Civile

Sulla nullità della Ctu la parola alle Sezioni unite

La Cassazione rileva un contrasto giurisprudenziale sulla nullità, in questo caso per l’ampliamento illegittimo del campo di indagine peritale.

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di Paolo Frediani

Con l’ordinanza 9811 del 14 aprile 2021 la Cassazione ha posto nuovamente al centro dell’attenzione il tema della nullità della consulenza tecnica, in questo caso di una Ctu in materia grafologica di cui si eccepiva l’ampliamento illegittimo del campo di indagine peritale. I giudici hanno rilevato l’esistenza di un contrasto giurisprudenziale sul punto, che aveva un’incidenza decisiva nel giudizio, e hanno quindi rimesso la causa al Primo presidente, chiedendo l’assegnazione alle Sezioni Unite.

I vizi della Ctu

La consulenza può essere affetta da vizi che nei casi più gravi ne possono determinare la nullità. Per tale mezzo istruttorio non esistono disposizioni speciali in tema di nullità, quindi si applicano le regole generali, desumibili dall’articolo 156 del Codice di procedura civile.

Al comma 1 hanno rilievo i vizi formali, ossia quei vizi che consistono nella mancata osservanza dei requisiti formali degli atti processuali, al comma 2 il principio della inidoneità allo scopo, chiamato in causa quando l’atto, in astratto, non si presenti idoneo a conseguire la funzione per cui è stato previsto dalla legge. Il comma 3 consacra il principio della strumentalità delle forme, in base al quale se lo scopo dell’atto è in concreto raggiunto la nullità non può essere dichiarata.

I motivi di nullità

Sui motivi di nullità della consulenza possono distinguersi motivi formali e sostanziali. Tra questi ultimi troviamo il mancato coinvolgimento delle parti nelle operazioni di consulenza (Cassazione 26304/2020), la carenza dell’elaborato sotto il profilo del contenuto tecnico-scientifico, le diverse fattispecie di violazione in concreto del contraddittorio (Cassazione 30473/2018), l’acquisizione e utilizzazione di documenti prodotti irritualmente nel giudizio (Cassazione 27778/2019), il fatto che il Ctu sia colpito, nelle more dell’incarico, dalla sanzione disciplinare della cancellazione dall’albo dei consulenti tecnici o della sospensione, l’omesso invio della bozza della relazione alle parti (Cassazione 29690/2018), l’espletamento di indagini esorbitanti dai quesiti posti dal giudice o non consentite dai poteri che la legge conferisce al Ctu (Cassazione 31886/2019), quest’ultimo punto proprio oggetto della recente ordinanza.

Nullità assolute e relative

A norma dell’articolo 157 del Codice di procedura civile le nullità possono essere assolute o relative.

Secondo l’orientamento tradizionale, tutte le ipotesi di nullità della consulenza tecnica, compresa quella ricorrente nel caso esaminato dalla Cassazione dovuta all’eventuale allargamento dell'indagine tecnica oltre i limiti delineati dal giudice o consentiti dai poteri che la legge conferisce al consulente, nonché quella dell’avere tenuto indebitamente conto di documenti non ritualmente prodotti in causa, hanno sempre carattere relativo. Devono quindi essere fatte valere nella prima difesa successiva al deposito della relazione, restando altrimenti sanate (Cassazione 2251/2013 e 15747/2018).

Secondo un altro più recente indirizzo giurisprudenziale, invece, lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al thema decidendum della controversia o l’acquisizione a opera dell’ausiliare di elementi di prova, in violazione del principio dispositivo, determina la “nullità a carattere assoluto” della consulenza tecnica. È quindi rilevabile d’ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, nel processo civile, sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili neanche dalle parti.

Invero, secondo la pronuncia in esame, in virtù del principio dispositivo e dell’operare nel processo civile di preclusioni, assertive e istruttorie, l’ausiliare del giudice, nello svolgimento delle proprie attività, non può - nemmeno in presenza di ordine del giudice o di acquiescenza delle parti - indagare d’ufficio su fatti mai ritualmente allegati da queste ultime, né acquisire di sua iniziativa la prova dei fatti costitutivi delle domande o delle eccezioni proposte e nemmeno procurarsi, dalle parti o dai terzi, documenti che forniscano tale prova.

A questa regola si può derogare soltanto quando la prova del fatto costitutivo della domanda o dell’eccezione non possa essere oggettivamente fornita dalle parti con i mezzi di prova tradizionali, perché necessita il ricorso a cognizioni tecnico-scientifiche, oppure se la consulenza sia atta a provare fatti tecnici accessori e secondari ed elementi di riscontro della veridicità delle prove già allegate dalle parti.

La Cassazione chiarisce che (in base alla sentenza 31886/2019), se «la violazione delle preclusioni assertive e istruttorie non è sanata dall’acquiescenza delle parti, ed è rilevabile d’ufficio, non è possibile sostenere che tali violazioni nuocciano all’interesse generale, e siano causa di nullità assoluta, se commesse dalle parti; ledono invece un interesse particolare, e sono causa d’una mera “nullità relativa”, se commesse dal Ctu».

Responsabile dell’annullamento è esclusivamente il giudice che ha provveduto all’affidamento dell’incarico al consulente o il magistrato che lo abbia sostituito. La nullità determina la rinnovazione della Ctu con eventuale sostituzione del consulente.

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