Amministrativo

Consiglio di Stato e Tar: le principali decisioni della settimana

La selezione delle pronunce della giustizia amministrativa nel periodo compreso tra il 28 marzo e il primo aprile 2022

di Maurizio De Giorgi

Nel corso di questa settimana i Giudici di Palazzo Spada intervengono in tema di pianificazione del territorio, di impugnazione immediata delle clausole di un bando di gara, di sanatoria edilizia, di obbligo di astensione nella redazione dei documenti caratteristici dei militari, di inquinamento ambientale e, infine, di riassegnazione delle quote latte.
Da parte loro i Tar trattano la materia dell'interdittiva prefettizia antimafia, del contenimento della spesa sanitaria, del contributo di costruzione e, infine, dell'autonomia dell'ordinamento sportivo.


PIANIFICAZIONE URBANISTICA
Pianificazione urbanistica- Destinazione urbanistica - Zona di verde pubblico.
(Legge 17 agosto 1942 n. 1150, articolo 17)
Rileva in sentenza l'adito Collegio di Palazzo Spada come le prescrizioni squisitamente urbanistiche contenute negli strumenti attuativi non perdono mai efficacia a differenza di quelle espropriative.
Si osserva così, in generale, che la scadenza del vincolo pre-espropriativo non fa venir meno la destinazione urbanistica delle aree e ciò che attiene all'ordinato assetto del territorio posto che i P.R.G. hanno durata indeterminata.
Inoltre, con riferimento al tema della convenzione urbanistica di lottizzazione, afferma il Consiglio di Stato che, alla scadenza del piano di lottizzazione, si applicano alla convenzione le disposizioni dell'art. 17 L. n. 1150/1942, le quali impongono, in mancanza di una diversa disciplina di dettaglio, di rispettare gli allineamenti e le prescrizioni di zona stabilite dallo strumento urbanistico attuativo, ancorché scaduto.
Invero, la previsione di «ultrattività» delle disposizioni del piano scaduto è finalizzata ad evitare l'alterazione dello sviluppo urbanistico-edilizio così come armonicamente programmato e ad assicurare una edificazione omogenea).
A conferma di tale interpretazione si pone l'attenzione sul fatto che la destinazione a verde (pubblico o privato) costituisce espressione del potere pianificatorio conformativo e non espropriativo del Comune.
In questo senso, si sottolinea che:
a) i vincoli a verde pubblico (ma anche privato), giustificati da ragioni di tutela ambientale, sono iscritti nell'ambito dei vincoli conformativi, senza titolo ad indennizzo alcuno;
b) la destinazione urbanistica dell'area a zona di "verde pubblico" non assume la natura di vincolo ablatorio o assimilabile, ma rientra nell'ambito della normale conformazione della proprietà privata, espressione del potere di pianificazione del territorio comunale. Infatti tale destinazione urbanistica è sussumibile tra le ipotesi di qualificazione delle zone territoriali omogenee di cui lo strumento urbanistico primario si compone e, anche se pone preclusione all'edificazione implicando l'esclusione della possibilità di realizzare qualsiasi opera edilizia incidente sulla destinazione a verde, rimane comunque espressione delle funzioni di ripartizione in zone del territorio, senza determinare vincoli tali da escludere potenzialmente il diritto di proprietà nella sua interezza.
(Consiglio di Stato, sezione IV, 28 marzo 2022 n. 2239)

BANDO DI GARA
Bando di gara – Clausole – Impugnazione immediata.
(Dlgs 18 aprile 2016 n. 50)
Il Consiglio di Stato, adito materia di procedure ad evidenza pubblica, sottolinea come l'onere di impugnazione immediata delle clausole del bando sia circoscritto a quelle impeditive della partecipazione alla gara o impositive di oneri manifestamente incomprensibili o del tutto sproporzionati (D.Lgs. n. 50/2016).
Se, da un lato, è vero che l'esito di una procedura di gara è impugnabile solamente da colui che vi abbia partecipato, dall'altro lato, è pur vero che a tale regola generale si deroga in talune precise ipotesi.
E cioè a dire, allorché l'operatore contesti in radice l'indizione della gara, ovvero all'inverso contesti che una gara sia mancata, avendo l'amministrazione disposto l'affidamento in via diretta del contratto, ovvero ancora impugni direttamente le clausole del bando assumendone l'immediato carattere escludente: in tali ipotesi la presentazione della domanda di partecipazione costituirebbe un inutile adempimento formale, privo della benché minima utilità in funzione giustiziale.
In particolare il carattere immediatamente escludente ai fini della immediata impugnazione è individuato:
a) nelle clausole che impongono oneri o evidentemente incomprensibili o totalmente sproporzionati rispetto ai fini della partecipazione;
b) nelle regole procedurali che rendano la partecipazione incongruamente difficoltosa o addirittura impossibile;
c) nelle disposizioni abnormi o irragionevoli che rendano impossibile il calcolo della convenienza tecnica ed economica quanto alla partecipazione alla gara, oppure prevedano abbreviazioni irragionevoli dei termini per la presentazione dell'offerta;
d) nelle condizioni negoziali che rendano il rapporto eccessivamente oneroso e non conveniente;
e) nelle clausole impositive di obblighi contra ius;
f) nei bandi con gravi carenze nell'indicazione di dati essenziali per la formulazione dell'offerta oppure con formule matematiche errate;
g) negli atti di gara del tutto mancanti della prescritta indicazione nel bando di gara dei costi della sicurezza non soggetti a ribasso.
Trattasi di ipotesi tutte accomunate dal fatto di impedire in modo macroscopico, ovvero di rendere estremamente ed inutilmente difficoltoso, ad un operatore economico di formulare un'offerta corretta, adeguata e consapevole, configurandosi pertanto come una concreta ed effettiva lesione dell'interesse legittimo dell'impresa a concorrere con gli altri operatori per l'aggiudicazione di una commessa pubblica.
(Consiglio di Stato, sezione III, 28 marzo 2022 n. 2253)

IMMOBILI ABUSIVI
Immobili abusivi – Sanatoria edilizia – Doppia conformità.
(Dpr 6 giugno 2001 n. 380, articolo 36)
Precisa in sentenza il Consiglio di Stato come l'art. 36 D.P.R. n. 380 del 2001, nel disciplinare l'accertamento di conformità, ossia quello strumento attraverso cui si consente la sanatoria di opere realizzate in assenza di titolo edilizio, ma conformi alla normativa applicabile, richiede che gli interventi abusivi siano conformi alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al tempo della realizzazione dell'opera, sia al momento della presentazione della istanza di sanatoria (cd. doppia conformità), non potendosi accogliere l'istituto della c.d. sanatoria giurisprudenziale.
Tale approdo, che impone la verifica della doppia conformità, deve considerarsi principio fondamentale nella materia del governo del territorio, in quanto adempimento finalizzato a garantire l'assoluto rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia durante tutto l'arco temporale compreso tra la realizzazione dell'opera e la presentazione dell'istanza volta ad ottenere l'accertamento di conformità.
L'esigenza di tutela sottesa all'art. 36 cit. è infatti quella di evitare interventi repressivi, qualora l'illecito in concreto commesso sia lesivo del solo interesse pubblico (strumentale) della sottoposizione al previo controllo amministrativo dell'attività edilizia, senza compromissione dell'interesse pubblico (finale) dell'ordinato sviluppo del territorio, nel rispetto della disciplina urbanistica ed edilizia all'uopo applicabile.
In tali ipotesi, si consente la permanenza delle opere mediante la formazione postuma, una volta commesso l'illecito e a sua sanatoria, del titolo edilizio idoneo a legittimare l'intrapresa attività edificatoria.
Il richiedente l'accertamento di doppia conformità può dunque ottenere una concessione in sanatoria che consenta, ex post, di "conservare" quanto in precedenza già costruito senza titolo, previa verifica della doppia conformità, ma non anche di realizzare opere future, essendo ciò incompatibile con la struttura e la funzione del procedimento di sanatoria.
(Consiglio di Stato, sezione VI, 29 marzo 2022 n. 2297)

MILITARI
Militari – Documenti caratteristici – Compilatore – Astensione.
(Costituzione, articolo 97; Dpr 15 marzo 2010 n. 90, articoli 689 e 690; Cpc, articolo 51)
Intervenuto con riferimento alla compilazione dei documenti caratteristici dei militari il Consiglio di Stato richiama il quadro normativo di riferimento, ovvero le disposizioni del D.P.R. 15 marzo 2010, n. 90 ("Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare").
Rilevano, in particolare, due norme: l'art. 689, che individua i soggetti competenti alla compilazione e alla revisione della documentazione caratteristica, e il successivo art. 690 che indica i casi di esclusione della competenza, ovvero quali soggetti non possono compilare o revisionare documenti caratteristici.
Ai fini della sua decisione il Collegio di Palazzo Spada sottolinea come l'unico caso tassativo di astensione dalla valutazione sia, ai sensi della lettera d) dell'art. 690 cit., quella dell'inferiore sottoposto a inchiesta formale - quindi nei procedimenti disciplinari di stato - quando il superiore possa essere interessato all'esito del procedimento, a giudizio dell'autorità che ha ordinato l'inchiesta.
In merito la circolare del Segretario Generale della Difesa del 25 novembre 2008 ha individuato ulteriori casi di astensione del valutatore, prevedendo: "il Superiore competente alla compilazione o alla revisione dei documenti caratteristici si astiene dal giudizio, facendo esplicita menzione della motivazione, qualora rilevi l'impossibilità di esprimere un giudizio personale diretto per mancanza di sufficienti elementi di valutazione o l'impossibilità di esprimere un giudizio obiettivo. Tale impossibilità, tuttavia, deve essere determinata da fatti (quali ad esempio il rapporto di parentela, conflitto di interessi in atto) che potranno essere verificati dal Ministero qualora ritenuto necessario".
Il principio di imparzialità, sancito dall'art. 97 Cost. - di cui l'obbligo di astensione, tipizzato dall'art. 51 c.p.c., rappresenta un corollario - assume portata generale, sicché le ipotesi di astensione obbligatoria non sono tassative, e come tali da interpretarsi restrittivamente, ma piuttosto esemplificative di circostanze che mutuano l'attitudine a generare il dovere di astensione direttamente dal superiore principio di imparzialità, che ha carattere immediatamente e direttamente precettivo.
L'obbligo di astensione rinviene la sua ragione giustificativa nel pieno rispetto del principio costituzionale del buon andamento ed imparzialità dell'azione amministrativa sancito dall'art. 97 Cost,, posto a tutela del prestigio della P.A., che non tollera compressioni e non consente di escludere dall'applicazione di detto principio l'Amministrazione militare.
(Consiglio di Stato, sezione II, 30 marzo 2022 n. 2352)

INQUINAMENTO AMBIENTALE
Inquinamento ambientale – Responsabile – Individuazione.
(Dlgs 3 aprile 2006 n. 152, articolo 242)
Secondo il Consiglio di Stato l'autorità amministrativa nei casi di inquinamento ambientale, dovendo risolvere questioni tecniche di particolare complessità, dispone, nell'individuare le soluzioni applicabili, di una discrezionalità molto ampia, sindacabile in sede giurisdizionale solo nel caso di risultati abnormi, o comunque manifestamente illogici.
L'individuazione della responsabilità per l'inquinamento di un sito si basa sul criterio causale del "più probabile che non", sicché è sufficiente perché il responsabile si intenda legittimamente accertato che il nesso eziologico ipotizzato dall'Amministrazione sia più probabile della sua negazione, potendosi a tali fini accedere anche alla prova per presunzioni.
Precisa ancora l'adito Collegio Giudicante che l'art. 242, I, D.Lgs. n. 152/2006, nel fare riferimento specifico anche alle "contaminazioni storiche", ha inteso affermare il principio per cui la condotta inquinante, anche se risalente nel tempo e verificatasi (rectius: conclusasi) in momenti storici passati, non esclude il sorgere di obblighi di bonifica in capo a colui che ha inquinato il sito, ove il pericolo di aggravamento della situazione sia ancora attuale.
Infine, la responsabilità di un'impresa per l'inquinamento deve essere intesa in termini sostanziali, considerando che i fenomeni societari relativi ai gruppi, alle forme di successione e al trasferimento d'azienda danno luogo ad una successione universale inter vivos che generano la responsabilità dell'acquirente.
La bonifica di un sito tuttora inquinato può dunque essere ordinata anche a carico di una società non direttamente responsabile dell'inquinamento, ma che sia subentrata a quella responsabile per effetto di operazioni societarie avvenute pure nel regime previgente alla riforma del diritto societario, e ciò quand'anche le condotte inquinanti siano state poste in essere in epoca antecedente all'introduzione, nell'ordinamento giuridico, dell'istituto della bonifica.
(Consiglio di Stato, sezione IV, 31 marzo 2022 n. 2370)

QUOTE LATTE
Quote latte - Quantitativi di riferimento inutilizzati - Riassegnazione.
(Dl 1 marzo 1999 n. 43, articolo 1; Legge 27 aprile 1999 n. 118; Reg. 28 dicembre 1992 n. 3950, articolo 2)
Adito in materia di quote latte il Consiglio di Stato sottolinea in sentenza come il meccanismo di compensazione di cui all'art. 1, VIII, D.L. n. 43/1999, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 118/1999 (norma applicata nel caso all'esame del Collegio di Palazzo Spada) sia in palese contrasto con l'art. 2 Reg. n. 3950/1992.
Ogni Stato membro dell'U.E. dispone della facoltà di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, o a livello nazionale, direttamente ai produttori interessati, o a livello degli acquirenti affinché detti quantitativi vengano ripartiti tra i produttori in questione.
Tuttavia, l'art. 2, paragrafo 1, II, Regolamento n. 3950/1992, pur concedendo agli Stati membri la facoltà di riassegnare i quantitativi di riferimento inutilizzati alla fine del periodo, non li autorizza a decidere in base a quali criteri tale riassegnazione debba essere effettuata.
Risulta invero dalla formulazione stessa della disposizione suddetta che, qualora uno Stato membro decida di procedere alla riassegnazione dei quantitativi di riferimento inutilizzati, tali quantitativi vengono ripartiti in modo "proporzionale ai quantitativi di riferimento a disposizione di ciascun produttore".
(Consiglio di Stato, sezione III, 1 aprile 2022 n. 2393)

INTERDITTIVA PREFETTIZIA ANTIMAFIA
Interdittiva prefettizia antimafia – Natura giuridica – Finalità.
(Dlgs 6 settembre 2011 n. 159, articolo 89)
Afferma il Tar Bologna che l'interdittiva prefettizia antimafia di cui all'art. 89 bis d.lgs. 159/2011 (Codice antimafia) costituisce una misura preventiva volta a colpire l'azione della criminalità organizzata, impedendole di avere rapporti contrattuali con la P.A..
Trattandosi di misura a carattere preventivo essa prescinde dall'accertamento di singole responsabilità penali nei confronti dei soggetti che, nell'esercizio di attività imprenditoriali, hanno rapporti con la P.A. e si fonda sugli accertamenti compiuti dai diversi organi di polizia valutati, per la loro rilevanza, dal Prefetto territorialmente competente.
Essendo poi il potere esercitato espressione della logica di anticipazione della soglia di difesa sociale, finalizzata ad assicurare una tutela avanzata nel campo del contrasto alle attività della criminalità organizzata, la misura interdittiva non deve necessariamente collegarsi ad accertamenti in sede penale di carattere definitivo e certi sull'esistenza della contiguità dell'impresa con organizzazione malavitose, e quindi del condizionamento in atto dell'attività di impresa, ma può essere sorretta da elementi sintomatici e indiziari da cui emergano sufficienti elementi del pericolo che possa verificarsi il tentativo di ingerenza nell'attività imprenditoriale della criminalità organizzata; pertanto, si è in presenza di una valutazione che costituisce espressione di ampia discrezionalità, che può essere assoggettata al sindacato del giudice amministrativo sotto il profilo della sua logicità in relazione alla rilevanza dei fatti accertati.
L'istituto qui in esame si colloca, dunque, al centro di esigenze contrapposte ovvero tra il contrasto in modo efficace della criminalità organizzata ed il rispetto della libertà di iniziativa economica costituzionalmente garantita nonché la stessa dignità ed onorabilità delle persone.
In considerazione della delicatezza degli interessi in gioco si impone – secondo l'adito G.A. – l'interpretazione per cui il Prefetto può ravvisare l'emergenza di tentativi di infiltrazione mafiosa da specifici ed obiettivi elementi indiziari, quali ad esempio dichiarazioni di pentiti, frequentazioni elettive, rapporti di parentela con soggetti malavitosi, ove al dato dell'appartenenza familiare si accompagni la frequentazione, la convivenza o la comunanza di interessi con l'individuo sospetto, non risultando invece sufficiente ai fini dell'adozione della misura di prevenzione il mero dato dei rapporti di parentela con esponenti della criminalità organizzata.
(Tar Emilia Romagna, Bologna, sezione I, 29 marzo 2022 n. 289)

SPESA SANITARIA
Spesa sanitaria – Contenimento – Legittimità.
(Costituzione, articolo 32; Dlgs 30 dicembre 1992 n. 502)
Trattando il tema della spesa sanitaria, e degli strumenti tesi al suo contenimento (nel sistema dell'accreditamento sanitario), il G.A. di Catania osserva, preliminarmente, come la tutela del diritto alla salute, pur imposta a livello costituzionale dall'art. 32 Cost., non sia incondizionata dovendo essere modulata in relazione all'esigenza di razionalizzazione e di contenimento della spesa pubblica; in tale ottica, la fissazione di limitazioni alla spesa sanitaria è (in linea di principio) legittima.
Il modello di servizio sanitario che si è andato delineando a partire dall'istituzione del Sevizio Sanitario Nazionale (D.Lgs. n. 502/1992) si fonda sul principio della necessaria programmazione sanitaria, mediante un piano annuale preventivo, finalizzato ad un controllo tendenziale sul volume complessivo della domanda quantitativa delle prestazioni mediante la fissazione dei livelli uniformi di assistenza sanitaria e l'elaborazione di protocolli diagnostici e terapeutici, ai quali i medici di base sono tenuti ad attenersi, nella prescrizione delle prestazioni.
Si attribuisce così alla programmazione regionale carattere autoritativo e di imprescindibilità, atteso che la fissazione dei limiti di spesa rappresenta, per le regioni, un adempimento di un preciso ed ineludibile obbligo, dettato da insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario e di razionalizzazione della spesa pubblica, che influisce sulla possibilità stessa di attingere alle risorse economiche necessarie per la remunerazione delle prestazioni erogate.
Infine, la retroattività dell'atto di determinazione della spesa non vale ad impedire agli interessati di disporre di un qualunque punto di riferimento regolatore per lo svolgimento della loro attività: in un sistema nel quale è fisiologica la sopravvenienza dell'atto determinativo della spesa, solo in epoca successiva all'inizio di erogazione del servizio, gli interessati potranno aver riguardo – fino a quando non risulti adottato un provvedimento – all'entità delle somme contemplate per le prestazioni dei professionisti o delle strutture sanitarie dell'anno precedente, diminuite, ovviamente, della riduzione della spesa sanitaria effettuata dalle norme finanziarie dell'anno in corso.
(Tar Sicilia, Catania, sezione IV, 30 marzo 2022 n. 895)

PERMESSO DI COSTRUIRE
Permesso di costruire - Contributo di costruzione – Determinazione – Rettifica - Sanzioni.
(Dpr 6 giugno 2001 n. 380, articolo 42; Cc, articolo 2946)
Osserva l'adito G.A. di Milano come gli atti con i quali la P.A. determina e liquida il contributo di costruzione costituiscono l'esercizio di una facoltà connessa alla pretesa creditoria riconosciuta dalla legge al Comune per il rilascio del permesso di costruire, nell'ambito di un rapporto obbligatorio a carattere paritetico, e soggetta al termine di prescrizione decennale.
Nel corso del rapporto concessorio, dunque, la Amministrazione può rideterminare, sia a favore che a sfavore del privato, l'importo del contributo di concessione, in principio erroneamente liquidato, richiedendone o rimborsandone a questi la differenza nell'ordinario termine di prescrizione decennale, ai sensi dell'art. 2946 c.c., decorrente dal rilascio del titolo edilizio.
Inoltre, la pariteticità dell'atto e l'assenza di discrezionalità ne legittima, o addirittura ne impone, la revisione ove affetta da errore, con il solo limite della maturata prescrizione del credito.
L'originaria determinazione, pertanto, può essere sempre rivisitata, ove la si assuma affetta da errore (e fermo restando la necessità che detta originaria erroneità della determinazione iniziale sussista effettivamente), e ciò sia laddove essa abbia indicato un importo inferiore al dovuto, che laddove abbia quantificato un importo superiore e, pertanto, non dovuto.
L'amministrazione, dunque, qualora rilevi un errore nel calcolo, può procedere alla rettifica entro il termine di prescrizione.
Non solo. Evidenzia ancora l'adito Tribunale come il contributo comunale dovuto per il rilascio del permesso di costruire abbia natura di prestazione patrimoniale imposta, di carattere non tributario, e come il sistema di pagamento dello stesso sia caratterizzato da uno strumento a sanzione crescente che scatta automaticamente, quale effetto legale automatico, se l'importo dovuto per il contributo di costruzione non è corrisposto alla scadenza; in definitiva il potere di sanzionare il pagamento tardivo è incondizionatamente previsto dall'art. 42 D.P.R. n. 380/2001, che è chiaro nell'assegnare alla P.A. il potere/dovere di applicare le sanzioni al verificarsi di un unico presupposto fattuale, e cioè il ritardo nel pagamento da parte dell'intestatario del titolo edilizio o di chi gli sia subentrato secundum legem.
(Tar Lombardia, Milano, sezione II, 29 marzo 2022 n. 700)

ORDINAMENTO SPORTIVO
Ordinamento sportivo – Giustizia sportiva – Autonomia.
(Dl 19 agosto 2003 n. 220, articolo 2; Legge 17 ottobre 2003 n. 280)
Innanzi all'adito G.A. di Roma è proposta domanda giudiziale per l'accertamento e il conseguente risarcimento del danno derivante dalla dismissione del ricorrente dall'organico degli arbitri e non già per l'annullamento degli atti che avevano disposto tale dismissione.
La domanda, secondo il Tribunale di Roma, comporta l'esame pregiudiziale della giurisdizione, trattandosi di domanda di risarcimento conseguente all'adozione di atti basati su giudizi tecnici espressione dell'applicazione di norme regolamentari e organizzative al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive.
Si precisa così che, con riguardo alle controversie che rientrano tra quelle riservate all'ordinamento sportivo, in quanto hanno ad oggetto l'osservanza e l'applicazione delle norme regolamentari, organizzative e statutarie dell'ordinamento sportivo nazionale e delle sue articolazioni al fine di garantire il corretto svolgimento delle attività sportive (così art. 2 D.L. n. 220/2003, conv. in L. n. 280/2003), che tali questioni non hanno rilevanza nell'ordinamento giuridico generale e le decisioni adottate in base alle regole promananti dall'associazionismo sportivo sono collocate in un'area di non rilevanza per l'ordinamento statale, senza che possano essere considerate come espressione di potestà pubbliche ed essere considerate alla stregua di decisioni amministrative.
La generale irrilevanza per l'ordinamento statuale di tali norme e della loro violazione conduce all'assenza della tutela giurisdizionale statale.
Anche la domanda risarcitoria, quando collegata alla violazione delle regole tecniche, esula dalla giurisdizione amministrativa in quanto afferente la lesione di posizioni soggettive non qualificabili come diritto soggettivo o interesse legittimo e che quindi non presentano una rilevanza per l'ordinamento generale).
In altre parole, un effetto negativo per gli interessi personali di chi lo patisce, intrinseco a tutti i provvedimenti contemplati nell'art. 2 D.L. n. 220/2003 non vale a renderli, per ciò solo, rilevanti per l'ordinamento della Repubblica e, quindi, a fondare la giurisdizione statuale.
( Tar Lazio, Roma, sezione I- ter, 30 marzo 2022 n. 3596)

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