Famiglia

Riforma Cartabia - Rifiuto del minore a incontrare il genitore, l'ascolto deve essere condotto direttamente dal Giudice

di Giancarlo Cerrelli*

Non sono pochi i casi in cui accade che un minore si rifiuti di avere contatti con uno o con entrambi i genitori, oppure che un genitore ostacoli il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l'altro genitore, o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Tali situazioni necessitano della massima attenzione e tempestività e devono essere vagliate con indagini celeri e puntuali, perché, spesso, possono celare un disagio da parte del minore, È per tali ragioni, ma anche per sollecitare la massima attenzione a tali non insolite fattispecie, che il legislatore ha ritenuto di inserire un articolo apposito nel titolo IV bis del libro secondo del codice di procedura civile, l'art. 473 bis 6 c.p.c.

L'art. 473 bis 6 c.p.c.

L'art. 473 bis.6 c.p.c. prevede, infatti, che:
Quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all'ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l'abbreviazione dei termini processuali.
Allo stesso modo il giudice procede quando sono allegate o segnalate condotte di un genitore tali da ostacolare il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra il minore e l'altro genitore o la conservazione di rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.

Il giudice deve accertare con urgenza le cause del rifiuto

Il legislatore ha previsto, infatti, nei casi di rifiuto del minore di aver contatti con uno o entrambi i genitori, il dovere da parte del giudice di accertare con urgenza le cause del rifiuto, procedendo senza ritardo e personalmente all'ascolto del minore e assumendo ogni informazione ritenuta necessaria. Il giudice potrà, inoltre, disporre l'abbreviazione dei termini processuali, alla luce della urgente necessità di provvedere quanto prima alla messa in sicurezza e alla protezione psico-fisica del minore, compreso anche, sempre se rispondente al suo interesse, al ripristino dei suoi legami familiari.

In tale ambito la Riforma Cartabia troverà attuazione?

C'è da chiedersi se l'intento della Riforma Cartabia, volto a proteggere il miglior interesse del minore, fornendo ad esso un'effettiva tutela, anche quando si verifichino le fattispecie previste dall'art. 473 bis 6 c.p.c., troverà piena attuazione nella prassi.

È da segnalare, a tal proposito, che, ad esempio, il Tribunale di Genova ha già predisposto le prime indicazioni, per l'attuazione del nuovo processo di famiglia e circa i procedimenti in cui sussistano difficoltà nei rapporti tra genitori e figli, ritiene che: appare maggiormente u tile far precedere l'ascolto dei genitori e/o un approfondimento istruttorio con incarico ai servizi sociali al fine di verificare se ed in quale misura tale situazione possa essere superata e quindi possa essere ripristinata la bigenitorialità, procedendo quindi all'ascolto del minore in un secondo momento per raccoglierne il punto di vista all'esito degli elementi già raccolti dal giudice. In altre parole, si ritiene che sentire subito il minore per raccoglierne il rifiuto ad incontrare uno dei genitori sarebbe controproducente proprio per il genitore che invece quel rapporto vuole (e deve) recuperare.

Il tutto naturalmente fatte salve le specificità dei singoli casi che possono comunque condurre a decisioni diverse (ad esempio ove siano documentati episodi di violenza).

Questa interpretazione appare in piena sintonia con il tenore letterale della norma (art. 473 bis.6) la quale testualmente prevede che "Quando il minore rifiuta di incontrare uno o entrambi i genitori, il giudice procede all'ascolto senza ritardo, assume sommarie informazioni sulle cause del rifiuto e può disporre l'abbreviazione dei termini processuali": senza ritardo non significa immediatamente ovvero inaudita altera parte, mentre il riferimento all'assunzione di sommarie informazioni può interpretarsi alla stregua di una verifica preliminare da parte dei Servizi per raccogliere gli elementi di fatto sulle relazioni genitoriali.

In ogni caso l'incarico al Servizio Sociale disposto con il provvedimento di fissazione d'udienza - che potrà contemplare anche l'immediata nomina del curatore del minore - è subordinato ad un vaglio approfondito da parte del Giudice, che dovrà valutare la sussistenza e la corretta allegazione di specifici elementi concreti, di documentazione e di idonei elementi di prova: la mera descrizione di fatti senza alcun supporto probatorio non si ritiene sufficiente a tal fine in quanto non consente al Giudice di discernere le vere urgenze da quelle strumentali.

L'ascolto del minore deve essere condotto direttamente dal giudice

Ciò che ci auguriamo, tuttavia, alla luce della Riforma è che l'ascolto del minore - così come del resto è previsto dagli articoli 473 bis.4, 473 bis. 5 e 473 bis.6, articoli che pongono il giudice in una posizione di assoluta centralità per tale incombente – possa essere condotto, nella prassi, direttamente dal giudice e non continui ad essere delegato totalmente, come è avvenuto finora, il più delle volte, meramente ai Servizi sociali, o a figure professionali operanti nel campo della pedagogia, psicologia e delle scienze umane.

È capitato, infatti, nella prassi di alcuni Tribunali, soprattutto ordinari, che il giudice, delegando l'ascolto del minore ai Servizi sociali, non abbia avuto il minimo contatto diretto con il minore e si sia trovato, quindi, a prendere decisioni importanti riguardo al minore, sulla base soltanto dei pareri mediati dai Servizi sociali per mezzo delle loro relazioni.

La Riforma, invece, pur valorizzando le figure professionali operanti nel campo della pedagogia, psicologia e delle scienze umane (dal mediatore familiare, al coordinatore genitoriale; dal Ctu,; dall'assistente sociale, al tutore), ha stabilito, tuttavia, che tali figure professionali possano sì assistere e affiancare il giudice durante l'ascolto, ma esso deve essere condotto direttamente dal magistrato.

Al giudice, pertanto, che dovrà confrontarsi con specialisti provenienti da ambiti diversi dal proprio è richiesto un sapere trasversale, con l'acquisizione di ulteriori nozioni specialistiche, anche attraverso la previsione di un adeguato percorso di formazione.

Il ritardo dell'ascolto del minore e l'impossibilità di effettuare interventi idonei e costanti per favorire la ripresa dei rapporti può determinare la cristallizzazione del rifiuto

L'ascolto diretto del minore, invero, da parte del giudice si rivela fondamentale per comprendere le motivazioni del rifiuto espresse dal medesimo, al fine di poter approntare, qualora possibile, gli interventi più idonei a favorire la ripresa del rapporto; capita, tuttavia, a volte, che il ritardo nell'ascolto del minore, o l'impossibilità concreta di effettuare in modo costante e ravvicinato interventi idonei a favorire la ripresa del rapporto, determinino la cristallizzazione del rifiuto del genitore da parte del minore, innestando, così, una strada di non ritorno.

La giurisprudenza afferma che non si può obbligare un minore a frequentare il genitore o gli ascendenti

C'è, tuttavia, da aggiungere che la giurisprudenza ha stabilito che devono disporsi tutti gli interventi volti a favorire la salvaguardia del rapporto del minore con il genitore e con gli ascendenti, ma che la natura incoercibile dei rapporti affettivi implica che non si può obbligare un minore a frequentare il genitore, se il medesimo dimostra una chiara avversione ad avere un rapporto continuativo con il genitore; così se all'esito degli interventi compiuti sul minore permane comunque il rifiuto del medesimo, lo stesso non può essere costretto a frequentare il genitore. (cfr. Cass. n. 27207/2019; Cass. n. 11170/2019 ).

Recentemente la Cassazione ha, tra l'altro, stabilito che il mantenimento di rapporti significativi con i nonni non può essere assicurato tramite la costrizione del bambino, attraverso un'imposizione "manu militari" di una relazione sgradita e non voluta, cosicché nessuna frequentazione può essere disposta a dispetto della volontà manifestata da un minore che abbia compiuto i 12 anni o che comunque risulti capace di discernimento, ex art. 336-bis c.c. (cfr. Cass. 2881/2023 ).

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* A cura del Prof. Avv. Giancarlo Cerrelli, Partner 24 ORE Avvocati

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