 2000, non apparendo ostarvi, in via di principio, la natura di reato istantaneo (Sez. 3, n. 14815 del 30/11/2016, Palmiero, Rv. 269650 - 01; Sez. 3, n. 23229 del 27/04/2012, Rigottí, Rv. 252999; in senso conforme Sez. F, n. 35729 del 01/08/2013, Agrama, Rv. 256579)…".

La questione teorica appare risolta in senso sfavorevole all'imputato e tutto si sposta su elementi di fatto che nel giudizio avanti alla Corte di Cassazione non trovano ingresso infatti "…con valutazione in fatto già di per sè non sindacabile in quanto logicamente ed adeguatamente argomentata, che la cessazione della carica sociale non aveva spogliato l'amministratore della società in quanto era stato dimostrato che il predetto aveva tenuto un comportamento consapevole, intenzionale e diretto a eludere l'obbligo tributario poiché il (omissis) era stato amministratore ininterrottamente fino al 31/12/2011, aveva sottoscritto le dichiarazioni a fini Iva per l'anno 2011, aveva registrato nella contabilità le fatture per operazioni inesistenti di cui si era avvalso il figlio/liquidatore nella dichiarazione fiscale a fini Ires, depositata nel marzo 2012 …".

In buona sostanza appare evidente, sulla base dei riscontri fattuali non sindacabili in Cassazione, una piena e consapevole partecipazione del soggetto dimissionario nella attività illecita che si concludeva con la presentazione della dichiarazione dei redditi.

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